Altre Economie
Il gusto dell’indipendenza
“Nuestro propio azucar” è quello, biologico, esportato dalla cooperativa Manduvira, in Paraguay. Che è, da aprile, il primo produttore socio di Ctm
Ma il viaggiatore che oggi sorvola le terre rosse, messe allo scoperto, intuisce che le folte foreste sono già state tagliate per lasciare spazio ai soliti latifondi sudamericani; rimangono rari ciuffi di alberi ad alto fusto, mentre è sovrabbondante l’acqua convogliata dai mille affluenti del Rio Paraguay, che drena il bacino idrografico del Brasile meridionale. Quando poi si attraversa il cuore del Paese, lo sguardo si perde: orizzonti amplissimi ed emozionanti per noi europei, limitati solo dalle nuvole atlantiche, e terre lievemente ondulate tagliate in obliquo da nastri di asfalto che ondeggiano in lievi saliscendi, dando l’illusione di arrivare a una meta. La meta, però, non si raggiunge: si attraversa.
È la terra, immensa terra rossa da coltivare. E quando finalmente si arriva nel piccolo paese di Arroyos y Esteros -che potrebbe tradursi con “stagni e paludi”- si capisce il motivo per cui il Paraguay è uno dei Paesi “strategici” per il commercio equo: canna da zucchero biologica per centinaia, migliaia di ettari, e la straordinaria caparbietà dei soci della cooperativa Manduvira. Andrés Gonzalez era un professore di Arroyos, e praticamente tutti quelli che in paese hanno un diploma sono stati suoi allievi. Nel 1995 ha preso in mano la cooperativa, fondata 20 anni prima come cooperativa di risparmio e credito, e ha portato avanti con rara testardaggine quello che era il sogno di tutti i piccoli produttori della zona: esportare il nuestro propio azucar” direttamente, senza più padroni. Il padrone era quello dello zuccherificio Otisa, l’unico che comprava la canna da zucchero di tutti i produttori della zona, decidendone il prezzo senza concorrenti e rimanendo di fatto arbitro della povertà dei suoi compaesani. Nonostante questo, Ariel Felippo ha un ruolo positivo in questa storia: membro dell’aristocrazia terriera che in Paraguay, come in tanti Paesi dell’America Latina, controlla i latifondi, l’economia e di conseguenza il potere politico, ha avuto la straordinaria intuizione -negli anni 90- di convertire al biologico tutte le sue piantagioni di canna da zucchero e di convincere gli altri zuccherifici del Paese, e tutti i produttori -piccoli e grandi- a fare lo stesso. Oggi sulla strada che collega la capitale Asunción ad Arroyos si passa sotto un grande cartello che da il benvenuto nella cuenca organica de Paraguay, la culla del biologico del Paese.
All’inizio del raccolto del 2005, tuttavia, la stretta sui prezzi della canna (il “padrone” non è stato disponibile ad adeguarli a quello pagato in altre parti del Paese) ha costretto i piccoli produttori prima a organizzare uno “sciopero”, bloccando la vendita della canna ad Otisa, e poi ad unirsi alla cooperativa Manduvira, che guidava la richiesta di un prezzo equo. “In quell’anno -ricorda Andrés- i soci sono passati da 650 a 960: se si considera che fino al 2000 erano meno di 200 e oggi sono oltre 1.500, si può avere un’idea del ruolo che la cooperativa Manduvira ha avuto nella zona. Siamo stati l’organizzazione capace di portare avanti le richieste di equità e di miglioramento delle condizioni di vita dei produttori di canna della zona, tutti contadini con in media 7 ettari di terra, un’estensione piccola rispetto agli standard sudamericani”. Di fronte alla negazione di un prezzo equo, Manduvira ha cercato una strada alternativa. In una corsa contro il tempo -la canna nei terreni era già pronta per il taglio- ha avviato una estenuante trattativa con un altro zuccherificio, distante ben 80 chilometri da Arroyos. I proprietari non erano certo dei benefattori, appartenendo alla stessa élite di grandi proprietari che nel Paese ha in mano tutti gli zuccherifici; ma si trovavano nel bisogno di avere più canna da lavorare, dato che quella prodotta nei dintorni dello zuccherificio non era sufficiente per tenerlo aperto. Così Manduvira ha raggiunto un risultato storico: affittare lo zuccherificio e produrre le prime 500 tonnellate di zucchero biologico, rimanendo padrona del prodotto finito e uscendo dalla storica sottomissione rispetto alle grandi famiglie di “terratenientes”, i latifondisti.
