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Il colpo di teatro

Messi all’angolo dal Patto di stabilità, gli enti locali cedono a un fondo ad hoc di Cassa depositi e prestiti i propri immobili di pregio: accade tutto in un mese, e i rogiti vengono registrati tra Natale e Capodanno. Un intervento da 190 milioni. Il caso Venezia: il Comune vende l’ex Ospedale a Mare del Lido, compreso il padiglione Marinoni, al centro di un progetto di riqualificazione autogestita  —

Tratto da Altreconomia 157 — Febbraio 2014

Il 21 gennaio c’è stata l’ultima prima al Teatro Comunale di Firenze. Il Nabucco di Giuseppe Verdi ha aperto la stagione del Teatro del Maggio Musicale fiorentino (www.maggiofiorentino.com), ma le mura intorno all’orchestra, comprese platea, palchi e le due gallerie, sono già state vendute.
È successo a cavallo tra Natale e Capodanno, anche se l’acquirente ha scelto di lasciare (gratuitamente) il bene nella disponibilità dell’amministrazione comunale di Firenze fino al 31 dicembre 2014, quando la Fondazione del Teatro del Maggio Musicale fiorentino, che ha in concessione il bene, potrà spostarsi nella sua nuova casa, il Nuovo Teatro dell’Opera, che è stato costruito in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, le cui celebrazioni si sono chiuse nel marzo di due anni fa, ma non è ancora pronto. Il Comune di Firenze intanto ha già incassato 23 milioni di euro, “il bonifico è arrivato il 27 dicembre” ci dice Elisabetta Meucci, assessore alle Politiche del Territorio e al Patrimonio nella giunta guidata da Matteo Renzi, segretario del Partito democratico.
L’operazione, spiega l’assessore, “è avvenuta sulla base di un decreto legge del 30 novembre 2013, e abbiamo potuto concludere nel giro di venti giorni”.  Il Teatro Comunale -che occupa un isolato nel centro storico di Firenze, a dieci minuti a piedi dalla Basilica di Santa Maria Novella- era già andato all’asta in due occasioni, l’ultima a luglio 2013. Allora era in vendita per circa 26 milioni di euro, ma l’asta andò deserta. “Il bene ha una destinazione urbanistica, oggetto di una variante del 2012 -specifica Meucci-: è già predisposta per il ‘recupero’”. Meucci parla di “flessibilità”, ma anche di una “valutazione di stima articolata, molto valida”, elemento per cui l’acquirente ha potuto chiudere in fretta l’operazione.

A comprare è stata Cassa depositi e prestiti, attraverso un fondo amministrato dalla controllata Cdp Investimenti, di cui detiene il 70 per cento (www.cdpisgr.it, gli altri azionisti sono Associazione bancaria italiana e Acri, l’associazione che riunisce Fondazioni bancarie e Casse di risparmio).
Il fondo si chiama FIV Plus, e sta per Fondo investimenti per la valorizzazione Plus: è nato, nel 2012, per “stimolare e ottimizzare i processi di dismissione di patrimoni immobiliari degli enti pubblici”, e “che presentino un potenziale di valore inespresso, per esempio legato al cambio d’uso, alla messa a reddito, alla vendita frazionata, e un mercato di sbocco” come spiega il sito istituzionale.
Secondo le regole, dovrebbe funzionare così: dopo aver siglato un Protocollo con l’ente proprietario, Cdp Investimenti fa uno studio di fattibilità, che individua anche un valore per l’immobile. Poi si fa una gara ad evidenza pubblica, e -qualora questa vada deserta- la Cassa compra il bene attraverso il Fondo: è successo, per il momento, con due beni di proprietà del Policlinico di Milano, che a ottobre 2013 sono stati acquisiti da FIV Plus per 17 milioni di euro, e a fine dicembre è stato sottoscritto un Protocollo con il Comune di Ferrara, per altri due.   

