Ambiente / Attualità
Impianti sciistici, Mountain Wilderness boccia quattro nuovi progetti
Malgrado il grande numero di impianti ancora in attività, si continua a progettarne di nuovi senza tenere conto degli impatti sull’ambiente e sul territorio. Tra questi l’ampliamento del comprensorio di Cortina d’Ampezzo e l’Alpe del Devero
Oggi, lungo tutto l’arco alpino, sono attivi circa 15mila impianti di risalita che servono migliaia di chilometri di piste da sci. “Più che sufficienti per soddisfare la domanda degli appassionati di questo sport”, evidenzia il Comitato etico-scientifico dell’associazione Mountain Wilderness Italia in un documento diffuso il 5 marzo 2018 in cui si sottolinea anche come molti di questi impianti “risultano in passivo e devono essere sostenuti da pubbliche sovvenzioni”. Eppure, nonostante questa situazione, ci sono diversi progetti per la costruzione di nuovi impianti di risalita. Progetti dal notevole impatto ambientale e che non tengono in conto degli effetti del cambiamento climatico sulle Alpi e che rendono sempre più breve la stagione sciistica e che richiedono un uso sempre più massiccio di cannoni spara-neve.
“A seguito del cambiamento climatico e con la diminuzione delle nevicate, questo sistema rischia di non reggersi più in piedi –commenta Nicola Pech di Mountain Wilderness Italia-. Oggi le stazioni sciistiche lavorano, mediamente, circa 100 giorni l’anno e sempre più spesso si fa ricorso all’innevamento artificiale per far fronte alla mancanza di neve naturale”. Il ricorso massiccio ai cannoni spara-neve è molto oneroso da un punto di vista economico (circa 136mila euro l’anno per ettaro a stagione, secondo le stime della CIPRA) e ha un forte impatto anche sul suolo.
Il Comitato etico-scientifico Mountain Wilderness Italia ha preso in considerazione quattro casi emblematici “senza dimenticare che casi simili stanno accadendo anche in Trentino e in altre regioni alpine”. Il primo riguarda le Dolomiti di Sesto (tra la provincia di Belluno e l’Alto Adige) che prevede la realizzazione di due nuovi impianti di risalita e tre nuove piste in un’area compresa tra 1.200 metri (Padola) e 1.972 metri (Cima dei Coesei). Un progetto che andrebbe a intaccare la cosiddetta “area buffer” protetta dall’Unesco che tutela le Dolomiti come Patrimonio dell’umanità. “La realizzazione di un nuovo carosello sciistico causerebbe la radicale trasformazione antropica di uno degli ultimi gruppi montuosi ancora in gran parte intatti delle Dolomiti orientali” sostiene Mountain Wilderness Italia.
Altrettanto criticati, il progetto che dovrebbe collegare la Valle d’Ayas in val d’Aosta con il comprensorio di Cervina e quello che riguarda la Valle di Devero. Entrambi andrebbero a impattare su valli ancora intatte, dove non c’è rischio di spopolamento e dove sarebbe improprio appellarsi a ragioni volte al superamento di condizioni economiche precarie.
“La realizzazione di nuovi impianti e nuovi comprensori viene spesso presentata come occasione di rilancio economico nelle valli a rischio spopolamento –spiega Nicola Pech-. Ma il lavoro che si crea è legato soprattutto alla realizzazione delle infrastrutture. Mentre per quanto riguarda le ricadute sul territorio dobbiamo interrogarci su che tipo di lavoro portano: spesso sono contratti precari per i mesi della stagione sciistica”. Se i benefici sono transitori, i danni ambientali provocati dall’abbattimento dei boschi e dalla costruzione di strade e altre infrastrutture sono permanenti. “Noi non chiediamo di cancellare tutti gli impianti sulle Alpi –conclude Nicola Pech-. È necessario razionalizzare quelli che ci sono senza estenderli ulteriormente”.
L’ultimo progetto preso in esame è quello che riguarda gli interventi nella conca di Cortina d’Ampezzo per ospitare le finali di coppa del mondo (marzo 2020) e i campionati mondiali di sci alpino (febbraio 2021). Il piano -denuncia Mountain Wilderness- prevede pesanti interventi sulla viabilità locale oltre ad “ampliamenti di piste, modifiche di tracciati, una nuova grande pista e un bacino idrico sulle Cinque Torri, adeguamenti stradali, collegamenti funiviari tra i quali si prospetta quello tra Cortina e la Val Badia con estesi disboscamenti e massicci movimenti di terra”.
Il tutto in un contesto in cui il numero degli sciatori continua a calare come denuncia sempre il CIPRA: nei comprensori sciistici il numero di primi passaggi è calato di un terzo negli ultimi 25 anni, mentre in Austria gli sciatori sono diminuiti di un terzo rispetto alla metà degli anni Novanta. “Già oggi tra un quarto e un terzo di tutti i comprensori sciistici delle Alpi lavorano in perdita -si legge in un comunicato diffuso dall’associazione lo scorso novembre-. E gli inverni poveri di neve degli ultimi anni non fanno che aggravare la situazione”.
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