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Ambiente / Attualità

Prove di futuro nella stalla ecologica dove il cemento fa spazio al compost

Per tre anni, la cooperativa “I Tesori della Terra” ha sperimentato una struttura costruita in legno e dove gli animali possono vivere in un ambiente più simile a quello naturale. Dove producono più latte e di qualità migliore

Tratto da Altreconomia 209 — Novembre 2018
L’ecostalla della cooperativa “I tesori della terra” di Cervasca (Cuneo). © Maurizio Bongioanni

Un allevamento di vacche sperimentale, nato per risolvere un’esigenza pratica. Ovvero: come gestire in modo più ecologico la cacca degli animali. Potremmo riassumerla così, con queste poche e semplici parole, l’esperienza dell’ecostalla, un progetto di allevamento eco-sostenibile, realizzato a Cervasca, nelle campagne intorno alla città di Cuneo. Ma risulterebbe una descrizione troppo banale, riduttiva.

Perché l’ecostalla di Cervasca non è solo la prima realtà a usare una denominazione originale, ma è anche la prima a sostituire il “battuto” di cemento su cui le vacche camminano, si coricano, e defecano con un terriccio fatto di compost, generato a partire dalla frazione organica urbana delle case circostanti. Quella che in apparenza sembra una scelta naïf, è in realtà il prodotto di tre anni di sperimentazione, con tanto di misurazioni tecniche. Realizzata dalla cooperativa di agricoltura sociale “I Tesori della Terra”, l’ecostalla si presenta come una struttura in legno -materiale che ha rimpiazzato del tutto il cemento- con coperture trasparenti e una lettiera naturale fatta con il terriccio prodotto dal compostaggio dei rifiuti organici raccolti dal Comune.

Prima dell’ecostalla, “I tesori della terra” produce latte, burro, formaggi e yogurt a certificazione biologica. Una realtà nata nel 1996 dall’unione dell’azienda “Cascina Bianca” di Livio Bima a quella agricola di Dario Manassero, una specializzata nell’allevamento di vacche fin dagli anni ’80 applicando l’aggettivo biologico prima dell’arrivo della certificazione, l’altra produttrice di ortaggi biologici che oggi riforniscono diversi gruppi di acquisto solidale.

Il contesto della cooperativa, inoltre, è molto vario: in una tenuta di sei ettari ci sono gli orti, un maneggio, una fattoria didattica (che può contare su una nutrita presenza di animali da cortile) e un piccolo negozio dei prodotti realizzati in questo contesto. Una realtà, inoltre, votata all’inclusione sociale e all’inserimento lavorativo delle categorie cosiddette “più esposte” tra cui persone con disabilità fisiche e psichiatriche, rifugiati, ex-detenuti. Oggi la società cooperativa dà lavoro a 23 soci e ospita anche numerosi laboratori didattici sempre in tema agricolo.

In questo contesto così vario e interconnesso abbiamo incontrato Livio Bima, colui che ha ideato e seguito fin dai primi passi la realizzazione dell’ecostalla. Mentre si dedica alla mungitura racconta come ha avuto inizio il progetto dell’ecostalla: “L’idea nasce dalla ricerca di una soluzione a un problema: volevamo gestire meglio le deiezioni degli animali. Come succede pressoché in tutti gli allevamenti le vacche stanno su un pavimento di cemento su cui camminano, si coricano e… fanno i loro bisogni. Per evitare infezioni e malattie, la gestione delle feci degli animali richiede molto lavoro. Per questo abbiamo progettato una nuova idea di stalla, dove al posto del pavimento in cemento ci fosse del terriccio, insomma una lettiera più naturale. Questa lettiera è fatta di compost, del terriccio che si crea a partire dalla raccolta differenziata della frazione organica. Grazie alla coltivazione quotidiana della lettiera (tutti i giorni infatti viene rivoltata, ndr) e all’azione controllata dei microbi aerobici, la lettiera rimane al di sotto di un certo livello di umidità. È asciutta e questo fa sì che il terriccio non rimanga attaccato alla pelle degli animali”.

Livio Bima, ideatore del progetto dell’ecostalla © Maurizio Bongioanni

La naturale circolazione dell’aria della stalla e il fatto che la luce solare filtri attraverso la rete posta a mo’ di tetto, sono condizioni che contribuiscono a mantenere il compost a un livello di umidità regolare. Infine, una volta all’anno la lettiera viene sostituita interamente e quella “vecchia” viene usata come fertilizzante naturale che può essere usato direttamente nei campi, senza bisogno di doverlo trattare e senza il problema dello spandimento dei liquami.

