Economia / Attualità
Google e le tasse. Le imprecisioni del Corriere della Sera
Secondo il quotidiano, la succursale italiana del colosso avrebbe realizzato i propri ricavi grazie ai versamenti dei piccoli inserzionisti. Ma non è così. Nemmeno un euro è arrivato dall’Italia, bensì dall’Irlanda, sotto forma di commissioni. È il “meccanismo” fiscale che impoverisce gli Stati
“La verità sulle tasse di Facebook e Google”, si legge sulla prima pagina del Corriere della Sera di oggi -28 settembre-, a richiamo dell’articolo di Milena Gabanelli. È positivo che un autorevole quotidiano dedichi attenzione a un tema che i lettori di Altreconomia conoscono bene. Il nostro ultimo pezzo risale a un mese fa: “Google e Facebook usano ancora l’Irlanda per pagare meno tasse in Italia”.
Nella “verità” del “Corriere”, però, ci sono delle significative imprecisioni che è bene segnalare. Non per polemica ma per rispetto dei fatti e dei lettori.
Gabanelli si chiede: “Sul 2016 quanto dichiarerà Google?”. “L’ultimo dato disponibile riportato da fonti aperte” risalirebbe secondo l’autrice al 2015. Ma non è così. La fonte è una sola, in questi casi: e cioè la Camera di Commercio di Milano, dove è tenuta a depositare il bilancio la Google Italy Srl, succursale italiana del colosso. E il bilancio 2016 c’è, esattamente da un mese, come abbiamo raccontato nell’articolo citato. Ricavi per 152 milioni di euro (qui i dettagli).
Ma c’è una svista clamorosa. Stando al “Corriere”, i 65 milioni di euro di ricavi dichiarati due anni fa dalla Srl in Italia sarebbero stati il frutto dei pagamenti “con carta di credito” dei “piccoli inserzionisti” del nostro Paese.
È semplicemente falso. Bastava leggere con attenzione proprio quel bilancio a cui si fa riferimento: “I ricavi sono relativi all’attività tipica della Società e sono stati conseguiti esclusivamente nei confronti di altre società del Gruppo cui Google appartiene”. Google Ireland Limited e Google Inc.. E quelle società domiciliate in Irlanda (e in minima parte negli USA) riconoscono poi alla Srl italiana briciole sotto forma di commissioni per il marketing. È questo il cuore dell’intera vicenda “tasse” e del “meccanismo irlandese” che impoverisce gli Stati. L’inserzionista acquista servizi dalla “casa madre” irlandese -che a Dublino paga un’aliquota molto bassa-, la quale a sua volta paga attività di marketing condotte nel nostro Paese dalla filiale italiana, generandole ricavi di gran lunga inferiori al “giro d’affari” reale.
Ed è il motivo per cui non un euro dei ricavi 2015 della Google Italy Srl è arrivato dall’Italia o dai presunti “piccoli inserzionisti”: 63.179.816 euro dall’Irlanda e 2.475.730 euro dagli Stati Uniti. Quindi quei “piccoli inserzionisti” versano eccome a Dublino. L’hanno fatto nel 2015 e, bilancio 2016 sotto mano, continuano a farlo oggi. Il meccanismo irlandese regna ancora, purtroppo. Sviste permettendo.
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