“È un fatto storico, senza precedenti nel nostro Paese: abbiamo prodotto e venduto alle organizzazioni di commercio equo 501 tonnellate di zucchero biologico di alta qualità. Vogliamo ringraziare lo spirito cooperativo e la fedeltà dei soci che hanno conservato la canna fino alla fine del raccolto, nonostante le offerte tentatrici che hanno ricevuto, permettendo a tutti noi di rendere realtà il tanto anelato sogno di giungere a produrre ed esportare il nostro proprio zucchero”: così riporta la Relazione annuale della cooperativa del 2006. Parole asciutte che nascondono le sfide affrontate e vinte dalla cooperativa in pochi mesi: organizzare una logistica complessa e molto costosa per il trasporto del raccolto con camion e non più con i tradizionali carri trainati da buoi, convincere i clienti che avrebbero ricevuto lo zucchero richiesto nonostante la mancanza di esperienza commerciale della cooperativa, e convincere i soci ad una svolta culturale epocale. Un aspetto non secondario nel Paraguay del 2005, quando mancavano ancora tre anni all’elezione come presidente dell’ex vescovo e teologo della liberazione Fernando Lugo e la scena politica era ancora dominata dal Partido Colorado, da 60 anni padrone della vita politica di un Paese da poco uscito dalla dittatura.
Un ruolo importante lo ha avuto l’apoyo moral, il sostegno garantito dalle organizzazioni di commercio equo, in primis da Ctm altromercato, che quell’anno comprò 300 tonnellate di uno zucchero finalmente e radicalmente “equo”. Da allora, ogni anno, i soci della cooperativa hanno rinnovato il contratto di affitto dello zuccherificio e sono riusciti ad esportare oltre l’80% del proprio zucchero ai canali del fair trade: Unione europea, Usa ma anche Asia e Oceania, lo zucchero bio&equo è richiestissimo in tutto il mondo ma fino al 2010 veniva prodotto unicamente in Paraguay. Ctm altromercato ha appoggiato dall’inizio la cooperativa nella sua rivoluzione “dolce”, arrivando a comprare fino al 45% della produzione.
Ma non è tutto: gli orizzonti senza confini della pianura paraguagia forse aiutano a sognare, fatto è che “da oltre 10 anni, da quando abbiamo avuto i primi contatti con la gente del commercio Equo, abbiamo il sogno di produrre noi stessi il nostro zucchero”, dice Luis Ruiz Diaz, il presidente della cooperativa.
Ma, tranne che in Costa Rica -dove esiste un movimento cooperativo che avrebbe molto da insegnare- sono ancora poche le organizzazioni campesine che sono riuscite a raggiungere solide capacità imprenditoriali. E sono esperienze concentrate nel settore del caffè, dove gli investimenti necessari sono dell’ordine, già considerevole, delle centinaia di migliaia di dollari. Uno zuccherificio, invece, costa molto di più: è un investimento di almeno 10 milioni di dollari.
“Non avevamo futuro con uno zuccherificio lontano, troppo piccolo e i cui padroni ci aumentano ogni anno l’affitto -commenta Andrés-. In questi anni abbiamo contattato esperti, e realizzato uno studio di fattibilità poi completato da un piano finanziario che dimostra che l’investimento si ripaga in meno di 10 anni. E, finalmente, abbiamo convinto gli investitori: la Banca Inter-Americana di sviluppo (Iadb), Oikocredit dall’Olanda, ResponsAbility dalla Svizzera. E Ctm altromercato, che attraverso CreSud ha contribuito a raggiungere il credito di 10 milioni di dollari”.
In questi mesi Manduvira sta chiudendo il progetto esecutivo e i contratti di erogazione dei crediti: ha già comprato il terreno su cui sorgerà il loro zuccherificio. È a pochi chilometri da quello di Otisa, nel mezzo della zona di produzione della canna da zucchero. I lavori stanno per iniziare e tra due anni sull’orizzonte di Arroyos potrebbe esserci una ciminiera il cui fumo trasparente darà sollievo anziché fastidio alla popolazione, abituata al fumo dell’impianto del “padrone” Otisa. Per dare ali ancora più robuste ai sogni dei contadini delle terre rosse, discendenti delle popolazioni guaraní, la cui lingua è talmente viva da essere quella ufficiale del Paraguay al pari dello spagnolo, la cooperativa Manduvira è diventata il primo “socio produttore” di Ctm altromercato (vedi, a fianco, l’intervista a Guido Leoni, presidente del consorzio italiano).