Al contrario l’operazione fiorentina è stata una vendita diretta, e ha seguito un iter molto più spedito. In questo modo Cdp “ha fatto senz’altro un favore al Comune, visto che ha pagato subito, ma forse non alla città -spiega Ornella De Zordo, all’opposizione in consiglio comunale con la lista ‘Per un’altra città’ (www.perunaltracitta.org)-: nella prima asta, l’immobile venne bandito per circa 40 milioni di euro, che era stato considerato un valore congruo per l’area del Teatro Comunale, che era già stata svincolata dalla destinazione d’uso originaria”. Residenziale, alberghiero, terziario e commerciale sono gli ambiti di valorizzazione previsti da Cdp Investimenti per i beni acquisiti tramite il Fondo. “Prima della pausa estiva -conclude De Zordo, che con la lista “Per un’altra città” è tra i promotori del Forum per una nuova finanzia pubblica e sociale (www.perunanuovafinanzapubblica.it), che ha promosso una campagna per la risocializzazione di Cdp-, nell’approvare il bilancio preventivo per il 2013, il Comune aveva ‘assegnato’ un valore alle entrate da dismissioni immobiliari, operazione che però non era riuscita a concludere affidandosi al mercato”. Alla voce corrispondente sono iscritte entrare per 21,65 milioni di euro.
Poco meno di quanto incassato con la vendita del Teatro Comunale, soldi di Cassa depositi e prestiti, che l’11 dicembre 2013 ha sottoscritto 575 milioni di euro di quote del fondo FIV Plus.
Nemmeno due settimane prima, il 30 novembre, come già ricordato, il governo aveva approvato un decreto, per allargare agli enti locali un piano di dismissione immobiliare pensato inizialmente per l’Agenzia del demanio. Oltre al Comune di Firenze ne hanno approfittato quelli di Bergamo, Torino, Venezia e Verona, insieme alla Provincia di Torino e alla Regione Lombardia.

Tutte le compravendite si sono concluse tra Natale e Capodanno, e ciò significa che tra la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del dl 133/2013 e i rogiti è passato meno di un mese.
Un mese ricco di avvenimenti, ognuno dei quali è anche un atto.
Fino all’11 dicembre, ad esempio, FIV Plus non avrebbe avuto a disposizioni le risorse per sottoscrivere tutte le compravendite, 190 milioni di euro per gli immobili degli enti locali e altri 300 per un “pacchetto” acquisito dall’Agenzia del Demanio. Il Fondo è nato nel 2012 con l’obiettivo di raccogliere ed investire un miliardo di euro, ma fino a quella data “conteneva” solo 250 milioni di euro, e a contribuire era stata sempre e solo Cassa depositi e prestiti.
Poi tra il 16 e il 20 dicembre l’attivismo si è decentrato: perché le vendite fossero possibili toccava agli enti locali deliberare l’inserimento di 7 immobili (due quelli del Comune di Torino, il più indebitato d’Italia, vedi Ae 144) nella lista degli alienabili.

