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Esteri / Inchiesta

In India la pelle prodotta per l’Europa calpesta i diritti umani e l’ambiente

Il 19 aprile 2024 a Calcutta gli attivisti del “People for the ethical Treatment of Animals” (PeTA) hanno protestato contro l’inquinamento causato dai rifiuti dell’industria della pelle © Epa/Piyal Adhikary

Nello Stato del Tamil Nadu, il fiume Palar è vitale per milioni di persone ma oggi è gravemente inquinato dalle concerie che riforniscono grandi marchi come Zara, Geox, H&M e Deichmann. La Direttiva sulla due diligence resta solo sulla carta

Tratto da Altreconomia 280 — Aprile 2025

“Mi viene da piangere se penso che stiamo perdendo questo posto a causa dell’inquinamento”, dice Manivisagam, un attivista di Ranipet, nello Stato di Tamil Nadu, nel Sud dell’India. “C’erano bellissimi laghi e fiumi, ora non c’è più nulla”, continua mentre indica le rive del fiume Palar che fornisce acqua a 30 città e 50 villaggi estendendosi per oltre 350 chilometri nel cuore del distretto della produzione conciaria indiana. Il Paese asiatico è infatti il secondo esportatore di pelle al mondo, con il 35% dell’export che parte proprio dalle 449 concerie che operano nel bacino del Palar.

Qui si riforniscono brand europei e italiani, che spesso non rivelano l’origine dei loro materiali. Altreconomia è riuscita a ottenere queste informazioni tramite un database doganale privato, rintracciando tra i principali acquirenti delle concerie di Tamil Nadu il gruppo spagnolo Inditex (Zara, Massimo Dutti, Tempe, Bershka, Stradivarius, Pull & Bear), gli it

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