Altre Economie
Farina del nostro sacco
In provincia di Torino l’esperimento per una filiera “corta e completa” che parte dalla semina e arriva al pane. Conduce il Distretto di economia solidale
Silvia la chiama “l’emergenza” del grano, Franco no. Entrambi lavorano i campi, però, e su una cosa sono d’accordo: il grano tenero seminato in autunno dalla Cascina Nuova di Roletto, a Ovest di Torino, entro fine dicembre sarà “emerso” dal terreno.
Ed è così il primo frutto tangibile del progetto “Farina del nostro sacco, per una filiera corta della semina al pane fatto in casa”, promosso dal gruppo di lavoro per un Distretto di economia solidale di Torino e provincia. Dietro questa semina, infatti, c’è un lavoro di un anno e mezzo, e una rete che coinvolge quattro aziende agricole biologiche, cinque gruppi d’acquisto, una comunità famiglia, una banca del tempo e la cooperativa torinese per la finanza etica, Mag4.
Silvia e Franco siedono nel refettorio della Cascina Nuova, una comunità terapeutica residenziale dell’associazione Aliseo, affiliata al gruppo Abele. Franco coordina le attività di reinserimento in stalla e nei campi di persone con problemi di dipendenza dall’alcol. Silvia, invece, lavora nell’azienda agricola di famiglia, “Cascina Gardiol”, a San Secondo di Pinerolo, una decina di chilometri da Roletto. Con loro oggi ci sono alcuni rappresentanti del DestOvest. Sono venuti a “saldare” il 50 per cento del costo di produzione della granella. “È una forma di condivisione dei rischi”, spiega Rosa D’Elia, e con una frase dà un senso all’intero progetto: “Siamo co-produttori: vogliamo evitare che le famiglie vedano il gruppo d’acquisto solidale come un supermercato alternativo”.
Riavvolgiamo il nastro del tempo. Ottobre 2008- febbraio 2009: a Torino si tiene il corso di formazione “Un ponte sul Distretto”, rivolto ad animatori di reti di economia solidale. Alla fine del corso nasce un gruppo di lavoro che riunisce le realtà attive nell’area occidentale della provincia: DestOvest è figlia di
un’operazione di “decentramento”. È economia solidale periferica, in una zona di agricoltura cerealicola intensivae di campi abbandonati perché non più redditizi.
“Per prima cosa abbiamo fatto un brainstorming, individuando l’esigenza più diffusa tra le realtà aderenti al Distretto, la panificazione” raccontano i rappresentanti del DestOvest. A novembre 2009 inizia la ricerca dei produttori: “Relazioni di fiducia possono instaurarsi solo se non allunghiamo la ‘catena’. La certificazione non può riguardare solo il metodo di coltivazione, ci sono anche gli aspetti ‘sociali’, come il lavoro” spiega Rosa D’Elia. L’essenza di questo “capitale di relazioni” è riassunta nel fogliettone A3 che costruisce, e scompone, il “prezzo giusto”, frutto di una difficile elaborazione collettiva. Franco di Cascina Nuova sorride e, senza mezzi termini, dice: “È stato un delirio, perché non è facile sganciarsi da alcune logiche di mercato. È capitato, ad esempio, nel ‘quantificare’ il prezzo del letame. Lo produciamo in azienda, ma l’unico riferimento è il prezzo di mercato della paglia. Non è stato semplice nemmeno calcolare il giusto ricavo, compreso il margine di guadagno”. La lettura del “piano economico” del progetto, che è stato presentato ai Gas ad inizio ottobre 2010, è un’assunzione di responsabilità. Dopo, nessuno potrà più chiedere “alla fine quanto costa un chilo di farina?”. Perché apparirà chiaro che per arrivare a produrre pane serve un anno di lavoro, che è stato riassunto in fasi: aratura, erpicatura, fresatura, rullatura, semina, mietitrebbiatura, distribuzione letame, sarchiatura. C’è poi il costo delle sementi, lo stoccaggio, le analisi, la molitura. Sul prezzo finale (la farina di grano tenero costa da 0,88 euro al chilo -integrale, sacchi da 25 chili- a 1,36 -0, pacchetto da un chilo; il grano saraceno 2,56; il monococco da 2,38 a 2,57) “incide” anche un contributo del 2 per cento che consumatori versano a favore del progetto. Al “fondo” Farina del nostro sacco contribuiscono (1% del prezzo) anche i produttori. Questo primo anno è definito “sperimentale”: 81 famiglie, più l’associazione “Filo d’erba-comunità famiglie” ha prenotato la farina di grano tenero. Una quarantina, invece, hanno partecipato agli ordini di farro e grano saraceno. “Non è stato facile -spiega Rosa Salvano- coinvolgere le famiglie dei Gas.
