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Cresce il potenziale del cicloturismo ma i fondi per le ciclovie sono a rischio
Un sondaggio condotto da Fiab tra gli amanti dei viaggi in bicicletta evidenzia diversi segnali di un fenomeno con forti margini di crescita, anche grazie alla diffusione delle e-bike. Ma sul comparto pende l’incognita del taglio di 400 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza per gli itinerari ciclabili. L’appello delle Regioni
Conoscere i cicloturisti italiani e le opinioni di chi compie viaggi in bicicletta (abitualmente oppure occasionalmente) per costruire un’offerta cicloturistica di qualità e sostenibile, garantendo ai viaggiatori su ruote la possibilità di pedalare in sicurezza. Con questi obiettivi in mente, la Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab) ha realizzato la seconda edizione dell’indagine nazionale “Che cicloturista sei?” condotta su un campione di 2.500 persone.
“Dopo la prima indagine realizzata nel 2020, anche in questa seconda survey sono emersi chiari segnali di un fenomeno con un forte potenziale in crescita”, ha commentato Elena Maggi, professoressa di Economia applicata presso il dipartimento dell’Università dell’Insubria, che ha collaborato allo studio. Il primo e più evidente elemento di questo potenziale è dato dalla quota dei cicloturisti che utilizzano biciclette a pedalata assistita. “Mediamente le usa il 31% del nostro campione -spiega ad Altreconomia Antonio Dalla Venezia-. Ma se andiamo a osservare più da vicino quelli che abbiamo definito ‘cicloturisti occasionali’ scopriamo che il 22% non aveva mai praticato questa forma di turismo prima di acquistare una bicicletta a pedalata assistita. Tra gli ‘abituali’, invece, la percentuale scende al 12%”.
In altre parole: l’utilizzo di questi mezzi ha permesso l’avvicinamento al cicloturismo a chi non lo aveva mai praticato prima. L’uso delle e-bikes, inoltre, permette di superare maggiori dislivelli, di affrontare viaggi più lunghi o di portare a termine più cicloviaggi in una sola stagione. “Inoltre, si è alzata l’età di chi si mette in viaggio -aggiunge Dalla Venezia-. Si stima che le e-bikes abbiano allungato di dieci anni la ‘vita media’ di un cicloturista”.
L’indagine condotta da Fiab prende in considerazione le informazioni di quel 70% del campione che, durante i propri viaggi in bicicletta, trascorre spesso almeno una notte fuori casa. Le mete preferite si trovano in Italia e le Regioni più gettonate sono quelle del Nord (Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, ma anche Toscana).
Se la primavera e l’estate restano le stagioni preferite per mettersi in viaggio una quota non irrilevante di cicloturisti “abituali” (ovvero coloro che trascorrono spesso almeno una notte fuori casa) pedalano frequentemente anche fuori stagione: il 51% si mette in viaggio in autunno e il 19% in inverno. “Un’ulteriore conferma di un messaggio che, come Fiab, ripetiamo spesso: il cicloturismo può rappresentare un volano importante per de-stagionalizzare l’offerta turistica”, sottolinea Dalla Venezia.
In termini di scelte di alloggio e di servizi connessi alle strutture ricettive, i cicloturisti “occasionali” risultano decisamente più esigenti degli ‘abituali’. Seppure siano un elemento comune la scelta elettiva di B&B (per circa il 70%) e la presenza di ricoveri notturni sicuri per la bicicletta (più del 90%), in particolare per i cicloturisti ‘occasionali’ assumono crescente rilevanza la possibilità di avere pasti energetici e adatti a una vacanza attiva (77%), di poter lavare l’abbigliamento (59%), nonché l’opportunità di avere a disposizione mappe (68%), noleggiare le biciclette (41%) e poter fare escursioni guidate (43%). In tema di organizzazione della vacanza, mentre il 92% dei cicloturisti “abituali” si muove prevalentemente in autonomia, fra quelli “occasionali” appare ancora significativo l’appoggio per il 28% ad associazioni ciclo-ambientaliste (come Fiab) o tour operator (9%).
