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“Globalizamos la lucha, globalizamos la esperanza”. Cronache dal “GsOtto”

“Costruire alternative e riorganizzare la resistenza sociale”. Per Antonio Onorati, dell’Ong Crocevia, tra gli organizzatori del GsOtto (assieme a Mani Tese, Mais, Fair, Arci, Legambiente e tanti altri), è un approccio minimale. La costruzione delle alternative deve avere già in…

“Costruire alternative e riorganizzare la resistenza sociale”. Per Antonio Onorati, dell’Ong Crocevia, tra gli organizzatori del GsOtto (assieme a Mani Tese, Mais, Fair, Arci, Legambiente e tanti altri), è un approccio minimale. La costruzione delle alternative deve avere già in sé un’idea di resistenza al sistema economico ancora dominante. Con queste poche parole si può riassumere uno dei concetti trainanti che hanno accompagnato lo sviluppo del GsOtto tra le miniere del Sulcis Iglesiente. Un evento che aveva come obiettivo quello di mettere in connessione le esperienze internazionali con le migliori espressioni dei territori, come le produzioni alternative, l’associazionismo locale, i collettivi territoriali. Facendo sedere tutti attorno a un tavolo virtuale per poter ricominciare a tessere reti.
Il GsOtto si è articolato in tre assi di discussione, la crisi ecologica, quella economica-sociale-alimentare e quella di civilizzazione, ma con un approccio interconnesso, come ha spiegato Moema Miranda, di Ibase, rete sociale brasiliana e membro del Liaison del Group Forum Sociale Mondiale. Nel dibattito cui ha partecipato assieme al segretario della Fiom Gianni Rinaldini, Miranda ha sottolineato come gli approcci diversi all’interno di un movimento così eterogeneo debbano essere considerati complementari e non mutuamente esclusivi. Una sorta di ritorno a Seattle, se non nei numeri almeno nella relazione tra esperienze, che si era perso in anni di riflusso da movimento mediatico a movimento carsico.
Il GsOtto si è concluso con il lancio della Carta di Montevecchio. Una carta d’intenti, non un documento programmatico, che ha l’obiettivo di rimettere al centro mobilitazioni e letture del mondo, che parla, nuovamente, di delegittimazione del G8: “Come organizzazioni che si sono riunite dal 2 al 6 luglio nell’estremo sud della Sardegna, non riteniamo che il vertice del G8 che si riunirà prossimamente a L’Aquila sia il luogo legittimo dove discutere di tutto questo. Troppo grandi le responsabilità nella costruzione di questo modello di sviluppo, nell’incapacità di prevedere le crisi attuali, nelle promesse mai mantenute per poter ridare legittimità ad un vertice che nei fatti ha perso ogni ragione d’essere”.
E che per questo elegge ad interlocutori privilegiati i movimenti della società civile, in vista dei prossimi appuntamenti, come la Ministeriale Wto di Ginevra e la Conferenza della Fao sulla sicurezza alimentare del prossimo novembre, il Summit sul clima di Copenaghen di dicembre, il Forum Sociale Mondiale di Cuzco del prossimo marzo e il Forum Enlazando Alternativas di Madrid di maggio 2010.
Nonostante la crisi economica, o forse sarebbe meglio dire grazie alla crisi, i prossimi passi di Governi ed istituzioni internazionali potrebbe andare nella direzione opposta da quella auspicata dai movimenti. Un tema su tutti sarà l’agricoltura: riuscirà a uscire indenne dal tentativo di liberalizzazione dei mercati e di mercificazione del cibo?
“Globalizamos la lucha, globalizamos la esperanza”: è con le parole di Ingeborg Tangeraas, referente di Via Campesina al Forum alternativo, che si riscrive l’agenda delle prossime mobilitazioni globali.
 

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Lo avevamo chiamato Public Forum, nel luglio genovese del 2001. Laboratorio politico e nello stesso tempo spazio liberato, in una città dove le forme della politica si stavano concretizzando nel conflitto tra due spazi, anche geografici. Non solo il (retorico) Nord ricco contro il Sud depredato, ma il più prosaico centro storico di Genova, rinchiuso nella prima Guantanamo al contrario che la storia ricordi, e tutto il mondo intorno. Grate alte fino a 5 metri, al di fuori delle quali ogni diritto, civile e democratico, è stato sospeso per fare spazio alla tracotanza di 8 grandi o presunti tali, tra i quali un Presidente del Consiglio che decise di arredare Piazza De Ferrari con piante di limone. Una zona rossa senza diritti che circondava una fortezza di pochi eletti.
Era la metafora di ciò che stava (e sta) succedendo nella realtà e che tanto era ben spiegato nelle giornate del Public Forum che precedettero le mobilitazioni e la repressione poliziesca.
Di quel laboratorio nessuno parlò più, travolto dalla cronaca, ma le energie che lo animavano rimaste in circolo, animano il GsOtto in corso nel Sulcis.
Nel profondo Sud della Sardegna, terra di lotte per i diritti, diversi rivoli del movimento internazionale hanno scelto di incontrarsi e di continuare a costruire. Misurando i progressi di un’economia che anno dopo anno sta già costruendo un sistema alternativo a quello neoliberista, prepotentemente in crisi. Un’altra economia che passa anche per la lotta di Trina Tocco, una delle leader del movimento United Students Against Sweatshops, tra le esperte più accreditate sul sistema Wal-Mart. Perché i cittadini che consumano diventano un elemento cruciale in un sistema che proprio sul consumo e soprattutto sulla non trasparenza garantisce la sua impunità. "Oggi Wal-Mart si impegna per il rimboschimento delle foreste -spiega Trina- e questo va bene. Ma non è accettabile che la più grande catena al dettaglio al mondo possa acquistare in Bangladesh, uno dei Paesi più poveri del pianeta, merci prodotte a condizioni di lavoro inimagginabili".
Responsabilità. E trasparenza. Sono queste le parole d’ordine che partono da un’organizzazione che ha sede e radici nel Paese più consumista della Terra. Anche se oggi in crisi.
Ma è la rete quella che fa la differenza. Quella serie di contati, scambi e collaborazioni di cui il GsOtto è parte e elemento di rilancio. Perchè nel Sulcis, a pochi metri da una miniera, Trina incontra Raihan Ali, sopravvissuto a un eccidio più di 28 anni fa nel Bangladesh in guerra con l’India, e ora responsabile del Thanapara Swallows Development Society, che sulle rive del Gange dà da lavorare a più di 200 donne producendo tessuti per diverse organizzazioni del commercio equo mondiale. Non ha un appello specifico da fare, in occasione di un summit del G8 oramai delegittimato nei fatti, ma una riflessione: "Il futuro di un’economia sostenibile sta nella responsabilità e nel rispetto delle persone. Perchè con l’economia equa e solidale -ricorda Ali-, non ci si riduce ad uno scambio di prodotti, ma si mettono in moto meccanismi di sviluppo locale che permettono risparmi alle famiglie così da mandare i bambini a scuola, alle donne di emanciparsi e, quindi, al paese di modernizzarsi". Il ruolo della donna è sempre più centrale "e questo -conclude Raihan Ali- è importante per un Paese rurale come il nostro".
Le esperienze che si incontrano in questo GsOtto hanno tutte l’obiettivo di rinsaldare le fila e ricucire i rapporti. Nel luglio del 2009, otto anni dopo la notte cilena della Diaz e pochi giorni dopo la richiesta del Pubblico Ministero di una condanna a due anni nel processo di primo grado al Capo della Polizia Gianni De Gennaro. La costruzione delle alternative contro il ricordo di una delle pagine buie della democrazia italiana.

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