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Altre Economie

Il vino che parla del territorio

La nuova guida di Altreconomia è la prima dedicata al "vino di relazione", biologico e artigianale, che rispetta l’ambiente e racconta il lavoro dei piccoli vignaioli indipendenti. I protagonisti sono stati scelti per l’alta qualità delle loro etichette, ma soprattutto per la storia di ciascuno di questi "enodissidenti" con la passione per la cultura contadina, la terra e la biodiversità —

Tratto da Altreconomia 163 — Settembre 2014

Nella botte piccola sta il vino buono. Non lo dice solo la saggezza popolare, ma la nuova “Guida al vino critico” di Altreconomia edizioni, che torna arricchita e rinnovata in una seconda edizione. Sono 500 i piccoli e piccolissimi produttori della prima (e unica) guida al “vino di relazione”, in stampa giusto per la vendemmia, a settembre, con numerose novità e ben 250 indirizzi in più. Sono 150 le storie dei vignaioli, 350 le segnalazioni, migliaia i vini, decine gli eventi di eno-dissidenza, con schede puntuali, aggiornate che soldano come filari tutto il territorio italiano. Sempre con la cura di Officina Enoica, l’associazione di enodissidenti e social sommelier nata con l’obiettivo di sostenere i vignaioli artigiani e naturali, la guida ha ancora un bouquet spiccatamente politico, in altri termini più barricadero che barricato. Abbiamo scelto infatti produttori di piccole dimensioni, che producono e trasformano solo uve proprie e le aziende agricole che rispettano i diritti dei lavoratori e della terra stessa, tramandano i suoi saperi e spesso lottano per difendere la biodiversità e il proprio territorio dagli abusi dell’agricoltura industriale e dal cemento. Moltissime le aziende che affiancano alla vigna un ristoro o un agriturismo, per chi volesse percorrere un’itinerario seguendo un preciso filo rosso (o bianco).

La nostra carta dei vini parla chiaro: sono solo vini naturali, biologici, biodinamici, senza chimica e altre manipolazioni, liberi per davvero -se volessimo parafrasare qualche commerciante- e indipendenti dalle mode e dalle “tendenze”; vini artigianali, perché il vignaiolo ci mette le mani; vini che non esprimono “una fragranza di frutta gialla estiva matura” ma il territorio, il lavoro, le storie conviviali e gli incontri, a volte un punto di vista “sovversivo”, perché non omologato, non commerciale. Una guida che entra nel merito per contribuire  con pareri autorevoli -ad esempio- all’animato dibattito tra fautori del “biologico” e del vino naturale.

Alessandro Dettori, ottimo produttore sardo -potete leggere il suo blog su alessandrodettori.net-, spiega lo spirito che contraddistingue un vignaiolo indipendente: “Come alcuni di voi sapranno, non mi è mai piaciuto presentare il nostro lavoro come ‘biologico’ o ‘biodinamico’. Se sollecitato non posso che rispondere con verità e cioè che la nostra azienda agricola possiede la certificazione biologica e biodinamica, ma solo su specifica e insistente richiesta. Preferisco sempre parlare di agricoltura, di quel che facciamo, di terroir, di artigianalità. Se parlo di biologico e biodinamico mi riferisco sempre al metodo agricolo e non all’aggettivo qualificativo del vino. Un vino è vino, un vino buono è un vino buono, qualunque sia la tecnica con il quale sia stato prodotto. Solo successivamente deciderò se acquistare o meno un vino buono basandomi sulle regole morali ed etiche che mi sono dato”. Ma le parole di molti altri vignaioli sono macigni -o forse zolle- in difesa del vino artigiano e dell’agricoltura contadina. Con la prefazione di Dan Lerner, esperto di vini sostenibili e un testo di Livia Grossi, giornalista del Corriere della Sera.

“Guida al vino critico. Vini naturali, artigianali, conviviali in Italia”
, a cura di Officina Enoica, 216 pagine, 14,00 euro (Altreconomia edizioni). —

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