Indagando invece la combinazione della bicicletta con altri mezzi di trasporto è emerso che i cicloturisti “abituali” raggiungono le destinazioni utilizzando prevalentemente il treno (71%), che viene usato frequentemente anche per spostarsi tra diverse località della vacanza, ad esempio per superare dislivelli importanti. “Rispetto a qualche anno fa, Trenitalia ha aumentato la disponibilità del trasporto ferroviario dedicato alle biciclette e diverse Regioni hanno inserito nuovo materiale rotabile più confortevole per le tratte in cui la presenza di cicloviaggiatori è più elevata -continua Dalla Venezia-. È il caso, ad esempio, della tratta che collega Bologna al Brennero: per tutta l’estate sono stati aggiunti ai treni regionali vagoni ad hoc per il trasporto bici, per un totale di 900 posti al giorno. Le Regioni interessate hanno già annunciato che nel 2024 questo servizio verrà attivato da aprile a ottobre. Anche sul Venezia-Trieste ci sono buoni collegamenti per chi viaggia in bicicletta e lo stesso vale per la costa adriatica, tra Marche e Abruzzo. E abbiamo potuto osservare come il miglioramento dell’offerta nel trasporto ferroviario ha fatto aumentare la domanda”.
L’indagine contiene anche una sezione dedicata alla percezione che hanno i cicloturisti rispetto al tema della sicurezza stradale: “Un aspetto che preoccupa da sempre chi usa la bici come mezzo di trasporto all’interno delle aree urbane ma, ci siamo chiesti, quanto in grado di determinare la scelta delle destinazioni per le vacanze in bicicletta”, dichiara Angelo Fedi, responsabile dell’area Cicloturismo di Fiab.
I dati raccolti confermano queste preoccupazioni, sia quando si attraversano aree urbane sia fuori dai centri abitati. La principale fonte di preoccupazione è legata alla convivenza sulle strade con i veicoli motorizzati, tanto che spesso, muovendosi in bici, risulta difficile “evitare” situazioni potenzialmente pericolose. Sono però i cicloturisti ‘occasionali’ che soffrono maggiormente della scarsa sicurezza stradale, percezione che influenza negativamente le intenzioni di fare cicloturismo (3,5 su una scala 1-5) a tal punto che sono questi i più propensi a rinunciare alla vacanza indirizzando altrove la loro scelta. “Ecco quindi -conclude Fedi- che diventa fondamentale per le amministrazioni pubbliche di tutti i livelli, a partire dal governo centrale, mantenere e aumentare gli investimenti economici destinati alle ciclovie, in primis quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, per sostenere la crescita del comparto economico legato al cicloturismo”.
Purtroppo, da questo punto di vista, le notizie non sono buone. Nel corso del mese di agosto, infatti, il Governo aveva annunciato il taglio del 400 milioni di euro previsti dal Pnrr per il finanziamento delle ciclovie turistiche. Di fronte al rischio concreto che possano essere cancellate importanti infrastrutture, il 19 ottobre la Conferenza delle Regioni -che già aveva protestato contro la cancellazione di questi fondi- ha approvato un ordine del giorno per chiedere all’esecutivo di mantenere il finanziamento della misura con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, di consentire una proroga di un anno per quelle Regioni che non fossero nelle condizioni di rispettare la scadenza del 31 dicembre 2023 per aggiudicare i lavori. Oltre a chiedere la garanzia di “forme alternative di copertura finanziaria” con risorse di competenza nazionale alle spese sinora sostenute dalle Regioni.
Anche Fiab, per bocca del suo presidente Alessandro Tursi, ha espresso forte preoccupazione e ha lanciato un appello al governo perché ascolti quanto all’unanimità Regioni e Province Autonome, a prescindere dal colore politico, stanno chiedendo: “La loro richiesta è ragionevole e punta a scongiurare una decisione che sarebbe dannosa per il Paese, sia per gli obiettivi di sostenibilità sia per tutti i benefici che potrebbero portare l’Italia a diventare una delle principali mete del turismo attivo -commenta Tursi-. Se invece dovesse essere confermato il definanziamento delle ciclovie, si aggiungerebbe un’altra grave macchia a quanto fatto l’anno scorso con il taglio dei 90 milioni alle ciclabili urbane. Senza contare la modifica del codice della strada, che mira a scoraggiare pesantemente la mobilità attiva e quindi le utenze vulnerabili che, al contrario, andrebbero incentivate e protette”.
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