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Fuori dal coro, dentro la realtà. L’informazione indipendente ai tempi dei sedicenti supereroi
Il 2018 si chiude con il braccio di ferro sulla manovra economica tra la Commissione europea e l’esecutivo Lega-5 stelle, che ricorda le dispute dei Batman e Robin televisivi anni 60. Il 2019, invece, si affaccia su una nuova campagna elettorale a rischio post-verità. Come se la caveranno i nostri eroi? Buon Natale! L’editoriale del direttore, Pietro Raitano
In un recente articolo pubblicato sulla rivista Scientific American, alcuni ricercatori sono tornati su una questione annosa -a tratti angosciante-: perché la gente adotta modalità di pensiero irrazionali, negando le evidenze (non solo politiche o economiche, ma anche quelle ormai completamente assodate dalla scienza)? Il problema raggiunge livelli drammatici -un’altra rivista, Science, ha ricordato che i dati mostrano su Twitter una fake news ha il 70% in più di probabilità di essere condivisa rispetto alla verità- tanto che l’Autorità italiana per le garanzie nelle comunicazioni a novembre ha scritto alle principali piattaforme on line -Facebook, Google e, appunto, Twitter- chiedendo di avere un ruolo più “proattivo” nel combattere il fenomeno della disinformazione e della cosiddetta post-verità. I ricercatori di cui sopra indicano tre principali fattori che determinano la questione: le “scorciatoie” cui il nostro cervello si affida quando è sopraffatto dalla complessità, il “pregiudizio di conferma” che porta tutti noi a privilegiare alcuni risultati di fronte alle ambivalenze, e gli “obiettivi sociali” che ci prefiggiamo e condizionano il nostro atteggiamento: prestigio, bisogno di affermazione etc.
Questo numero di Altreconomia (buon Natale!) va in stampa nel giorno in cui la Commissione europea ha “bocciato” il bilancio programmatico elaborato dal ministero guidato da Giovanni Tria e dal governo Conte per l’anno prossimo (buon anno nuovo!), pubblicando per l’occasione un allarmante rapporto sull’evoluzione del debito pubblico italiano, primo passo verso l’apertura di una procedura di infrazione che sarebbe clamorosa. Quando si parla di sanzioni si intendono cose tipo l’obbligo a un deposito infruttifero dello 0,2% del Pil (circa 3,6 miliardi di euro, più una componente variabile fino allo 0,5% del Pil, 9 miliardi), il congelamento dei prestiti della Banca europea per gli investimenti, nessun accesso a misure anti spread e congelamento dei fondi strutturali. Le trattative sono ancora ufficialmente aperte, i margini ci sono, i toni sono dialoganti – al netto dei tweet dei soliti ministri sempre connessi. Tuttavia la situazione ricorda gli episodi di quella serie anni 60 in cui Batman (interpretato da Adam West) finiva col compagno Robin in pericolo di vita in situazioni senza apparenti vie di uscita. Se la cavavano sempre, di solito con escamotage assurdi o perlomeno improbabili. Ma quella era finzione: la realtà italiana l’aveva descritta bene Alessandro Penati sul Sole 24 Ore a inizio novembre: “La strategia dichiarata era infrangere le regole europee con un aumento della spesa pubblica finanziato col debito. […] ‘Costretta’ a dar seguito alla minaccia, l’Italia si porrebbe fuori dall’euro, con effetti depressivi devastanti sia interni sia in Europa. La retorica è servita a rendere la minaccia credibile, mutuando la logica della Mutually Assured Destruction che giustificava la corsa all’atomica durante la guerra fredda” (stile anni 60, appunto). Anche se “l’atomica economica”, per parafrasare Penati, ce l’hanno in mano Luigi Di Maio e Matteo Salvini, sarà interessante vedere come se la caveranno Batman/Conte e Robin/Tria.
Il fatto che una delle prime soluzioni proposte sia stata la “privatizzazione del patrimonio pubblico” per una valore pari all’1% del Pil -18 miliardi di euro- entro il 2019 fa presagire che ne vedremo delle belle. Ma soprattutto sarà importante capire come la “salvezza all’ultimo istante” sarà venduta ai cittadini elettori (si avvicinano le urne europee, d’altra parte). Non è improbabile il consueto ricorso a verità alternative e teorie del complotto, se non vere e proprie fake news veicolate via social. Per difenderci possiamo fare appello ai ricercatori di cui sopra, i quali hanno dimostrato che per evitare le “scorciatoie” serve garantire tempo e informazioni adeguate, che il “pregiudizio di conferma” può essere superato cambiando il punto di vista e, soprattutto, che un modo per contrastare le “pressioni sociali” è dare spazio al dissenso costruttivo (laddove invece la paura accresce a tendenza al conformismo). Anche solo una voce fuori dal coro può far aprire la mente a molti.
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