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Il commercio equo contro i cambiamenti climatici
Piccoli aumenti di temperatura comportano un impatto significativo sull’agricoltura. Dall’Uganda allo Sri Lanka, numerosi produttori utilizzano il fair trade premium per ridurre l’impatto ambientale delle attività nei campi. "Le piccole fattorie agroecologiche utilizzano meno fertilizzanti e combustibili fossili, emettono meno gas serra e hanno anche la possibilità di invertire il climate change spostando anidride carbonica dall’aria al terreno anno dopo anno". Intervista a Ryan Zinn, coordinatore di Fair World Project
Lunedì 25 maggio Ryan Zinn, coordinatore di Fair World Project, una campagna dell’Organic Consumer Association (OCA), è intervenuto nell’ambito della conferenza biennale della World Fair Trade Organization, in corso a Milano.
Che cos’è e come opera il Fair World Project?
Il Fair World Project (FWP) è una campagna indipendente dell’Organic Consumers Association (OCA), che mira a proteggere l’uso del termine "fair trade" sul mercato, ampliare i mercati a un vero commercio equo e solidale, educare i consumatori su questioni chiave del commercio e dell’agricoltura, fare advocacy per le politiche che portano a un’economia giusta, facilitare rapporti di collaborazione per creare un vero cambiamento del sistema.
Fair World Project è stato inizialmente lanciato dalla OCA nel 2010, con l’accento sulla promozione del commercio equo -soprattutto nei sistemi di produzione biologica- e sulla protezione del termine "commercio equo e solidale" dall’abuso e dall’adulteramento: lo abbiamo fatto come consumatori consapevoli di voler espandere il mercato dei prodotti del commercio equo.
Sempre mossi dai principi del commercio equo e solidale, abbiamo ampliato la nostra missione per includere la giustizia del lavoro, il vestiario “sweet-free” e l’agricoltura familiare che non si adatta al tradizionale modello di commercio equo e solidale. Questo approccio allargato riflette il riconoscimento del fatto che un’economia giusta non sarà raggiunta solamente attraverso un unico modello.
Lei sostiene che esiste una stretta "influenza" del Fair Trade sui processi di cambiamento climatico. Può definire la loro correlazione?
Le aziende agricole e gli agricoltori sono nel mirino del cambiamento climatico. Anche se gli agricoltori hanno sopportato gli impatti negativi legati ai cambiamenti climatici per decenni, questi impatti si sono aggravati negli ultimi anni. Anche a livello relativo, piccoli aumenti di temperatura comportano un impatto significativo sull’agricoltura, tra cui la desertificazione accelerata e la salinizzazione dei terreni coltivabili, la maggiore presenza di parassiti, le perdite di raccolto a causa delle alte temperature, le inondazioni e, paradossalmente, una maggiore scarsità d’acqua pulita.
Il commercio equo e solidale si caratterizza spesso come una "partnership commerciale, basata sul dialogo, la trasparenza e il rispetto, che cerca una maggiore equità nel commercio internazionale". I principi del commercio equo includono i rapporti commerciali diretti a lungo termine, il pagamento di prezzi e salari equi, nessuna costrizione o sfruttamento del lavoro minorile, nessuna discriminazione sul posto di lavoro, l’equità di genere e la libertà di associazione. Ma il commercio equo sta andando oltre il suo mandato originario e si riferisce sempre più ai cambiamenti climatici. I premi del commercio equo e solidale -il cosiddetto fair trade premium, le somme di denaro addizionali al prezzo equo e solidale che vengono pagate ai produttori per progetti di sviluppo sociale, ambientale ed economico- si stanno dimostrando veicoli efficaci per affrontare il cambiamento climatico a livello locale.
Ad esempio, COOCAFE, una cooperativa di caffè in Costa Rica, ha usato il fair trade premium per ridurre notevolmente la quantità di acqua utilizzata per lavare i chicchi di caffè, consentendo inoltre ad altri agricoltori di piantare alberi da ombra intorno ai loro raccolti, che è un procedimento buono sia per la qualità dei loro raccolti che per quella dell’ambiente.
Nello Sri Lanka, il progetto di commercio equo del cocco biologico Serendipol utilizza i suoi "premi" per fornire compost gratuito a tutti i produttori associati.
In Uganda, i coltivatori del tè riproducono le varietà resistenti alla siccità per la distribuzione ad altri coltivatori.
Al di là dei premi, le forti organizzazioni contadine del commercio equo sono veicoli fondamentali per fortificare le comunità agricole locali attraverso lo scambio, l’istruzione e l’avvocatura fra i lavoratori.
Le reti dei coltivatori del commercio equo e solidale sono parte integrante per l’avanzamento dell’agroecologia e della giustizia sociale nel Sud del Mondo.
Lei ha scritto che riguardo al cambiamento climatico esistono differenze di comportamento tra i piccoli e i grandi agricoltori. In che cosa si distinguono?
L’agricoltura industriale è un fattore chiave nella generazione di gas a effetto serra. I fertilizzanti sintetici, i pesticidi, i macchinari pesanti, le monocolture, il cambiamento della terra, il disboscamento, la refrigerazione, i rifiuti e il trasporto sono tutte parti di un sistema alimentare che genera emissioni significative e contribuisce non poco al cambiamento climatico globale.
Le pratiche agricole industriali, dalle operazioni di alimentazione concentrata per gli animali, alle monocolture intensive-fertilizzanti per mais e soia geneticamente modificati per sopportare enormi quantità di erbicidi, non solo contribuiranno a emettere notevoli quantità di gas a effetto serra, ma sosterranno anche un sistema alimentare globale ingiusto e malsano. La moderna agricoltura convenzionale è basata sui combustibili fossili, sulle industrie ad alta intensità energetica che sono allineate con le biotech, il commercio e gli interessi dell’energia, contro il contadino e le priorità dei consumatori.
Rispetto alle aziende agricole industriali su larga scala, le piccole fattorie agroecologiche utilizzano non solo meno fertilizzanti e combustibili fossili, ed emettono meno gas serra, tra cui metano, protossido di azoto e biossido di carbonio (CO2), ma hanno anche la possibilità di invertire effettivamente il cambiamento climatico spostando anidride carbonica dall’aria al terreno anno dopo anno.
Secondo il Rodale Institute, i piccoli agricoltori e allevatori potrebbero abbassare di oltre il 100 per cento le attuali emissioni annue di CO2 passando a pratiche di gestione agroecologica ampiamente disponibili, sicure e poco costose, che valorizzino la diversità, il sapere tradizionale, la coltura agroforestale, la complessità del paesaggio e le tecniche di gestione dell’acqua e del suolo, comprese le colture da copertura, il compostaggio e la raccolta dell’acqua.