Terra e cibo / Approfondimento
Il punto sui casi di zoonosi in Italia: sono in aumento rispetto al 2020
Nel 2021 in Europa i casi di malattie di origine animale e trasmissibili all’uomo sono aumentati pur rimanendo inferiori al periodo precedente alla pandemia. Gli episodi maggiormente segnalati sono stati la campilobatteriosi e la salmonellosi. L’ultimo report dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa)
Nel corso del 2021 in Europa i casi di zoonosi, malattie di origine animale e trasmissibili all’uomo, sono aumentati rispetto al 2020 pur rimanendo inferiori al periodo precedente alla pandemia da Covid-19. I casi maggiormente segnalati nell’uomo sono stati la campilobatteriosi e la salmonellosi, il cui dato è cresciuto rispetto all’anno precedente. Le infezioni da Listeria monocytogenes e da West Nile virus, invece, sono state le malattie più gravi con il maggior numero di ricoveri e i tassi di mortalità più elevati. Sono i risultati del rapporto “The European union one health 2021 zoonoses report” pubblicato nel dicembre 2022 e realizzato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). La ricerca ha analizzato i casi di zoonosi, malattie zoonotiche e focolai di malattie a origine alimentare nei 27 Paesi dell’Unione europea, nell’Irlanda del Nord e in nove Stati esterni. La produzione del report è stata coordinata dall’Istituto superiore di sanità (Iss) che ha guidato un team di esperti del Consorzio ZoE (Zoonoses under a one health perspective in the Eu) di cui fanno parte oltre all’Iss, l’Istituto zooprofilattico delle Venezie (IZVSe), insieme a quelli dell’Abruzzo e Molise, della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, oltre alla francese Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail (Ansen).
Una parte molto importante della prevenzione dell’infezione da Salmonella, la zoonosi più diffusa in Italia, passa dal controllo e dal monitoraggio della filiera avicola. La produzione primaria, cioè l’allevamento, è stata identificata come la fase che richiede gli sforzi di controllo più importanti, con lo scopo di garantire il contenimento della presenza del patogeno nelle fasi successive della produzione ed evitare che il contagio si propaghi anche all’uomo. In quest’ottica la legislazione europea ha stabilito che gli Stati membri debbano applicare a livello nazionale Piani di controllo finalizzati a contenere nelle popolazioni avicole la prevalenza dei sierotipi di Salmonella considerati rilevanti in termini di salute pubblica. Per ciascuna categoria produttiva, divise in riproduttori, galline ovaiole e polli e tacchini da ingrasso, è stata definita una percentuale massima di gruppi che possono rimanere positivi per questi sierotipi. Secondo i dati del 2021 in Italia, per tutte le categorie produttive a livello nazionale, il target fissato per i tipi di Salmonella sottoposti ad attenzione è stato pienamente raggiunto, attestandosi su valori inferiori alla media europea. Considerando invece le positività per Salmonella in generale, quindi in modo indipendente dal sierotipo considerato, le prevalenze nazionali sono risultate superiori alla media europea per tutte le categorie produttive e in particolar modo per polli e tacchini da ingrasso. La percentuale di gruppi positivi a Salmonella tra i tacchini da ingrasso è del 34,4% contro la media europea del 9,1% e per i polli del 21,7% contro i valori Ue del 3,8%. Anche nelle altre categorie considerate percentuale di positività è stata circa doppia rispetto a quanto registrato in Europa.