Convincerle a superare la logica dell’acquisto da un fornitore. All’inizio, poi, non ci sentivamo prese troppo sul serio. Ed è una questione di genere: come vedi, in questo progetto ci sono molte donne”.
Rosa D’Elia sfoglia l’excel e “dà i numeri”: “Per il grano tenero abbiamo ‘prenotato’ la resa di 4 giornate piemontesi di terreno (poco più di un ettaro e mezzo, ndr). Sono circa 40 quintali di granella. L’80 per cento, 2.590 chili di farina 0, 2 o integrale è già venduta. Il resto contiamo di distribuirlo al Gas che sta nascendo nel presidio No Tav di Villarbasse. Per il farro monococco e il grano saraceno, invece, abbiamo ‘prenotato’ delle quantità definite di granella, perché sono cereali meno usati dalle famiglie”.
Silvia, che a Cascina Gardiol coltiva grano saraceno, ha dedicato al progetto una giornata di terreno, 0,38 ettari. Dovrebbero essere sufficienti a coprire la domanda di 147 chili di farina integrale. In attesa della trebbiatura del grano “farina del nostro sacco”, la Cascina Rivaltese -un’altra azienda che fa parte
della rete, che coltiva grano tenero ma si occuperà anche dello stoccaggio- ha messo a “disposizione” il raccolto di quest’anno. Ciò permetterà -spiega Rosa Salvano- “di toccare con mano i problemi: lo stoccaggio, le analisi, il confezionamento”. Claudio Merlo della Cascina dei Conti di Osasco guarda germogliare il farro monococco prenotato per il 2011 e ha intanto messo a disposizione il molino a pietra, cheverrà usato trasformare la granella di cereali in farina. Una filiera corta e completa.
Un “patto” per tredici
Il “Patto di collaborazione per un’economia solidale” del progetto “Farina del nostro sacco” è stato sottoscritto a Rivalta di Torino il 1° ottobre 2010. Ed è valido, in via sperimentale, per 12 mesi. I firmatari sono tredici: c’è il DestOvest; ci sono l’azienda agricola Cascina Rivaltese (già fornitore di alcuni Gas in zona, coltiverà due giornate di grano tenero), la Comunità terapeutica Cascina Nuova, le aziende agricole Cascina dei Conti e Cascina Gardiol. E, ancora, il GasAlpi di Alpignano (8 famiglie), il Gas“Campo aperto” di Rivalta di Torino (formato da 50-60 famiglie), il Gruppo rivaltese acquisti consapevoli (Grac, che coinvolge una decina di famiglie), l’associazione Gasse di Piossasco, il GasQuaMais di Rivoli e Grugliasco (“Questo progetto -spiegano Chiara e Paolo- ci aiuta a porre l’accento sull’aspetto ‘motivazionale’ per cui, 8-9 anni fa, decidemmo di dar vita a un Gas”). Ci sono la Banca del Tempo di Rivalta e l’associazione Filo d’erba della stessa cittadina, che presso la sede della comunità famiglia “ospita” anche un forno collettivo, dove il sabato pomeriggio le famiglie socie si dedicano all’attività di panificazione. C’è, infine, la cooperativa Mag4 (socia di Ae) che aderisce al progetto perché -spiega la presidente Maria Pia Osella- “una mutua autogestione nasce affinché i cittadini possano riappropriarsi della ‘filiera del denaro e del credito’, e guardiamo perciò con interesse alla costruzione di altri tipi di filiera corta e partecipata”. 2.590 i chili di farina di grano prenotati dalle famiglie (ottanta circa) aderenti al progetto