Ambiente / Attualità
La vera emergenza è climatica. Lo dice anche JP Morgan
Gli economisti della banca d’affari “nemica” del clima hanno curato a inizio 2020 un report interno sui cambiamenti climatici e sugli effetti drammatici per il Pianeta. È finito nelle mani del movimento Extinction Rebellion che l’ha reso pubblico
La vera e concreta minaccia per l’umanità è la crisi climatica: la “prova regina” di quanto sia stato strapazzato il Pianeta l’hanno fornita a metà gennaio 2020 gli economisti della banca d’affari JP Morgan.
Partiamo da un dato: dalla firma dell’Accordo di Parigi, fine 2015, JP Morgan ha fornito 75 miliardi di dollari (61 miliardi di sterline) di servizi finanziari alle società più attive nel fracking e nella ricerca di petrolio e gas nell’Artico. Ma gli alti dirigenti della banca d’affari più vicina ai combustibili fossili devono aver compreso che il “global warming” è un problema reale –dovrebbero forse condividere i loro timori con qualche noto editorialista italiano– e per capirne di più hanno commissionato una ricerca a due dei loro migliori economisti, David Mackie e Jessica Murray.
Il rapporto è finito nelle mani di Rupert Read, portavoce di Extinction Rebellion UK e docente di filosofia all’Università dell’East Anglia, che lo ha inoltrato al Guardian. Nell’articolo pubblicato a fine febbraio dal quotidiano inglese si leggono stralci dello studio eloquenti: la crisi climatica avrà un impatto sull’economia mondiale, sulla salute umana, sulle risorse idriche, sulle migrazioni e sulla sopravvivenza di altre specie sulla Terra. “Non possiamo escludere esiti catastrofici per l’umanità”, segnala il documento, risalente al 14 gennaio 2020.
Attingendo alla vasta letteratura accademica e alle previsioni del Fondo monetario internazionale e del Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (IPCC), il rapporto rileva che siamo sulla buona strada per raggiungere i 3,5°C al di sopra dei livelli preindustriali entro la fine del secolo. Si afferma inoltre che la maggior parte delle stime dei probabili costi economici e sanitari sono troppo basse perché non tengono conto della perdita di ricchezza, del tasso di sconto e della possibilità di un aumento delle catastrofi naturali.
Gli autori sostengono poi che i governi devono cambiare direzione perché una politica climatica del tipo “business as usual” “spingerebbe probabilmente la Terra in un luogo che non vediamo da molti milioni di anni”, con risultati che potrebbero essere impossibili da invertire. “Anche se non sono possibili previsioni precise, è chiaro che la Terra si trova su una traiettoria insostenibile” è un altro dei moniti di Mackie e Murray.
La crisi climatica “riflette un fallimento del mercato globale, perché i produttori e i consumatori di emissioni di CO2 non pagano per i danni climatici causati dalle loro attività”. Per invertire questa tendenza, gli autori evidenziano la necessità di una carbon tax globale, ma avvertono che “non accadrà tanto presto” a causa delle preoccupazioni per l’occupazione e la competitività.
Di conseguenza è “probabile che la situazione continuerà a peggiorare, forse più che in qualsiasi scenario dell’IPCC”.
JP Morgan deve ancora fare tanta strada per una completa redenzione, ma è notizia delle ultime ore che almeno ha deciso di porre fine a tutti i prestiti alle aziende estrattive che operano nell’Artico.
Nel frattempo sembra sempre più evidente quanto sia indispensabile una mobilitazione concreta e fattiva di tutti i governi del Pianeta per affrontare la “vera emergenza globale”. Se ce lo dice JP Morgan bisogna per forza crederci.
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