Il tempo di Freak of nature è la notte. È nel buio delle ore notturne che esprime la sua arte. Lo fa da parecchio ormai. Sicuramente da quando, più di vent’anni fa, lavorava come creativa per uno stilista di Torino e ogni tanto usciva “a decorare la città con qualche fiorellino”. Il suo spazio sono le cose disabitate, dismesse, vuote: “Le impalcature, i cantieri, le realtà del non finito o del non vivo. L’aeroporto abbandonato, l’ospedale dismesso -racconta ad Altreconomia-. I vuoti, i buchi neri e reali. Quelli fisici, tangibili, le vie delle nostre città che non esistono più, nessuno sa che ci sono, semplicemente perché non c’è più nulla, non c’è più nessun motivo per passarci e dunque vengono dimenticate".
Molti definiscono la sua una forma di street art. Anche se lei non sente troppo di appartenerci, gli ingredienti ci sono tutti: gli spazi urbani, il colore, una questione da denunciare, il fastidio e le riflessioni che produce. “Nel mio studio a Vicenza (la ci
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