Il popolo delle mani bianche allora esiste davvero – Ae 20
Numero 20, settembre 2001“Toglietevi il casco!” Nell'aria si sente ancora l'odore dei lacrimogeni, o forse è solo quello che è rimasto nelle narici, che brucia ancora nella gola. In piazza Marsala, a dieci metri dalla rete che delimita la zona…
“Toglietevi il casco!” Nell'aria si sente ancora l'odore dei lacrimogeni, o forse è solo quello che è rimasto nelle narici, che brucia ancora nella gola. In piazza Marsala, a dieci metri dalla rete che delimita la zona rossa, è tornata la tranquillità. “Toglietevi il casco!”: lo sta chiedendo una ragazza ai poliziotti, incerti sul da farsi.
Alla sua si uniscono le voci degli altri ragazzi nella piazza. Arriva l'ordine e alla fine i poliziotti i caschi se li tolgono davvero, mostrando volti stanchi, un po' scontenti. La ragazza passa dalle parole ai fatti, e abbraccia quello (il poliziotto) che ha di fronte.
È uno degli episodi di venerdì 20 luglio, cominciato con i pacifisti di Lilliput, della Marcia delle donne, del commercio equo e tanti altri che scendono lungo via Assarotti per un sit-in di fronte alla rete che li divide da piazza Corvetto.
C'è tanta gente, spuntano anche don Andrea Gallo e Franca Rame, invitano alla non violenza. C'è la polizia, ma il clima è tranquillo. Viene concesso di sfilare di fronte all'inferriata e di appendere striscioni colorati. Un poliziotto aiuta un manifestante a sistemarne uno, ma è difficile. “Ci vorrebbe un bastone”, dice. Piazza Marsala, che sta lì accanto, è vuota, anche la rete è del tutto incustodita. Questa cosa dell'assedio sembra proprio una messinscena.
Poi in piazza Marsala arrivano quelli del blocco rosa, sono passati tra i pacifisti seduti in via Assarotti. Ballano e suonano, come da copione. La polizia ci casca e la tensione si allenta. Un ragazzo si arrampica in un batter d'occhio fino in cima alla rete, ha in mano un mazzo di fiori. Un soggetto buono per le fotografie. Solo che a quel punto lo spettacolo finisce: una ragazza si arrampica sull'inferriata, spunta un moschettone, una corda. Un gruppo di “pink” tenta di tirare giù la rete. Seguono, botta e risposta, idranti, cassonetti rovesciati e lancio di oggetti, lacrimogeni. I lacrimogeni hanno la meglio, la piazza viene sgomberata in pochi minuti. Ma niente manganelli, almeno per ora. Impossibile dire se ci fossero “tute nere”. Ma, per quanto spiazzata, Lilliput non abbandona il terreno.
I lillipuziani si riaffacciano nella piazza, parlano con i poliziotti che la occupano, li convincono, ci entrano e si siedono. Cantano “We shall overcome” con Francuccio Gesualdi del Centro nuovo modello di sviluppo che intona, si mettono in cerchio.
Ed è allora che c'è l'episodio dei caschi di cui diciamo all'inizio. !!pagebreak!!
In piazza ci sono nelle stesse ore, al Portello e su altri varchi della zona rossa , anche i gruppi di “Azione diretta non violenta” che si sono formati da aprile in avanti. Forse duemila persone che hanno deciso di manifestare in modo non violento e senza autodifesa. Alcuni finiscono travolti dalle cariche delle forze dell'ordine in piazza Manin. Altri sono fianco a fianco dei lillipuziani in via Assarotti.
“Vogliamo contribuire alla rinascita della cultura non violenta -spiegavano Anna Fazi e Luca Moro, portavoce dei gruppi di affinità italiani- che può essere un'alternativa al mondo di violenza in cui viviamo, che genera ingiustizie. E poi le azioni non violente servono per allargare il consenso nella società civile, che di solito è spaventata dalla violenza. È un modo visibile di esprimere un dissenso. Ma non in maniera 'passiva' come spesso si crede. I non violenti non sono solo quelli delle conferenze e dei banchetti per le raccolte di firme. Si può benissimo dimostrare in modo 'energico' ma non violento”.
