Economia
Il mercenario quotidiano – Ae 80
Dalla protezione del personale delle aziende in zone calde del pianeta alle missioni di sicurezza in Iraq a fianco degli eserciti. Intervista a Paolo Belligi, ex carabiniere esportato in Svizzera. Professione: militare privato Paolo Belligi è Direttore esecutivo della Ronin…
Dalla protezione del personale delle aziende in zone calde del pianeta alle missioni di sicurezza in Iraq a fianco degli eserciti. Intervista a Paolo Belligi, ex carabiniere esportato in Svizzera. Professione: militare privato
Paolo Belligi è Direttore esecutivo della Ronin Security Group (Rsg, www.roninsecurgroup.com), una compagnia militare privata. Ha 40 anni, di cui una ventina passati nei carabinieri, anche nel battaglione dei corpi speciali e in varie missioni all’estero. La sua società offre diversi servizi nel campo della sicurezza in giro per il mondo, dalla protezione personale al supporto logistico e di addestramento delle forze armate e di polizia. Rsg ha sede in Svizzera, appena oltre il confine con l’Italia. Il personale è per la maggior parte italiano. Lo abbiamo intervistato per capire come si opera nel campo della privatizzazione della sicurezza.
Quali sono le attività della sua organizzazione?
Ci occupiamo di consulenza e servizi specifici nel campo della sicurezza per aziende e privati che svolgono attività commerciali in ogni parte del mondo. Con una particolare predisposizione per le aziende con interessi in zone ad alto rischio, e/o in contesti d’instabilità politica e sociale. Pianifichiamo le misure di sicurezza per imprenditori, diplomatici, strutture governative e ong, ma anche per il dispiegamento di mezzi e strutture connesse con le missioni militari all’estero di Paesi come l’Italia, ad esempio. Nella nostra ragione sociale sono comprese però anche intermediazioni commerciali di qualsiasi tipo, che possiamo gestire attraverso succursali o partecipazioni sia in Svizzera che all’estero.
Come mai avete attraversato il confine e posto la vostra sede in Svizzera?
In questo settore c’è una difficoltà enorme a mantenere credibilità e un’alta reputazione professionale presentandosi come italiani. Il nostro Paese non è certo noto come fucina di professionisti della sicurezza o del combattimento, e sconta qualche passo falso compiuto recentemente… La Svizzera invece fornisce tutt’altre garanzie con la sua neutralità.
È più facile avvicinare potenziali clienti presentandosi sotto la bandiera elvetica, che garantisce una maggiore sicurezza in termini politici e anche di gestione commerciale.
Immaginiamo si riferisca anche alla proverbiale riservatezza bancaria, che non guasta mai soprattutto in attività così “particolari”.
Il motivo principale non è questo. Alcuni dei soci che hanno dato vita alla Ronin sono svizzeri e ci è sembrato naturale fondare qui la società, utilizzando pure tutti gli strumenti che la legislazione del Paese ci mette a disposizione. La società è anonima per assicurare una maggiore riservatezza ai nostri soci e beneficiare di alcuni vantaggi fiscali, così come fanno migliaia di aziende dei più diversi settori.
Le maglie della legislazione rosso-crociata sono più ampie e vi permettono maggiore libertà di azione?
Sin dall’inizio della nostra attività abbiamo suscitato l’attenzione sia delle autorità cantonali che federali. Entrambe ci hanno convocato per colloqui, per capire i nostri scopi e il nostro modo di muoverci. Siamo sottoposti al loro monitoraggio continuo e la cosa non ci dà fastidio né crea problemi.
Va detto che alcuni dei servizi che forniamo in Svizzera sono perfettamente legali mentre in Italia non lo sarebbero. Il fatto è che in Italia i paletti nell’ambito della sicurezza e della protezione sono strettissimi. Un privato non può fare quasi nulla in questo campo, completamente lasciato all’azione dello Stato. Anche tutte le guardie del corpo che si vedono andare in giro non sono in realtà così regolari… Per la legge italiana nessun privato può fare servizio di sicurezza alla persona. Solo le forze dell’ordine ne hanno facoltà. Anche i bodyguard dei politici (escluse le scorte di Stato) e dei vip sono formalmente assegnati alla protezione di oggetti o di valori (un orologio, una collana) altrimenti non potrebbero operare poiché fuori legge. Ma in caso di pericolo non ci limitiamo ovviamente solo a non far graffiare il Rolex d’oro al polso del nostro cliente…
Vi servite anche di personale non italiano?
