Ambiente / Opinioni
Crisi climatica: piantare nuovi alberi aiuta ma non basta
Chi sogna una mitigazione indolore per i combustibili fossili sostiene che nuove foreste “risolverebbero” il problema. Non è così. La rubrica a cura del prof. Stefano Caserini, Climalteranti.it
“Salva il clima! Pianta un albero!”. Quante volte abbiamo sentito questo appello? Per lungo tempo si è associata l’azione per il clima al piantare alberi o proteggere le foreste. C’è un fondo di verità perché quando un albero cresce assorbe CO2 dall’atmosfera grazie al naturale meccanismo della fotosintesi clorofilliana. E una delle cause dell’aumento della CO2 in atmosfera è la perdita di carbonio dalle foreste e dai suoli, a causa della deforestazione e dell’agricoltura intensiva.
Le foreste (e i suoli) sono quindi una possibilità già disponibile per combattere il riscaldamento globale; il loro potenziale è però limitato e non deve essere sopravvalutato. Molte aree un tempo forestate sono oggi utilizzate per le città, per le strade o per i terreni agricoli necessari per sfamare sette miliardi e mezzo di persone. Un intervento di forestazione su larga scala può permettere di riparare il danno, ossia di riassorbire il carbonio liberato in qualche millennio di deforestazione, e favorisce la protezione dei suoli e della biodiversità, quindi è sicuramente auspicabile; ma l’aumento della CO2 in atmosfera è dato dal carbonio fossile, scaricato in atmosfera a causa dell’utilizzo di carbone, petrolio e gas: un carbonio che le foreste del Pianeta potranno assorbire solo in parte. Un primo problema per una piantumazione di alberi su vasta scala è che alcuni studi hanno mostrato che ampliare le foreste, soprattutto alle alte latitudini, ossia lontano dall’equatore, può avere ha un effetto controproducente per le temperature. Il motivo è che cambia l’albedo, ossia la riflettività della superficie terrestre. Senza la foresta, d’inverno il manto nevoso bianco rimane più a lungo, se c’è una foresta scompare prima e lascia spazio ad un colore più scuro, che riflette meno radiazione solare quindi trattiene più calore al suolo e nell’atmosfera.
1.600 milioni: gli ettari di nuove foreste che secondo alcuni studi potrebbero essere creati per contrastare il riscaldamento globale. Ma il ruolo degli alberi è spesso esagerato
Un secondo problema è legato alle conseguenze che il riscaldamento globale potrà avere sugli alberi: molti sono gli incendi disastrosi che hanno caratterizzato il 2019, dalla Siberia all’Amazzonia, dalla California all’Australia. Nel continente australiano c’è stata una vera e propria catastrofe, con “megaincendi” prolungati per settimane e con danni ingenti per la popolazione (vittime e feriti, intossicazioni urbane da fumo e ceneri), e impatti ecologici impressionanti. Se una foresta brucia, parte del carbonio degli alberi diventa CO2 e ne aumenta il livello nell’atmosfera, vanificando l’accumulo avvenuto in molti anni. Negli ultimi mesi c’è stato un acceso dibattito scientifico su quanto carbonio potremmo sequestrare piantando alberi in tutto il mondo, dove i terreni non sono già destinati all’agricoltura o alle città. C’è chi ha proposto numeri enormi, come 1.600 milioni di ettari di nuove foreste, oltre mille miliardi di alberi. Questi studi hanno avuto anche un grande impatto mediatico, anche perché sono stati sostenuti da dichiarazioni avventate secondo cui piantare alberi sarebbe in grado di “risolvere” il problema del cambiamento climatico. Un sogno che piace a coloro che sognano una mitigazione del clima indolore. Purtroppo è troppo bello per esser vero. Piantare grandi quantità di alberi in tutto il mondo è una delle cose da fare per affrontare la crisi climatica, in particolare con foreste il più vicino possibile allo stato naturale, così da raccogliere ulteriori benefici delle foreste per il clima locale, la biodiversità, il ciclo dell’acqua. Ma senza farci illusioni che così potremo evitare di abbandonare i combustibili fossili. Al contrario, il loro uso deve finire presto proprio perché vogliamo salvaguardare le foreste nel mondo.
Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2019)
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