Piazza Manin e via Assarotti dovevano essere esempi trasparenti di questa strategia non violenta. Chi c'era è rimasto spiazzato da quanto accaduto. Eppure sono proprio episodi ed esperienze come questi che fanno sperare e che dimostrano che si è sulla strada giusta. Genova ha rivelato però che, anche nelle dimostrazioni non violente (e forse soprattutto in quelle), serve più organizzazione: “Anche Lilliput a Genova ha evidenziato i suoi limiti” scrive il Tavolo intercampagne della Rete. Che continua: “I fatti di Genova pongono sia a noi che al Gsf interrogativi seri, e la necessità di riflettere sulle forme delle nostre mobilitazioni, tema prioritario per la Rete di Lilliput. In particolare ci appare ancora problematico il rapporto tra violenza e non violenza, laddove il vincolo nonviolento che tutti nel Gsf si sono impegnati a rispettare ci è sembrato acquisito più come impegno a 'non offendere fisicamente', piuttosto che il considerare la non violenza come risorsa attiva e priorità politica e organizzativa. La condivisione raggiunta ci sembra comunque un patrimonio positivo da valorizzare, ma riteniamo che su questo versante sia necessario essere più efficaci”.
Tutti temi di cui si dovrà discutere nelle prossime settimane. Dopo Genova, Lilliput ha in programma il 29 e 30 settembre 2 o 3 assemblee nazionali in contemporanea (per consentire il massimo di partecipazione locale): al Sud, al Centro e al Nord. Si tireranno le somme insieme della partecipazioni al Gsf e delle manifestazioni. E si dovrà decidere se mantenere la Rete così com'è o darle un minimo di struttura operativa che garantisca insieme democrazia, partecipazione e rapidità di decisione.
Lilliput dovrà poi cercare di chiarire i rapporti con i nascenti Local Forum e, già che se ne parla, anche con Attac. In comune le tre organizzazioni hanno alcuni temi e alcune campagne. In più forse Lilliput ha un'opzione chiara per la non violenza. Da valorizzare. !!pagebreak!!
Piazza Manin invasa da un centinaio di black: scatenano la reazione della polizia e poi si dileguano. I pacifisti nella trappola nera
Qualche attimo di esitazione, prima di andare a parlare con i 'black', don Oreste Benzi confessa di averlo avuto. “Ma io sono un uomo di Chiesa, sono fatto per parlare, senza escludere nessuno”.
Anche don Benzi venerdì 20 luglio è in piazza Manin. È la piazza tematica dedicata al commercio equo e solidale. Ci sono tutti: Ctm-Altromercato, Roba dell'altro mondo, Equomercato, ma anche tanta gente delle Botteghe, dalla Lombardia, dalla Liguria, da Napoli, da Modica: un centinaio di persone. Con loro la Rete di Lilliput, Mani Tese, Rete contro G8, e l'associazione Papa Giovanni XXIII, di cui don Benzi è responsabile. Un gruppo suona canzoni di De André, ci sono bancarelle di prodotti del Sud del mondo: gli scontri sono lontani. La notizia dell'arrivo di un gruppo di tute nere, dalla zona dello stadio Marassi verso la piazza, alle tre del pomeriggio, fa salire le preoccupazioni. Qualcuno vorrebbe anche andarsene. “Sono arrivati piuttosto alla spicciolata, i primi con tanto di tamburi e bandiere, una specie di banda -ricorda Andrea Avogadro, di Ctm-Altromercato-. Alla fine erano almeno un centinaio”.
“Una volta in piazza, semplicemente ci ignoravano”, ricorda Danilo Tucconi, sempre di Ctm. “Erano come presi dal loro ruolo, sapevano di farci un po' paura”. Un gruppo via via sempre più numeroso di persone decide di frapporsi tra la piazza e l'imbocco di via Assarotti. Valerio Magnani, della Rete di Lilliput, spiega: “Volevamo impedire che scendessero verso piazza Corvetto, dove c'erano ancora molti dei nostri a fare il sit in di fronte alla rete. Stavamo in piedi con le mani alzate”. È a quel punto che don Benzi va a parlare con i ragazzi vestiti di nero: “Giusto per salutarli, scambiare due frasi. Erano tutti molto giovani: tedeschi, inglesi, spagnoli. In una mano avevano una bottiglia di birra, nell'altra un bastone. Tutto sommato tranquilli: alcuni molto stupiti del fatto che mi fossi avvicinato loro”. Il blocco sembra funzionare, i neri si allontanano dalle vie laterali e non scendono in via Assarotti. “Solo che dopo arriva la polizia”. Danilo ricorda soprattutto i lacrimogeni: “Decine. Sparati ad altezza uomo contro di noi con le mani alzate. Uno mi ha colpito in testa. Io ed altri abbiamo cominciato a scappare, rincorsi dai poliziotti. I neri si erano già dileguati. Ho visto persone raggiunte dagli agenti e manganellate”.
“Sembrava che la polizia si stesse sfogando” aggiunge Alberto Zoratti di Roba dell'altro mondo. Il risultato sono una decina di persone sanguinanti, una ragazza con una mano fratturata. Tutti manifestanti pacifici trattati da tute nere.