Una scelta naturale considerando la forte partnership esistente, che si è concretizzata non solo nella relazione commerciale ma anche nell’impegno della rete Altromercato in interventi di assistenza tecnica: dalla sostituzione delle vecchie gru in legno con quelle nuove in metallo, alla “invenzione” di un nuovo tipo di zucchero che ha permesso a Manduvira di trovare clienti fino in Corea, la rete ha catalizzato circa 60mila euro di fondi per sostenere il cammino della cooperativa. Questa storia continua: la prossima puntata tra due anni.
MANDUVIRA ENTRA NEL CONSORZIO CTM ALTROMERCATO
I primi soci dal sud
Il 15 aprile 2011, il cda di Ctm altromercato ha ammesso nel consorzio la cooperativa Manduvira. La decisione, a norma di statuto, andrà poi ratificata dai soci, nella prossima assemblea. L’articolo 4 dello statuto permette ai produttori di divenire soci, ma non era mai accaduto nella storia più che ventennale di Altromercato.
Guido Leoni, che di Ctm è il presidente, spiega: “Non è tutto: subito dopo la richiesta di adesione di Manduvira, che entrerà con 2.500 euro di capitale in Ctm, Altromercato ha chiesto di divenire socio della cooperativa paraguaiana, apportando capitale sociale per 100mila dollari. Abbiamo già soci esteri -le botteghe del Portogallo, di Malta, quelle greche, un’associazione Argentina, e qualche ong-, ma non era mai accaduto che un nostro produttore facesse questo passo. Nella nostra ottica, è il rafforzamento di una partnership che dura da circa 10 anni”.
Perché proprio ora?
L’ingresso di Manduvira in Ctm può costituire un precedente?
Mercato, tutt’altro che libero
Chi paga veramente il prezzo, al solito, sono innanzitutto i Paesi più poveri.
L’Unione europea è la seconda consumatrice mondiale di zucchero, dopo l’India. Secondo i dati del Comité Européen des Fabricantes de Sucre (Cefs), la produzione totale di zucchero in Europa, nell’ultima campagna 2009/2010, ammonta a 12milioni e 844mila tonnellate. Il maggiore produttore è la Francia, con quasi 3milioni di tonnellate, seguita immediatamente dalla Germania. Secondo i dati del Cefs, dal 2000 al 2008 la produzione europea è calata del 60% ed è aumentata la necessità di importare zucchero (dai 2 milioni di tonnellate del 2005 ai 3,1 milioni di tonnellate nell’ultima campagna 2009/2010). Ciò si deve, in particolare, alla riforma dell’Ocm (l’Organizzazione comune del mercato agricolo) zucchero, che l’Ue ha adottato nel 2006, a seguito delle numerose critiche ricevute. Organizzazione mondiale del commercio (Wto), organizzazioni non governative come Oxfam International e Wwf, Paesi come l’Australia, il Brasile e la Thailandia (grandi esportatori di zucchero) si sono schierate contro le politiche protezionistiche dell’Ue, che comportano un prezzo “artificiale” fino a tre volte più alto di quello mondiale, che ha originato un fenomeno di dumping: si è generata una grande eccedenza produttiva, smaltita sottocosto sul mercato mondiale, grazie alle sovvenzioni ricevute dai produttori europei. A tutto questo si sommavano le tariffe doganali molto elevate che limitavano l’accesso al mercato interno. I Paesi in via di sviluppo sono coloro che ne hanno maggiormente risentito.
Non godendo di nessuna sovvenzione sono spesso costretti a svendere la propria produzione, per poter restare concorrenziali. I lavoratori vengono così sottopagati e resta per loro difficile uscire dalla soglia di povertà. D’altra parte anche gli accordi preferenziali (che consistono in un più facile accesso al mercato europeo) che l’Europa ha con alcuni Paesi produttori generano problemi, come incentivare la monocoltura e indurre alla dipendenza dal commercio estero, fattori che limitano l’innesco di una vera dinamica di sviluppo interno.
A cinque anni dall’adozione da parte dei ministri dell’Agricoltura europei della nuova Ocm zucchero, il risultato a livello mondiale non è stato quello sperato dai diversi fronti critici.