Ambiente / Approfondimento
La crisi climatica causerà oltre un miliardo di sfollati entro il 2050
Il nuovo report dell’Institute for Economics and Peace fa il punto su 157 Paesi e la loro capacità di affrontare l’impatto dei disastri naturali conseguenze del cambiamento climatico. Colpite le aree più fragili del Pianeta, già segnate da conflitti e scarsità di risorse. “Aumenteranno le migrazioni forzate verso i Paesi industrializzati”
Entro il 2050 nel mondo le persone sfollate a causa degli effetti dei cambiamenti climatici rischiano di essere oltre un miliardo. È l’analisi dell’Institute for economics and peace (Iep), think tank internazionale autore dell’Ecological threat register, il sistema di valutazione che analizza quanto e come un Paese sia sottoposto al rischio di disastri naturali. Nel suo ultimo rapporto, pubblicato lo scorso settembre, l’organizzazione ha studiato 157 Paesi e la loro esposizione a otto possibili minacce legate ai cambiamenti climatici come cicloni, inondazioni, aumento delle temperature e del livello dei mari, insicurezza alimentare e scarsità d’acqua. Utilizzando i dati raccolti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’agricoltura (Fao), l’Iep ha elaborato una mappa del rischio valutando la capacità degli Stati di adottare misure per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici. Ne risulta che a oggi più di un miliardo di persone vive in 31 Paesi dove sono assenti le necessarie strategie nazionali per limitare le conseguenze causate dalla crisi climatica.
La possibilità di essere vittima di una delle otto minacce è più forte nelle aree vulnerabili dell’Africa sub-sahariana, Asia Centrale e Medio Oriente in particolare in Ciad, Etiopia, Afghanistan, Siria, Pakistan e India. Si tratta degli stessi Paesi che occupano le ultime posizioni nel Global Peace Index, l’indice di pace globale elaborato sempre da IEP che misura il livello di pace di uno Stato analizzando il suo grado di militarizzazione e di sicurezza in relazione ai conflitti nazionali o internazionali in cui è coinvolto.
“Le minacce legate ai cambiamenti climatici costituiscono una sfida importante per la pace globale. Nei prossimi 30 anni gli ostacoli per l’accesso al cibo e all’acqua cresceranno inevitabilmente se non ci sarà una cooperazione globale. La competizione per le risorse aumenterà i disordini civili e i conflitti. I conseguenti impatti sociali e politici non riguarderanno solo i Paesi in via di sviluppo ma anche i Paesi occidentali dove arriveranno i nuovi flussi migratori”, ha affermato Steve Killelea, fondatore dell’istituto. Secondo il rapporto oggi due miliardi di persone -in particolare in Sierra Leone, Niger, Malawi e Lesotho- hanno uno scarso accesso alle risorse alimentari. Entro i prossimi 30 anni la domanda globale di cibo aumenterà del 50% e nel 2050 saranno 3,5 miliardi le persone in condizioni di povertà alimentare.
Gli effetti dei cambiamenti climatici riguardano anche l’accesso all’acqua. Secondo l’Ecological threat register oggi nel mondo circa 2,6 miliardi di persone sono sottoposte a uno “stress idrico”, cioè hanno una limitata possibilità di accedere all’acqua potabile. Diventeranno 5,4 miliardi entro il 2040 in particolare in Asia Meridionale, in Medio Oriente e nei Paesi dell’Africa Settentrionale. Nei prossimi 30 anni saranno soprattutto Libano, Singapore, Iraq e Israele -che controlla l’uso dell’acqua nei villaggi palestinesi in Cisgiordania- a essere colpiti dalla scarsità di risorse idriche. “Questo provocherà ulteriori tensioni sui territori”, si legge nel rapporto. Negli ultimi dieci anni il numero di conflitti legati all’acqua è già aumentato del 270% in tutto il mondo.
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