Economia / Opinioni
La non-risposta del governo su conti e statuto della Fondazione Milano Cortina
Rispondendo il 24 settembre a un’interrogazione parlamentare nata da un approfondimento di Altreconomia, il viceministro Sisto non ha sciolto gli equivoci legati alla modifica dello statuto, all’azzeramento del patrimonio e alla gestione deficitaria della fondazione. Confondendo conti patrimoniali ed economici e richiamando “business plan” aleatori. Parlano bilanci. L’analisi di Remo Valsecchi
Il 24 settembre scorso, rispondendo a un’interrogazione interrogazione della deputata Luana Zanella (Avs), il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha inteso spiegare la situazione della Fondazione Milano Cortina 2026 per, come ha affermato, sgomberare il campo da qualsivoglia equivoco.
Sisto, preliminarmente, ha corretto l’affermazione contenuta nel mio articolo su Altreconomia del 17 luglio scorso, dove segnalavo la modifica dello statuto, il 17 gennaio 2023, con la quale veniva eliminato il vincolo, a garanzia dei terzi creditori, di mantenere un patrimonio attivo, precisando che la rettifica era stata introdotta già nel luglio 2020.
Una precisazione inutile: il fatto è comunque avvenuto, e risalendo solo a sette mesi dopo la costituzione della fondazione, luglio 2020, evidenzia semplicemente la consapevolezza di una gestione deficitaria.
Quello che interessa non è se la modifica sia stata fatta prima o dopo, ma quali siano o potrebbero esserne gli effetti. Non è vero, come afferma il viceministro, che l’originaria previsione statutaria ricalcava la normativa per il Terzo settore, che alla Fondazione Milano Cortina 2026 non si applica.
Il vincolo del patrimonio minimo è previsto dall’art. 1 del Dpr 361/2000, epoca in cui non esisteva nemmeno l’ipotesi del Terzo settore, ed è funzionale al riconoscimento della personalità giuridica cioè alla autonomia perfetta che consiste nella separazione del patrimonio degli amministratori da quello della fondazione.
Se il patrimonio non esiste più perché le perdite l’hanno cancellato, esiste ancora l’autonomia perfetta? Nessun contributo, anche se certo, quando riscosso, viene contabilizzato nell’attivo del patrimonio. Questo avviene solo se è certo ma non riscosso perché è un credito. Non sono solo i principi contabili a stabilirlo ma è la tecnica contabile.
I contributi, che possono essere in conto esercizio, in conto capitale o in conto investimenti, hanno modalità di contabilizzazione diversa in quanto possono essere proventi, ossia componenti dei ricavi, oppure ridurre il valore delle immobilizzazione, gli investimenti con vita utile pluriennale.
Anche gli effetti sono diversi: nel primo caso, essendo ricavi, possono evitare o ridurre le perdite, mentre nel secondo caso sono solo effetti di natura patrimoniale che non modificano il risultato economico.
Le uniche analisi e valutazioni corrette e attendibili devono essere fatte sui bilanci approvati o su situazioni contabili aggiornate e complete.
Il fatto riferito dal viceministro in Parlamento che a giugno 2024 sarebbero stati incassati 160 milioni di euro, 21 milioni in più rispetto al 2023, non ha alcun significato perché non è dato sapere quanti siano stati i costi e i ricavi e, soprattutto, se siano aumentati o diminuiti i debiti.
È la solita confusione tra i conti patrimoniali ed economici comune a chi, magari, non ha dimestichezza con la tecnica contabile che, anche nella risposta del viceministro, si ripete.
Le perdite, in assenza di fondi propri -e certamente 100.000 euro del fondo di dotazione non sono sufficienti- hanno prodotto debiti che, sommati alle spese per gli investimenti, ammontano a 242.151.072 euro che si riducono a 202.173.986 euro con l’utilizzo dei crediti, sempre che siano esigibili, e le disponibilità liquide.
Nei debiti sono compresi anche gli acconti ricevuti dal Comitato olimpico internazionale (Cio), perché gli acconti ricevuti sono debiti, ma pur portandoli a ricavi, annullerebbe la perdita ma rimarrebbero debiti per 62.641.774 euro che qualcuno dovrà pur pagare.
Se i contributi, i proventi per le sponsorizzazioni, le royalties e altre componenti preventivate nel business plan non si realizzeranno, come spiega la stessa nota integrativa al bilancio, la copertura dei debiti residui sarà in carico agli enti territoriali coinvolti, Regioni e Comuni, oltre allo Stato che a tal fine ha rilasciato specifica garanzia al Cio.
L’art. 4 del decreto legge 16/2020, peraltro, ha già fissato l’importo massimo della garanzia prestata dallo Stato in 58.123.325,71 euro. Sarà sufficiente? Questo fatto è la certezza per gli amministratori del ripiano totale di eventuali debiti residui.
I costi, in qualsiasi gestione economica, inoltre, devono produrre qualcosa, ricavi o immobilizzazioni, altrimenti sono solo sprechi. Dall’analisi dei bilancio 2023, ma anche quelli del 2021 e 2022, sembrerebbe che i costi pur ingenti non abbiano prodotto quasi nulla. I ricavi sono, nel 2023, pari a 26.452.491 euro: sponsorizzazioni, cioè liberalità di terzi che non richiedono costi, e, per 7.384.788 euro, lavori interni per incremento delle immobilizzazioni.
Ma i costi dell’esercizio sono stati 65.885.784 euro, di cui non si comprende l’utilità e a che cosa siano serviti.
Costi per 65 milioni di euro e 281 lavoratori impegnati, avranno pur prodotto qualcosa. E se sono stati sostenuti per attività destinate allo svolgimento dei Giochi olimpici, avrebbero dovuto avere un riscontro nel bilancio come spiega, ad esempio, il principio contabile Oic 23.
Forse la mancanza di certezze e l’aleatorietà dei business plan non hanno consentito soluzioni diverse dalla modifica dello statuto anche per la difficoltà a ripianare le perdite per la natura della fondazione.
Si è preferito quindi optare per la modifica dello statuto originando equivoci, che la risposta del viceministro non ha sciolto, quali la possibile violazione dell’obbligo imposto dalla legge 361/2000 e la cancellazione di una espressa volontà dei fondatori.
Remo Valsecchi, già commercialista
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