Diritti
Finché c’è conflitto c’è business
Utili in calo e consiglio rinnovato per Finmeccanica, ottavo gruppo militare al mondo. E la maggiore "banca armata" del 2010 BNP Paribas diventa il secondo azionista.
Per capire il 2010 di Finmeccanica, la holding italiana delle armi e ottavo gruppo militare al mondo, è sufficiente partire dal fondo, e da un numero ben preciso: 41. Sono questi i centesimi di euro di dividendo che l’assemblea del gruppo ha scelto di concedere per ciascuna azione e pagare a fine maggio: lo stesso importo dello scorso anno. Sta tutta qui la continuità di un’azienda che dispone di una struttura e di un meccanismo di lavoro perfetti soprattutto per remunerare il capitale investito, indipendentemente da cambi di congiuntura o situazione politico-economica. Perché il 2010 è stato l’anno della piena crisi mondiale ed ha visto un rallentamento forte delle spese militari complessive (addirittura diminuite in Europa), ma Finmeccanica continua a crescere per quanto riguarda il portafoglio ordini (+6% nell’anno e +8% complessivamente) che già oggi potrebbero garantire all’azienda due anni e mezzo di produzione. Chi traina questa crescita costante? Soprattutto i comparti legati alla difesa come l’elicotteristica (+86%) e lo spazio (+67%), proprio perché è qui che il meccanismo “virtuoso” degli utili originati alla fonte da commesse pubbliche – che derivano da scelte politiche e non hanno percoli di natura commerciale – esplica maggiormente il proprio potenziale.
Certamente un’azienda a controllo pubblico in attivo di oltre mezzo miliardo di euro (precisamente 557 milioni, meno 22% rispetto al 2009) potrebbe essere considerata una buona notizia, tanto è vero che il Ministero del Tesoro che la controlla al 30,2% si porterà a casa un assegno di 71,6 milioni. Resta però da capire quanto denaro viene drenato dalle casse del fisco dall’uso spregiudicato che questo colosso da 18,7 miliardi di fatturato annuo fa delle controllate estere in paradisi fiscali, Lussemburgo su tutti, tramite cui in particolar modo vengono collocati gli strumenti di finanziamento speciale. E bisogna inoltre ricordare che il Governo italiano non solo controlla e guadagna da Finmeccanica, ma ne è anche uno dei maggiori clienti spendendo quindi molti soldi pubblici nell’acquisto di beni e servizi da essa prodotti.
L’assemblea 2011 ha anche dovuto rinnovare il CDA di Finmeccanica, operazione blindata dalle scelte politiche a monte visto il controllo ministeriale, ma che non è stata indolore soprattutto nelle scelte relative al management. Come presidente è stato confermato Pierfrancesco Guarguaglini, capace di rimanere al timone per molti anni e con molti Governi, che si è visto però sottrarre il ruolo di Amministratore Delegato assunto da Giuseppe Orsi fino ad ora al vertice di AgustaWestland. Una nomina che può essere vista come una vittoria della Lega Nord (l’azienda elicotteristica ha infatti sede principale nel varesotto) che conferma in CDA anche Dario Galli, attuale presidente della Provincia di Varese. Sui giochi di nomine, che hanno lasciato a piedi l’ex-direttore generale Zappa, hanno sicuramente inciso i recenti scandali giudiziari in cui è stata coinvolta Marina Grossi (moglie di Guarguaglini e presidente di Selex) ed anche l’Alenia (coinvolta nel caso Lande-Parioli). Sono state rappresentate in assemblea per le votazioni circa il 51% delle azioni, tra le quali non si può ovviamente contare (chissà come sarebbero andate le scelte altrimenti) il 2% posseduto dalla Libyan Investment Authority salita a tale quota – solo altri due fondi istituzionali ne possedevano una simile all’epoca dell’assemblea – appena un mese prima dello scoppio della crisi libica che ha portato al congelamento degli investimenti esteri di Gheddafi.
Appena chiusi i giochi assembleari è invece stata una importante banca francese, BNP Paribas che in Italia opera anche attraverso la storica BNL, a balzare di un colpo al secondo posto tra gli azionisti di Finmeccanica. La Consob ha infatti comunicato che proprio il 5 maggio la quota detenuta dall’istituto parigino e da sue controllate si è attestata al 2,35%, il che permetterà l’incasso di oltre 5 milioni di dividendi. Una mossa dai risvolti importanti se consideriamo che il gruppo transalpino (attraverso la sua succursale italiana e la controllata BNL) è responsabile del 31,5% delle operazioni di incasso per la vendita di armi autorizzate nel 2010 dal Ministero delle Finanze. In pratica, la banca più “armata” d’Italia del 2010 e già tra le prime negli anni precedenti (sempre secondo i canoni e i dati ufficiali della legge 185/90) è anche il secondo azionista – dietro il Governo – del colosso armiero di casa nostra.