Oltre a Matteo Renzi, gli amministratori che hanno fruito della disponibilità del governo ci sono anche Piero Fassino (PD), sindaco di Torino e presidente dell’Anci, nonché membro del consiglio d’amministrazione della Cassa stessa. Tra i “beneficiari”, poi, figurano anche enti amministrati da altri esponenti del Partito democratico, cioè Antonio Saitta (Provincia di Torino), e Giorgio Orsoni (Comune di Venezia) e da politici della Lega Nord, come Flavio Tosi (Comune di Verona) e Roberto Maroni (l’assessore all’Economia di Regione Lombardia, Massimo Garavaglia, siede nel cda di Cassa depositi e prestiti).   
L’ultima a deliberare è stata proprio la Giunta regionale lombarda, che si è riunita a Palazzo Lombardia dalle 11.05 alle 13.45 del 20 dicembre 2013, e ha fissato in 55 milioni il prezzo di vendita dell’area degli ex Ospedali Riuniti di Bergamo, 140mila metri quadrati a ridosso della Città Alta, il centro storico del capoluogo orobico.
Lo stesso giorno era già pronto il decreto del direttore generale del Tesoro che autorizzava gli enti a vendere i beni a trattativa privata, compreso il comparto bergamasco, già andato all’asta senza successo (l’ultimo bando pubblicato da Infrastrutture Lombarde, chiuso nell’aprile del 2013, aveva una base d’asta di oltre 70 milioni di euro). 
Luigi Nappo, già assessore all’Urbanistica del Comune di Bergamo, spiega che sulla base di un accordo di programma del 2004 metà dell’area avrebbe dovuto diventare un campus universitario, progetto poi cancellato nel 2007 per approvare “un progetto di cementificazione con il solo scopo di far cassa”. Oggi, continua Nappo, “l’area viene venduta a circa 380 euro al metro quadrato, in una zona dove i prezzi medi delle case è di circa 4mila”. La “valorizzazione” dell’area prevede interventi per oltre 110mila metri quadrati, di cui oltre la metà residenziale.  
Sempre il 20 dicembre, l’assemblea dei partecipanti a FIV Plus ha dato vita al “Comparto Extra”, dedicato all’acquisto degli immobili a trattativa diretta. Se ne trova traccia negli atti con cui il Comune di Venezia cede i 33 padiglioni dell’ex Ospedale al Mare del Lido. L’area era il perno dell’operazione (fallita) per la realizzazione del Nuovo Palazzo del Cinema, condotta dal fondo Est Capital, e porta con sé una dotazione di circa 50mila metri quadrati. Il Comune di Venezia incassa 50 milioni di euro. “Eravamo fuori di 120 milioni di euro per il rispetto del ‘Patto di stabilità’ -racconta ad Ae Beppe Caccia, consigliere della ‘Lista in comune’-: nel 2007, l’anno di riferimento, il nostro Comune godeva ancora di entrate straordinarie importanti, quelle del Casinò, calcolate come entrate di carattere tributario, e dei trasferimenti statali della legislazione speciale per Venezia e la laguna, che è stata prosciugata”.
La cessione dell’ex Ospedale a Mare servirebbe, cioè, a evitare le sanzioni in cui incorrono gli enti che non rispettano il Patto. L’approvazione della delibera ha visto passare una mozione che salverebbe dall’edificazione due padiglioni, la Chiesa di Santa Maria e il Ricreatorio Marinoni, che grazie all’impegno di molti cittadini dal settembre 2011 è diventato il Teatro Marinoni Beni Comuni (teatromarinonibenecomune.com, vedi box a p. 47), centro nevralgico di un progetto di auto-recupero partecipato -il Cantiere OaM- promosso dal Comitato Marinoni “nel luogo simbolo di una speculazione più ampia”. Un percorso frenato dalla corsa al rogito a favore di Cassa depositi e prestiti Investimenti. —

Il copione di Venezia
Abbandonato nel 1975, il padiglione dell’Ospedale a Mare conosciuto come “Ricreatorio Marinoni” è stato occupato nel settembre del 2011, durante la Mostra del cinema. Un’azione dimostrativa, durata dieci giorni, che ha lasciato l’edificio -che ospita un teatro liberty di fine Ottocento- alla cura dei cittadini del Lido. Oggi, il Teatro Marinoni Bene Comune diventa, spiegano gli attivisti del Comitato Marinoni, “una finestra su una porzione di città che, da sempre al servizio di Venezia, era stata immaginata come un cluster, una barriera tra città e spiaggia”. E ciò in piena contraddizione con lo spirito dello spazio, dove “la cura si è manifestata nella sua totalità, promuovendo il legame tra sanità e dimensione teatrale, tra corpo e mente”. Per questo, il Teatro è diventato un simbolo, grazie a decine di realtà veneziane e non solo coinvolte dal Comitato nel progetto #faRETE, che nell’ex Padiglione dell’Ospedale a Mare ha promosso teatro, ma anche attività con i bambini, danza, esposizioni, seminari. Oggi l’evoluzione di #faRETE si chiama Cantiere OaM, e -coinvolgendo anche architetti e urbanisti- lavora per l’attivazione di un percorso partecipativo che permetta ai cittadini veneziani di “rivendicare il diritto fondamentale a immaginare e produrre il proprio spazio vitale”. Per tutta l’area dell’ex Ospedale a Mare. Compresa la spiaggia antistante, dove si realizzavano le sabbiature. Qui il segno del tempo, di 35 anni di abbandono, sono dune naturali: gli attivisti del Comitato stanno preparando gli atti necessari a chiederne l’inclusione nell’elenco dei Siti d’interesse comunitario, aree protette dell’Ue. Un altro freno alla speculazione.

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