Nonostante i problemi e i deficit di reputazione di cui ho parlato, portiamo con orgoglio nel mondo un certo modo di intendere la forza italiana. Io mi sento ancora carabiniere e parto dagli stessi principi che mi facevano operare nell’arma (sul sito di Rsg compaiono riferimenti alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, ndr) e molti dei nostri collaboratori sono scelti nello stesso ambito. Nella nostra selezione, abbiamo una forte preferenza per il personale sposato e con prole, che dimostra sicuramente un sistema di analisi e di ragionamento maturo. Una piccola azienda del nostro settore per avere successo deve partire da alte professionalità e non può rischiare passi falsi. Occorre mettersi in luce con operazioni condotte perfettamente e che permettano di entrare in un giro più grosso. Certo non si può pensare di andare in maniera sprovveduta per le strade di Baghdad, che non è una discoteca di Milano dove si protegge un calciatore.
I rischi sono elevati, anche se non così gravi come si potrebbe pensare. Personalmente, mi occupo sempre meno di operazioni sul campo. Nel corso del mio lavoro sempre più spesso sono occupato a organizzare le spedizioni di materiale, il dispiegamento degli elementi logistici, il dialogo con i clienti o gli uffici appaltatori dei nostri compiti. Anche se sicurezza e logistica vanno di pari passo. Soprattutto con gli uffici dell’esercito italiano in Iraq -responsabili degli appalti cui rispondono le aziende che ci assumono per la consulenza-
i rapporti sono stati ottimi e di reciproca fiducia personale e commerciale.
Se molti si buttano su questo mercato vuol dire che i guadagni sono buoni.
Noi non ci possiamo lamentare. Il nostro fatturato va bene e devo dire che i nostri soci non hanno fatto un investimento in perdita. Certo, conta la nostra capacità di azione. Anche se forse il motivo fondamentale del nostro successo è il fatto di esserci legati ad una grossa corporation kuwaitiana (Belligi stesso ha un cellulare con prefisso del Paese arabo, ndr) che in Iraq, ma non solo, fa di tutto, e quindi utilizza noi, con altre società e con le proprie risorse interne, per condurre diverse operazioni sul campo. Dalla logistica alla sicurezza, all’appoggio diretto del dispiegamento militare.
Così grandi e in grado di fare tutto. Tanto da poter diventare quasi un “para-Stato”? Che cosa pensa di mega compagnie come la Dyncorp o la Blackwater?
Siamo proprio in un ambito diverso rispetto alla nostra piccola Ronin. In questo caso davvero si può parlare di “Stato nello Stato”, con linee privilegiate di finanziamento e di rilascio di appalti. Poi però questo si riflette in un servizio di qualità molto più bassa, anche perché si è obbligati ad attingere a dipendenti non dello stesso livello di quelli di prima scelta, che sono pochi e pretendono paghe alte.
Quindi sul campo gli operatori sono diversi.
Non sempre si può garantire sulla loro “limpidezza”, come nel caso degli ex soldati speciali dell’apartheid sudafricano trovati a lavorare per molte compagnie militari private in Iraq.
È vero. Ma è anche una motivazione puramente economica
e industriale: quando i numeri salgono si tende ad abbattere i costi e spesso lo si fa tagliando i costi del lavoro, come tutti i manuali di economia insegnano. Cileni, arabi locali, filippini, costano sicuramente meno di un italiano o un sudafricano, ed ancora di più di uno statunitense o inglese, magari ex-Marine o ex-Sas. Inoltre alcune ditte prendono talmente tanti appalti che devono per forza trovare personale, a tutti i costi e velocemente.
Qual è la vostra esperienza sul campo? Avete mai avuto problemi?
Non si può negare che ci siano rischi e passaggi delicati. D’altra parte noi operatori privati della sicurezza siamo un bersaglio molto meno critico e “appetibile” dei militari dei vari contingenti. Questo è un punto a favore dei nostri servizi, che dovrebbe spingere alla regolamentazione seria del settore a vantaggio di tutti. Se poi mi chiedesse se abbiamo avuto scontri a fuoco o incidenti gravi, non le risponderei… ma comunque no, non li abbiamo avuti.