Ambiente / Attualità
Così le compagnie aeree hanno tentato di indebolire e ritardare le politiche di decarbonizzazione
I colossi del settore hanno fatto pressione sulle istituzioni dell’Ue per ostacolare le politiche del Green Deal dopo essere stati salvati durante la pandemia grazie a fondi pubblici. Le prime 10 compagnie aeree in Europa sono hanno ricevuto aiuti per 30 miliardi di euro. La denuncia del think tank indipendente InfluenceMap
Durante la pandemia le prime dieci compagnie aeree in Europa sono state salvate dai governi grazie a sussidi per 30 miliardi di euro, senza alcuna condizione, ma l’intero settore sta facendo pressione sulle istituzioni dell’Ue per ostacolare le politiche del Green Deal. È la denuncia contenuta in un report pubblicato a giugno 2021 dal think tank indipendente InfluenceMap, organizzazione che dal 2015 studia l’influenza esercitata dalle multinazionali sulle politiche climatiche dei governi.
La ricerca ha analizzato l’attività di lobbying condotta delle prime dieci compagnie aeree europee per emissioni di anidride carbonica, i più importanti produttori di aerei a livello globale (Airbus e Boeing) e le due maggiori associazioni di categoria (Airline 4 Europe e International Air Transport Association), calcolando una spesa complessiva di 6,75 milioni di euro annui diretti a ritardare qualsiasi avanzamento delle normative “climatiche” dell’Unione europea. “Ciò che è più sorprendente dei risultati delle nostre analisi è che l’intero settore sia unito in una strenua opposizione alle politiche climatiche”, spiega ad Altreconomia Ben Youriev, analista e autore del report di InfluenceMap.
Dal 1990 le emissioni dell’Unione sono diminuite del 25%, mentre quelle generate dal settore aereo sono più che raddoppiate. Le compagnie più inquinanti sono Air France KLM e International Airlines Group (nata dalla fusione tra British Airway e Iberia): nel 2019 emettevano ognuna oltre 24 milioni di tonnellate di CO₂, quanto l’intero Sri Lanka. Subito dopo figurano Lufthansa (19 MtCO₂), e RyanAir (12 MtCO₂) che, insieme alle prime due, sono le aziende che esercitano maggiore pressione sulle istituzioni europee. L’analisi mostra infatti che al crescere del livello di emissioni di CO₂ di una compagnia aerea aumenta contestualmente il suo impegno di lobbying contro le politiche ambientali dell’Unione europea. Inoltre, le quattro compagnie più inquinanti sono anche quelle che hanno ricevuto i più rilevanti contributi pubblici durante la crisi del Covid-19. Tra questi, 11,4 miliardi di euro sono finiti ad Air France e nove a Lufthansa.
Le altre sei società analizzate -easyJet, Virgin Atlantic, Scandinavian Airlines (SAS), TAP Air Portugal, Norwegian Air Shuttle ASA e WizzAir- sono meno impegnate nell’azione di lobbying, ma fanno tutte parte (eccetto WizzAir) almeno di un’associazione di settore (Airline 4 Europe o International Air Transport Association) o di Airline Coordination Platform, realtà attive nell’azione di pressione finalizzata a ritardare le politiche climatiche e tutelare gli interessi delle imprese fossili.
Per valutare ogni compagnia “abbiamo analizzato dichiarazioni ai media, report di sostenibilità, risposte alle consultazioni europee, comunicati stampa, comunicazioni sui social media e dichiarazioni dirette degli amministratori delegati”, continua Youriev. L’azione di condizionamento dell’industria si concentra sulle quattro politiche finalizzate alla decarbonizzazione del settore, che a luglio 2021 dovranno essere discusse in Commissione europea nell’ambito del Green Deal: il mandato sui carburanti aerei sostenibili (SAFs) -attraverso il quale l’Ue imporrebbe l’utilizzo di una percentuale minima di biocarburanti ed elettrocarburanti sui consumi totali- la tassa europea sul carburante, la maggior inclusione del settore nell’Emission Trading Scheme (Ets) -il mercato europeo della CO₂- e le tasse nazionali sui biglietti. Come riporta InfluenceMap, oggi solo lo 0,05% dei carburanti aerei usati è sostenibile e il mercato delle quote di emissione europeo esclude tutti i voli che oltrepassano il confine dell’Ue. Inoltre, solo sei Stati membri -tra i quali l’Italia- applicano tasse sui biglietti mentre, a differenza di qualsiasi altro settore di trasporto, il principale carburante aereo è esentasse.