“Questi sierotipi sono stati selezionati e sono l’oggetto prioritario dell’attività di sorveglianza nelle popolazioni avicole, in quanto contribuiscono alla maggior parte delle infezioni umane sostenute da Salmonella”, ha fatto sapere l’IZSVe ad Altreconomia. Se la sorveglianza e l’eradicazione si basa principalmente sui ceppi considerati dannosi per la salute è anche per non investire eccessive risorse nel monitorare varianti di scarsa rilevanza, che però allo stesso tempo vengono registrate in modo da poter valutare la loro diffusione ed evoluzione. “La filosofia alla base della normativa europea sulla sorveglianza delle salmonellosi si basa sull’analisi puntuale dei dati allo scopo identificare eventuali nuovi sierotipi da ‘attenzionare’ e verso cui eventualmente introdurre nuove misure di controllo a partire dalla produzione primaria. L’inserimento di nuovi sierotipi tra quelli considerati rilevanti si basa anche su un bilancio costi-benefici che tenga conto da un lato della spesa che può derivare dall’introduzione di specifiche misure di controllo che si intendono mettere in atto, dall’altro dei benefici che si possono ottenere in termini di riduzione delle infezioni nell’uomo”, concludono i ricercatori dell’IZSVe.
La diffusione della Salmonella nel nostro Paese non è maggiore rispetto a quanto avviene negli altri Stati dell’Unione europea, né in numero di casi né in media. “La frequenza della Salmonella in Italia non è più elevata rispetto alla media dei Paesi europei, in quanto si osserva un tasso di notifica in Italia del 6,4% contro 93,7% della Repubblica Ceca, 81,3% della Slovacchia, 48,2% di Malta e contro un’incidenza europea del 15,7% -ha risposto l’IZSVe alle domande poste da Altreconomia-. Tuttavia in Italia la prevalenza dei casi di salmonellosi è sicuramente più alta rispetto alla campilobatteriosi, che a livello comunitario invece rappresenta la zoonosi maggiormente notificata. Il motivo è dovuto ad una sotto-notifica dei casi di infezione da Campylobacter poiché a livello normativo, la sorveglianza della campilobacteriosi è basata su un sistema di notifica volontaria mentre per la salmonellosi è obbligatoria”. Tuttavia a partire dal marzo del 2022 anche questa patologia è stata inserita, tramite un decreto del ministero della Salute, tra le patologie per cui esiste un obbligo di segnalazione.
In generale nel 2021 il numero dei casi riportato in Italia è aumentato rispetto al 2020 per tutte le zoonosi sottoposte a sorveglianza, ad eccezione delle infezioni da West Nile che hanno registrato un 5,8% in meno rispetto al 2020, sebbene l’Italia sia stata il Paese in Europa con il maggior numero di riscontri, pari al 43,0% di tutte le infezioni in Ue. La salmonellosi si conferma anche nel 2021 la zoonosi con il maggior numero di rivelamenti, seguita da campilobatteriosi, listeriosi e brucellosi. Rispetto al 2020 l’aumento dei casi è stato particolarmente marcato per salmonellosi (+38,9%), listeriosi (+55,5%) e brucellosi (+77,8%) e più moderato per campilobatteriosi (+8,7%). “È interessante notare che il numero di casi di salmonellosi, listeriosi e yersiniosi riportati nel 2021 superava anche quanto notificati negli ultimi tre anni pre-pandemici (2017, 2018 e 2019, ndr) -riportano i ricercatori-. Tale rilievo suggerisce che l’impatto diretto e indiretto delle misure di contenimento pandemico su queste malattie sembra essersi notevolmente ridotto rispetto all’anno precedente”. In Italia la percentuale di casi di salmonellosi è stato più elevato rispetto alle segnalazioni di brucellosi, valore in contrasto il trend comunitario.
Infine, l’Italia ha riportato all’Efsa nel 2021 94 focolai di malattie da origine alimentare, in totale sono stati coinvolti 1.142 casi con 115 ospedalizzazioni e nessun decesso. Tra i focolai epidemici con agente conosciuto, Salmonella rappresentava il patogeno maggiormente riscontrato, rinvenuto in 23 focolai, seguito da Campylobacter trovato in 10 occasioni. Nella maggior parte dei focolai segnalati, pari a 35 non è stato possibile identificare il patogeno responsabile. In totale, in 21 epidemie a trasmissione alimentare, il 22,3% del totale è stato possibile trovare l’alimento coinvolto. Nella maggior parte di questi si trattava di cibi compositi, costituiti da più ingredienti.
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