Ambiente / Approfondimento
I valori reali delle emissioni di CO₂ delle auto su strada in Europa
Il primo rapporto di monitoraggio della Commissione europea evidenzia come durante l’uso su strada le auto a benzina, diesel e ibride plug-in superino i valori dichiarati in fase di omologazione. Con altri meccanismi di rendicontazione delle emissioni, tutto ciò compromette l’efficacia delle misure di riduzione di CO₂ nei trasporti
Le emissioni di CO₂ delle auto dichiarate in fase di omologazione non corrispondono a quelle reali misurate su strada. I legislatori sono da tempo a conoscenza di questa informazione grazie a studi e pubblicazioni scientifiche, analisi di centri di ricerca internazionali indipendenti e ora anche grazie ai dati che arrivano dai dispositivi di bordo per il monitoraggio del consumo di carburante (Obfcm), installati obbligatoriamente sui nuovi veicoli da gennaio 2021.
Queste informazioni sono state analizzate dalla Direzione generale per l’azione per il clima (Dg Clima) della Commissione europea e pubblicate a marzo 2024 nel primo report di monitoraggio delle emissioni di CO₂ su strada, su dati del 2022 relativi alle immatricolazioni del 2021. I valori confermano quelli dell’analisi preliminare contenuta nella relazione speciale della Corte dei conti europea (Eca) pubblicata a gennaio 2024, riportati anche nell’articolo in copertina sul numero di aprile di Altreconomia: il divario di CO₂ emessa tra laboratorio e strada è del 23,7% per le auto a benzina, del 18,1% per le auto diesel. Per le auto ibride plug-in arriva al 250%.
Nello specifico questi numeri significano che i conducenti consumano più carburante rispetto a quanto indicato dai documenti ufficiali rilasciati dai costruttori di auto, in media 1-1,5 litri in più ogni cento chilometri percorsi, cioè un quinto in più. Questo divario sembra essere particolarmente ampio per i veicoli più pesanti, come i Suv e i veicoli di lusso, le cui emissioni sono già significativamente maggiori rispetto alle altre automobili.
Il monitoraggio di questi dati è fondamentale per capire se i valori ufficiali rilevati durante i test di laboratorio in fase di omologazione rappresentano le emissioni reali dei veicoli quando sono in circolazione, visto che sono i valori di omologazioni quelli utilizzati per verificare se le case produttrici rispettano gli obiettivi di riduzione della CO2 stabiliti dai regolamenti europei. Negli ultimi anni diverse misure sono state implementate per garantire la corrispondenza tra i dati. A questo scopo è stata introdotta dal 2020 la procedura di prova per veicoli leggeri armonizzata a livello mondiale (Wltp), che dovrebbe rappresentare meglio le condizioni di guida reali. Capire se i valori dei certificati di omologazioni sono uguali a quelli reali è importante per verificare l’efficacia delle misure climatiche sui trasporti, messa già in discussione proprio dall’Eca.
Secondo il Regolamento di esecuzione (Ue) 2021/392, questo tipo di dati deve essere raccolto dai costruttori di veicoli e, da maggio 2023, anche dagli Stati membri e comunicati all’Agenzia europea dell’ambiente (Eea). La normativa europea prevede che i dati siano raccolti dai costruttori a distanza, attraverso gli Obfcm e trasferiti tramite server, oppure ogni volta che il veicolo viene portato in assistenza o in riparazione, a meno che il proprietario del veicolo non rifiuti espressamente di rendere disponibili le informazioni. L’analisi della Commissione si basa quindi solo sui dati raccolti dai produttori di auto.
Un importante aspetto che emerge è che la quantità delle informazioni raccolte finora è ancora scarsa e per la maggior parte dei costruttori la copertura delle flotte è stata inferiore alle aspettative. Il dataset finale comprende 617.194 autovetture che rappresentano solo il 7,2% delle immatricolazioni del 2021.
Emerge così che solo alcuni produttori fanno uso dei dispositivi a bordo per raccogliere i dati delle emissioni delle auto in circolazione. A eccezione di Jaguar Land Rover (43%), Ford Werke GmbH (34%), Mercedes-Benz AG (27%), Ford Motor Company (27%) e Volvo (24%), molti costruttori hanno comunicato i dati relativi a meno del 5% dei veicoli immatricolati nel 2021. I dati di Ford Werke GmbH, Mercedes-Benz AG, Volkswagen, Volvo, Renault e BMW AG rappresentano il 73% del dataset finale di autovetture. Il set di dati sugli ibridi plug-in è composto principalmente da veicoli Mercedes-Benz AG (39%), Volvo (19%) e Ford Werke GmbH (16%).