Tutto ciò che Livio descrive è stato misurato e parametrato per tre anni, di modo da poter replicare l’esperimento dandogli un riconoscimento scientifico. Prima di avviare la progettazione, infatti, Livio ha eseguito due sopralluoghi in altrettanti allevamenti virtuosi all’estero, il primo ospitato in un kibbutz in Israele e il secondo in Olanda. Tornato in Italia ha coinvolto la facoltà di Veterinaria dell’Università di Torino con la quale si avvia la prima fase della sperimentazione. Viene realizzata la stalla, priva di fondamenta cementizie per permettere in futuro un’agevole riconversione dell’appezzamento di terreno su cui è costruita. La struttura viene inoltre disegnata per far sì che risulti luminosa e arieggiata, questo per mantenere gli animali in condizioni più sane e vicine a quelle naturali sia per illuminazione che per temperatura e umidità dell’aria.

Dopodiché si avvia una fase di confronto tra due gruppi di vacche da 12 capi ciascuno: per uno si continua l’allevamento “tradizionale”, l’altro invece viene ospitato nella stalla di nuova costruzione. La sperimentazione ufficiale parte nel 2014 e tre anni dopo si mettono a confronto le due modalità di allevamento. Le vacche ospitate nell’ecostalla hanno avuto rendimenti migliori rispetto alle “colleghe” dell’altro allevamento. Nell’ecostalla si è prodotto più latte (circa l’8% in più) ma soprattutto di qualità maggiore: il contenuto di proteine è infatti più alto (+9%), conferendo al latte un grado di utilità maggiore in quanto destinato alla produzione di yogurt. Inoltre, gli animali della nuova stalla, con i loro 30 metri quadri a testa di spazio contro gli otto della stalla convenzionale, hanno dimostrato una migliore condizione di salute con una ridotta tendenza ad ammalarsi e un miglioramento dell’indice di fertilità addirittura del 30%. In sintesi, con il modello ecostalla si hanno vacche che si ammalano di meno, vivono più a lungo e, di conseguenza, producono più latte.

“Per evitare infezioni e malattie, la gestione delle feci degli animali richiede molto lavoro. Per questo abbiamo progettato una nuova idea di stalla” – Livio Bima

“Stiamo inseguendo un sogno di economia circolare: una stalla decostruibile perché in legno, senza cemento e con una lettiera di 50 cm di spessore fatta con il compost proveniente dalle nostre case”, riassume Maurizio Bergia, presidente della cooperativa “I tesori della terra”. La lettiera coltivata a compost lo ha convinto ad abbandonare il modello di stalla convenzionale per puntare su quella cemento-free. Da 12 vacche si vuole passare al trasferimento nelle ecostalle di tutte le 120 vacche attualmente allevate. Ma al momento la nuova struttura è temporaneamente ferma e si limita a ospitare le vacche “in asciutta”, quelle prossime al parto che non producono latte. “In realtà non tutto è fermo: stiamo lavorando per dare un futuro a questo progetto. Sulla carta c’è l’ampliamento, per cui prevediamo la realizzazione di quattro nuove strutture ecologiche lunghe 200 metri, più avanzate dal punto di vista tecnologico con portelloni apribili e chiudibili meccanicamente”.

Ma per farlo sono necessari i fondi. “Si potrebbero semplicemente chiedere in prestito alla banca ma noi vorremmo rendere virtuoso anche l’investimento: la scommessa è quella di trovare degli investitori sensibili all’impatto ambientale, che vogliano investire direttamente su un progetto di sostenibilità come il nostro, senza snaturare il prodotto finito”, continua Bergia. Il progetto prevede la produzione di prodotti biologici a marchio “Ecostalla” e la creazione di un comprensorio del biologico che consenta a una ventina di aziende la riconversione al biologico per la fornitura di foraggi alla cooperativa. “Infine vogliamo avviare uno studio di fattibilità per la registrazione di un brevetto e per la replicabilità su scala industriale del modello, in collaborazione con aziende che operano nel settore della bioedilizia. Chissà che questa possa diventare il modello di stalla del futuro… noi crediamo di sì”.

Un futuro che ha già cominciato a realizzarsi: tra marzo e giugno 2018 il progetto ha partecipato al programma di accelerazione di idee “GrandUp” (grandup.org) realizzato dalla Fondazione CRC insieme a diverse associazioni di categoria, rivolto alle imprese a forte impatto sociale della provincia di Cuneo. L’idea della ecostalla è stata selezionata tra 51 progetti accedendo al programma di accelerazione di impresa “Foundamenta#6” presso l’incubatore di imprese “SocialFare” a Torino. Incubazione iniziata a settembre, della durata di quattro mesi fra incontri e formazione  con l’obiettivo di preparare gli ideatori dell’ecostalla a incontrare diversi investitori.

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