Economia / Attualità
Il pandoro di Chiara Ferragni e il mercato senza regole degli influencer
La vicenda della campagna pubblicitaria ingannevole promossa dalla “imprenditrice digitale” in collaborazione con il marchio Balocco fa emergere annose questioni cruciali. A partire dall’assenza di regole chiare in un mercato pubblicitario che sta esplodendo, è molto meno controllabile dei tradizionali e danneggia i consumatori
Con un video postato sui social il 18 dicembre, Chiara Ferragni ha chiesto scusa ai suoi follower, alcuni dei quali hanno senz’altro vissuto come un tradimento la delibera dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Agcm) che ha riconosciuto il carattere ingannevole di una campagna pubblicitaria promossa dall’imprenditrice digitale in collaborazione con il marchio Balocco. Pur ribadendo la propria volontà di presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio, ritenendo “sproporzionato e ingiusto” quanto deciso, Ferragni ha promesso di devolvere un milione di euro all’Ospedale Regina Margherita di Torino, la stessa struttura oggetto della comunicazione censurata dall’Antitrust, assicurando di aver commesso solo un “errore in buona fede”.
Un milione di euro una somma simile a quella delle sanzioni comminate dall’Autorità alle due società a lei riconducibili, Fenice Srl e TBS Crew Srl, il cui totale è di 1,075 milioni di euro, ma meno di quanto incassato dalla “Signora Ferragni”, come si rivolge l’Agcm alla nota influencer da 30 milioni di follower solo su Instagram, grazie alla partnership con Balocco Spa Industria Dolciaria per l’iniziativa “Pandoro Pink Christmas”, realizzata in vista del Natale 2022.
Un milione di euro è, secondo alcuni, una buona ragione per riabilitare immediatamente Ferragni (“Il manuale delle perfette scuse” ha scritto Massimo Gramellini sul Corriere della Sera del 19 dicembre), mentre per lei è soprattutto un modo efficace per spostare il discorso e il dibattito pubblico dai contenuti del dispositivo di 25 pagine pubblicato sul sito dell’Antitrust. Il documento evidenzia la volontà di affrontare il caso “in considerazione della novità e rilevanza, nel presente contesto, della condotta che riguarda messaggi pubblicitari utilizzati per la promozione commerciale di un prodotto”, oltre al fatto che questa è associata “a un’iniziativa benefica a favore di bambini affetti da una patologia particolarmente grave”. È, insomma, la manifestazione della volontà di vederci chiaro su un mercato pubblicitario che sta esplodendo e che -a differenza di quello ordinario, a mezzo stampa o radio o televisione- è molto meno controllabile. Ne è testimonianza, ad esempio, l’istruttoria avviata a metà novembre nei confronti di Meta (l’azienda che controlla Instagram, Facebook e Whatsapp) e Asia Valente, una influencer “che sponsorizzerebbe prodotti, soprattutto strutture turistiche, occultando la finalità commerciale di questa attività e vantando una notevole popolarità basata perlopiù su fake follower“.
Tornando alla vicenda Ferragni-Balocco, sono almeno tre gli elementi cruciali che emergono dalla lettura del dispositivo e a cui prestare attenzione: il primo riguarda il “peso” dell’influencer, ovvero la capacità di imporre un differenziale di prezzo per il consumatore elevatissimo, a prescindere dalla qualità del prodotto che -secondo i risultati dell’istruttoria- non sarebbe diversa da quella di ogni normale pandoro Balocco, con una spesa maggiore che potrebbe riguardare il packaging. Nielsen, facendo una ricerca di mercato ha individuato un prezzo medio di vendita al pubblico relativo al “Pandoro Pink Christmas” pari a 9,37 euro a confezione, mentre quello relativo al Pandoro Balocco tradizionale è di 3,68 euro. In pratica, l’effetto Ferragni è un più 264% sul prezzo di vendita, che si traduce in un danno per il consumatore ingannato dal riferimento all’iniziativa benefica collegata al pandoro pari a 1,6 milioni di euro.
Fatti due conti, il valore di mercato dell’operazione, qualora fossero stati venduti tutti i pezzi prodotti, quantificati da Balocco in 362.577, sarebbe stata pari a circa 3,4 milioni di euro. Immaginando per Balocco uno sconto del 50% ai distributori, l’azienda avrebbe incassato 1,7 milioni di euro. Considerando però che il 20% circa dei panettoni è stato buttato, il ricavo scende sotto il milione e mezzo. Tanto che Balocco, che oltre alle materie prime e al packaging, ha pagato tra un milione e un milione e mezzo le consulenze di Ferragni, ha specificato all’Antitrust che questa è stata un’operazione in perdita, anche se l’entità non viene quantificata in modo puntuale (ma comunque sotto il milione di euro). Senza contare quasi 55mila chilogrammi di pandori buttati, ad alimentare lo spreco alimentare.
Infine, c’è un ulteriore tema legato alla volontà delle aziende che fanno riferimento a Ferragni di imporre il proprio modello di comunicazione, sottoscritto con clausole specifiche all’interno del contratto del novembre 2021 tra l’influencer e l’azienda dolciaria. È una delle due società che fanno riferimento a Ferragni a modificare il testo del comunicato stampa, scrivendo che le “vendite serviranno a finanziare un percorso di ricerca promosso dall’Ospedale Regina Margherita di Torino”, pur consapevoli che questo corrispondeva al falso, in quanto la donazione -di appena 50mila euro- era già stata fatta da Balocco prima della messa in commercio del pandoro speciale. Il rischio di pubblicità ingannevole era ben riconosciuto da Balocco, che il 18 novembre 2022 -come riporta l’Antitrust- “suggerisce modifiche ai testi proposti da TBS Crew evidenziando: ‘Per noi è molto importante sottolineare il sostegno al progetto benefico senza menzionare le vendite (in quanto si tratta di una donazione che non è legata all’andamento del prodotto sul mercato)’”.
Ecco, quindi, che “l’operazione dei Pandori griffati Ferragni è stata essenzialmente una manovra di marketing con l’obiettivo di tentare di riposizionare sul mercato il Pandoro Balocco dandone una immagine diversa”, ma un’operazione fallita.
Resta solo la consapevolezza di una grande approssimazione all’interno degli uffici delle società guidate da Ferragni, realtà che si occupano di comunicazione via web e quindi non vale giustificare l’accaduto con la mancanza di un “controllo sufficiente sulla comunicazione, che può ingenerare equivoci” come ha detto l’imprenditrice digitale nel videomessaggio del 18 dicembre. L’Agcm ribadisce invece la “gravità della violazione”, su cui “rilevano, innanzitutto, le modalità di diffusione dei messaggi sul sito della Balocco e attraverso i canali social della Signora Ferragni, nota influencer, che si sono rivelate idonee a raggiungere un numero considerevole di consumatori, potendo incidere sensibilmente sulle scelte economiche di questi ultimi”.
Un’ultima riflessione riguarda poi il modello economico su cui si fonda l’attività di Ferragni. Le due società sanzionate insieme hanno registrato nel 2022 un fatturato pari a circa 29 milioni di euro. TBS Crew, in particolare, ha registrato ricavi per poco più di 14,5 milioni e un margine operativo lordo pari a circa otto milioni. Si tratta del 55%, un valore simile o pari a quello di Autostrade per l’Italia o di Snam: se queste due realtà sono monopolisti che operano in mercati regolati, Ferragni è -probabilmente- uno degli attori principali di un mercato ad oggi senza regole.
© riproduzione riservata