Ambiente / Attualità
I fast food europei non fanno abbastanza per il benessere dei polli
Nell’ultimo rapporto “The pecking order” sono stati monitorati gli impegni delle principali catene nel migliorare le condizioni di vita degli animali all’interno degli allevamenti da cui si riforniscono. Poche le aziende che ottengono un risultato soddisfacente. L’organizzazione Essere Animali lancia una petizione rivolta a Kfc Italia
Le grandi catene del fast food -in particolare quelle italiane- non fanno abbastanza per tutelare il benessere dei polli lungo la loro filiera di approvvigionamento. Nessuna delle 69 aziende esaminate da “The pecking order 2023” -l’indice che ogni anno ne valuta l’impegno nel migliorare le condizioni di vita degli animali all’interno degli allevamenti da cui si riforniscono- ha ottenuto una valutazione pienamente positiva. “La maggior parte hanno prestazioni scarse o molto scarse nella gestione e nella rendicontazione del benessere dei polli da carne”, si legge nel report pubblicato a fine novembre e diffuso in Italia dall’organizzazione Essere animali.
Le catene di ristorazione “veloce” prese in esame sono dislocate in Francia, Germania, Italia, Polonia, Romania e Spagna. Oltre ad alcuni marchi nazionali, sono stati valutati anche diversi ristoranti e fast food internazionali, come Burger King, Domino’s, Ikea, Kfc, McDonald’s, Pizza Hut, Starbucks e Subway.
I parametri di riferimento sono quelli indicati dall’European chicken commitment (Ecc), un’iniziativa promossa nel 2018 da decine di sigle ambientaliste europee che impegna le aziende a soddisfare una serie di criteri minimi entro il 2026. Ad esempio, approvvigionandosi da allevamenti che hanno ridotto la densità di animali negli stabilimenti a un massimo di 30 chilogrammi per metro quadrato, che utilizzano razze “che dimostrano indicatori migliori di benessere animale”, che hanno effettuato interventi per migliorare gli standard ambientali relativi all’illuminazione degli ambienti e all’inquinamento dell’aria e che non fanno uso di gabbie o sistemi multipiano. Richieste coerenti con le raccomandazioni contenute nello studio “Il benessere dei polli da carne nell’allevamento” redatto dagli esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) a febbraio 2023 su richiesta della Commissione europea.
A cinque anni dall’avvio dell’iniziativa, tuttavia, i risultati non sono positivi. “Nessuna azienda ha raggiunto il livello uno (leader) o due (buono) -si legge nel report-. Quattro compagnie (Domino’s Germany, Kfc France, Kfc Germany e Subway Germany, pari al 6% del totale) hanno raggiunto il livello tre: stanno facendo cioè progressi nel loro approccio al benessere animale. Le 14 aziende di livello quattro (il 20% del totale) stanno iniziando questo percorso. Tuttavia, la maggior parte rientra nei livelli cinque (26%) e sei (48%): hanno prestazioni scarse o molto scarse nella gestione e nella rendicontazione del benessere dei polli allevati per la macellazione”.
Un dato che emerge in maniera netta da questa edizione di “The pecking order” è il fatto che le aziende operanti in Germania e Francia prendono maggiormente in considerazione il benessere dei polli rispetto ad altri Paesi analizzati: le loro performance, infatti, si distaccano nettamente sia per quanto riguarda la pubblicazione degli impegni assunti su questo fronte, sia per quanto riguarda la comunicazione dei progressi fatti.
L’Italia, invece, si piazza nelle posizioni più basse della classifica europea insieme a Polonia e Romania. Delle sette aziende analizzate per il nostro Paese, solo due (Ikea e Subway) hanno pubblicato un impegno a eliminare tutte le problematiche principali di benessere dei polli. “Le altre cinque (Autogrill, Burger King, Kfc, McDonald’s e Starbucks) non hanno invece assunto nessun impegno pubblico -continua il report– neanche sui criteri più importanti come la riduzione delle densità e la transizione a razze con migliori indicatori di benessere animale”. Inoltre, tre delle sette aziende analizzate (Ikea, Kfc e McDonald’s) hanno peggiorato significativamente il proprio punteggio complessivo rispetto al 2022.
Il rapporto inoltre indica come particolarmente problematico il caso di Kfc “non solo per la regressione dei progressi fatti rispetto al 2022, ma anche per la forte disomogeneità tra le politiche e le pratiche attuate nei diversi Paesi”. La società, infatti, si è impegnata a rispettare l’Ecc in Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Svezia, Regno Unito e Irlanda ma non nel nostro Paese.
Proprio alla catena di fast food che ha fatto del pollo fritto il tratto commerciale distintivo si rivolge una petizione lanciata il 29 novembre da Essere animali per chiedere il miglioramento delle condizioni di allevamento di questi animali. “Problematiche evidenti nelle immagini raccolte tra marzo e giugno del 2023 in provincia di Brescia che mostrano ai consumatori la realtà quotidiana negli allevamenti di polli in Italia -scrive l’associazione in un comunicato-. A causa del rapido accrescimento, in circa 40 giorni gli animali raggiungono il peso di macellazione, ma sono ormai incapaci di muoversi per via del peso eccessivo del petto e delle zampe deformate. Alla fine di ogni ciclo produttivo ogni animale può arrivare ad avere a disposizione a malapena lo spazio di un foglio A4”. Ventun centimetri per trenta.
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