Tramite oltre 20 richieste di accesso agli atti inoltrate a istituzioni europee, InfluenceMap ha ottenuto diversi documenti riservati, che dimostrano una chiara azione di pressione e condizionamento delle principali compagnie aeree, in particolare Air France e Lufthansa. Si tratta di esplicite richieste ai decisori politici europei, tra i quali il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans, finalizzate a impedire l’avanzamento delle quattro principali politiche citate.
InfluenceMap individua poi tre strategie impiegate dal settore per ostacolare i progressi sulla normativa ambientale europea. La prima, spiega Youriev, è “supportare i target climatici al 2050, opponendosi invece alle misure nel breve termine per ridurre concretamente le emissioni”.
Nella seconda strategia è centrale il ruolo di CORSIA, il programma internazionale di compensazione delle emissioni ideato dall’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile. La stessa Commissione europea ha affermato in una sua ricerca che “è improbabile che CORSIA possa modificare l’impatto diretto dei viaggi aerei”. Come ricorda Youriev, “si tratta di un sistema che prevede l’acquisto di crediti di compensazione per le emissioni in eccesso e che quindi non è in grado di garantire nessuna reale riduzione delle emissioni”. Ebbene, l’industria aerea, soprattutto attraverso le due associazioni di settore Airline 4 Europe e International Air Transport Association, spinge perché CORSIA sia l’unica politica di regolamentazione, cercando di ostacolare una maggiore inclusione nel mercato europeo di scambio di emissioni. Secondo l’ente di ricerca indipendente Climate Action Tracker, se il settore aereo fosse regolamentato solo da CORSIA le emissioni aumenterebbero del 220-290% entro il 2050.
InfluenceMap sostiene che le compagnie aeree abbiano usato la crisi del Covid-19 come vera e propria strategia per indebolire le politiche climatiche, richiedendo il prolungamento delle quote di emissione gratuite dell’Ets, la sospensione dei nuovi progetti di tassazione e, addirittura, ulteriori sussidi europei per l’acquisto di nuovi aerei. Tutto questo nonostante abbiano ricevuto dagli Stati aiuti per 30 miliardi euro senza che gli venisse imposto alcun requisito ambientale.
Il rapporto analizza inoltre le strategie di comunicazione delle compagnie aeree, paragonate a quelle utilizzate dall’industria dei combustibili fossili. Sono comuni le pratiche di greenwashing, dall’utilizzo di espressioni fuorvianti per attirare i clienti come “voli green”, fino ad arrivare alla disinformazione più esplicita, come nel caso di RyanAir, che si autodefinisce “la compagnia più verde d’Europa”, figurando invece tra i dieci maggiori emettitori di CO₂ nel mercato europeo delle quote, preceduta solo da centrali a carbone. Un’altra tattica usata dal settore, come afferma Youriev, “è spostare il costo della responsabilità ambientale dalla compagnia al cliente”, spingendolo a compensare le emissioni del proprio viaggio pagando un prezzo maggiorato.
Infine, le compagnie presentano il viaggio aereo come un “bene sociale”, la cui tassazione viene considerata, come espresso dall’amministratore delegato di RyanAir Michael O’Leary a marzo 2021, “una misura regressiva che colpisce i più poveri”. Le ricerche accademiche mostrano però che i viaggiatori in aereo più frequenti appartengono alla parte più abbiente della popolazione. Secondo uno studio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’1% della popolazione mondiale più ricco è responsabile del 50% del totale delle emissioni di gas a effetto serra provocate dal trasporto aereo.
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