Approfondimento
Il fisco non saluta Yahoo!
di Duccio Facchini —
Il colosso statunitense della Rete -in crisi- ha annunciato all’inizio di febbraio la chiusura della sede italiana. Una società con sede a Milano, la Yahoo! Italia Srl, il cui fatturato è garantito interamente da commissioni riconosciute dalla consociata irlandese. Il nodo del futuro rapporto con l’erario
All’inizio del mese di febbraio, il colosso statunitense della Rete Yahoo!, in crisi, ha annunciato la chiusura di alcune sedi strategiche entro l’anno in corso. Tra queste, anche quella italiana di Milano, in via Giovanni Spadolini, sarebbe condannata al piano “aggressivo” messo a punto dall’amministratore delegato, Marissa Mayer. La stessa Mayer che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ebbe modo di incontrare in uno dei suoi primi viaggi negli Stati Uniti, nel settembre 2014.
Si registra però un equivoco di fondo circa le “sedi” distaccate delle multinazionali della Rete, e cioè la loro autentica natura. Chi avesse scorso la rassegna stampa che ha fatto seguito all’annuncio di Mayer, infatti, avrebbe potuto ritenere che Yahoo!, in Italia, avesse un’autentica sede operativa. Cosa che è dimostrabile fino ad un certo punto. Dal punto di vista della capitalizzazione, infatti, la “Yahoo! Italia Srl” (oggetto sociale: “gestione del sito internet www.yahoo.it”) può contare su 510mila euro interamente riferibili all’olandese “Yahoo! Netherlands BV”, cifra che sovrasta le omologhe (ed esigue) di Facebook o Twitter -che nel nostro Paese agiscono con società da 10mila euro di capitale sociale-. Lo stesso vale per gli addetti: non al livello di un polo industriale da 10 milioni di euro di fatturato -dal bilancio 2014 della srl milanese fondata nel lontano marzo 2000-, ma comunque al di sopra delle 60 unità (63 all’ultimo trimestre di due anni fa, in netto calo).
Resta però intaccata la vera questione caratterizzante l’economia digitale, presunta frontiera di sviluppo e di innovazione che fu al centro anche dell’incontro mediatico Renzi-Mayer. Che è il punto fiscale, come dimostra la nota integrativa al bilancio chiuso nel dicembre del 2013 (l’ultimo disponibile). “I ricavi delle vendite e delle prestazioni, pari a € 10.423.655 (€ 10.893.991 nel precedente esercizio) -si legge- sono interamente riferibili alle commissioni generate dal precedente contratto di commissionaire in essere con la consociata Yahoo! S.à.r.l. e dall’attuale stipulato con la consociata Yahoo! EMEA Limited”.
Come per Facebook, Twitter, Google e Microsoft, è la consociata domiciliata presso Paesi a fiscalità agevolata -l’Irlanda, in questo caso- a garantire fortune imprenditoriali agli operatori del web, egemoni nel (e dipendenti dal) mercato della pubblicità online (2 miliardi di euro circa nel 2015). Quindi la domanda non è se Yahoo! “abbandona” realmente l’Italia, quanto piuttosto come Yahoo si potrà (e vorrà) rapportare con il fisco italiano una volta dismessa -se veramente verrà dismessa- la sede legale milanese.
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