Mercedes Amg, Ferrari, Alfa Romeo, Bmw Gmgh e Renault sono i produttori che registrano i divari più alti per le auto a benzina: dal 45% di Mercedes al 31% di Renault. Un’altra ventina di produttori sono ampiamente sopra il 20% di differenza tra emissioni di laboratorio e reali; tutte le altre, ad eccezione di Suzuki motor corporation e Cng technik, non scendono sotto il 10%. Per il diesel invece il divario maggiore è di Alfa Romeo (27%), seguita da Audi Hungaria (25%), Bmw ag e Seat (24%), Opel automobile (22%) e Skoda (21%). Per le ibride sono le abitudini di guida dei conducenti a giocare un ruolo fondamentale.
Anche se il sistema di omologazione Wlpt è più affidabile di quello precedente (Nedc), non riesce ancora del tutto a ridurre il divario tra emissioni dei test e su strada. Un ulteriore problema è legato al fatto che le emissioni reali sembrano aumentare nel tempo, durante il ciclo di vita dell’auto. Un’analisi dell’International Council on Clean Transportation (Icct), organizzazione indipendente che fa ricerca sul settore trasporti, ha calcolato che il divario tra le emissioni di CO2 reali e ufficiali è aumentato di oltre l'80% nei cinque anni successivi all'introduzione del Wlpt, passando dal 7,7% del 2028 al 14,1% nel 2022.
Il set di dati utilizzato mette insieme le informazioni contenute nei database dell’Eea e quelli dei consumi reali di oltre 160.000 auto con motore a combustione e ibride convenzionali registrati dai consumatori sulla piattaforma tedesca spritmonitor.de, non prendono in considerazione quindi quelli dei dispositivi Obfcm. Per l’Icct il “crescente divario riduce l'efficacia degli standard di CO2 dell'Unione europea nel ridurre le emissioni dal tubo di scappamento di auto e furgoni” e “porta a una riduzione delle emissioni reali inferiore a quella prevista dalle autorità di regolamentazione".
Secondo la normativa, a ciascun costruttore è assegnato un obiettivo di riferimento specifico per il periodo 2021-2024. Inoltre, sono previsti meccanismi di flessibilità di cui possono usufruire i costruttori per rispettare gli obblighi di conformità ai regolamenti. Uno di questi stabilisce che i target di riduzione delle emissioni per singolo produttore siano regolati in base alla massa del veicolo. Per l’Icct l'utilizzo di questo parametro produce obiettivi medi di riduzione più alti di quanto dovrebbero essere: “Mentre nel calcolo degli obiettivi dei costruttori per il 2020 è stata ipotizzata una massa media del parco veicoli di 1.379,9 chilogrammi, la massa media effettiva dei veicoli immatricolati nel 2020 ha raggiunto i 1.455,7 chilogrammi. Di conseguenza, l'obiettivo di riferimento medio del parco veicoli per il periodo 2021-2024 viene gonfiato di 3,1 g/km, ovvero del 2,7%, passando da 115 g/km a 118,1 g/km”, scrive Icct.
Altri meccanismi sono i supercrediti stabiliti in base alla quota di veicoli a basse emissioni sia elettrici che plug-in e i crediti per l'innovazione ecologica, che premiano le tecnologie innovative che producono risparmi reali di CO2. Inoltre le case automobilistiche possono mettere insieme diversi marchi di auto per rispettare gli standard di CO2.
Tenendo conto di tutti questi aspetti, il calcolo delle emissioni medie di CO2 della flotta auto in Europa fa registrare una continua diminuzione dal 2021 al 2022. Ma questo è dovuto principalmente all'aumento della quota di veicoli elettrici e plug-in, mentre le emissioni dei veicoli con motore a combustione, dei veicoli ibridi e ibridi leggeri rimangono sostanzialmente allo stesso livello, secondo l’analisi dell’Icct.
Nel 2023 (regolamento (UE) 2023/851) la Commissione ha modificato l'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del parco autovetture per il 2030 portandolo a -55% rispetto ai livelli del 2021 e ha introdotto un obiettivo di -100% per il 2035. A partire dal 2008, i costruttori hanno superato i tassi di riduzione annuali richiesti. Tuttavia dopo il 2015 la tendenza si è invertita e le emissioni medie sono aumentate di 0,7 g/km all'anno nei quattro anni successivi fino al 2019. Il nuovo obiettivo del 2020 ha portato a un forte calo di 14 g/km rispetto al 2019, che però si è dimezzato dal 2021 al 2022. Se la riduzione continua al ritmo del 5,1% all'anno, per l’Icct le emissioni di CO2 non scenderanno al di sotto dell'obiettivo 2025-2029 di 94 g/km prima del 2025, con il rischio che le case automobilistiche possano continuare a rimandare l'introduzione di tecnologie innovative.
“I primi indicatori che questo rinvio potrebbe concretizzarsi possono essere osservati nei dati, con il rallentamento della diffusione sul mercato dei veicoli elettrici e lo stallo delle emissioni di CO2 dei veicoli non elettrici a livelli elevati. Allo stesso tempo, con l'aumento della massa media della flotta a un tasso molto più elevato di quello ipotizzato dalla normativa, gli obiettivi di CO2 vengono gonfiati, compromettendo gli obiettivi di riduzione”, avverte l’organizzazione.
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