Interni / Approfondimento
Il contributo dell’immigrazione. Tra lavoro, futuro e solidarietà
La previdenza sociale beneficia del supporto degli immigrati, così come l’occupazione. E la realtà smonta i pregiudizi. Ecco il racconto di due protagonisti: un imprenditore e il primo avvocato africano iscritto all’Ordine di Milano
Viene dal Burkina Faso, anche se da due anni è cittadino italiano, e ha risollevato un’azienda emiliana che stava per chiudere. Si chiama Madi Sakandé ed è residente a Crevalcore, in provincia di Bologna, dove nel 2011, insieme ad altri soci, ha rilevato una storica azienda locale del settore della refrigerazione. Si chiama New Cold System (www.newcoldsystem.it), ha nove dipendenti, un giro d’affari complessivo di due milioni di euro e opera anche in Paesi europei ed extra europei.
Secondo l’Istat, nel periodo 2011-2065, la dinamica naturale (nascite e decessi) in Italia sarà negativa per 11,5 milioni. Quella migratoria sarà positiva per 12 milioni
Quello di Sakandé non è un caso isolato: nel 2015 sono stati registrati 656mila imprenditori immigrati e 550mila imprese a conduzione straniera (il 9,1% del totale). Negli ultimi anni (tra 2011 e 2015), mentre le imprese condotte da italiani sono diminuite (-2,6%), quelle condotte da immigrati hanno registrato un incremento significativo del 21,3%. Queste aziende contribuiscono, con 96 miliardi di euro, alla creazione del 6,7% del Valore aggiunto nazionale. Lo rivela la sesta edizione del Rapporto annuale “L’impatto fiscale dell’immigrazione”, pubblicata dalla Fondazione Leone Moressa lo scorso 11 ottobre con il contributo della CGIA di Mestre e con il patrocinio dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni e del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
Secondo lo studio, gli stranieri che lavorano in Italia producono 127 miliardi di euro di ricchezza, paragonabile al fatturato del gruppo Fiat, o al Valore aggiunto prodotto dall’industria automobilistica tedesca. Di contro, la spesa destinata agli immigrati è pari al 2% di quella pubblica italiana (15 miliardi: molto meno, ad esempio, dei 270 miliardi per le pensioni). Sulla base dei risultati, la Fondazione Leone Moressa evidenzia che “per mantenere i benefici attuali anche nel lungo periodo, sarà necessario aumentare la produttività degli stranieri, non relegandoli a basse professioni”. A puntare in alto è senz’altro Madi Sakandé: “Stiamo lavorando a nuovi progetti -racconta ad Ae-, precisamente a impianti che impieghino energia fotovoltaica o sistemi a basso consumo, affinché la New Cold System si espanda anche in Africa, dove la refrigerazione è essenziale per evitare lo spreco di cibo e per provvedere alla conservazione di medicinali. Il continente africano in realtà produce cibo, ma non riuscendo spesso a far ricorso a impianti che garantiscano il ciclo del freddo, i contadini sono costretti frequentemente a buttare i prodotti che non vendono nell’arco della giornata”.
“Lo stesso problema si presenta per la conservazione delle medicine”, continua Sakandé, arrivato in Italia nel 1997, a 25 anni, dal Burkina Faso, dove lavorava nell’azienda familiare di import-export nel settore degli elettrodomestici. “Sono arrivato in Belgio, dove avevo un conoscente -prosegue- con un visto turistico. Poi ho raggiunto il Sud Italia, dove ho lavorato in diversi settori, incluso quello dei campi agricoli. Un lavoro duro, che, con altre realtà, infrange quella visione della vita in Europa come una ‘telenovela’ che molti africani hanno. Per noi arrivare qui e confrontarsi con un mondo individualista, ben lontano dallo spirito di ospitalità africana, la difficoltà a trovare lavoro e casa, provoca un shock, che porta talvolta a cadere in alcolismo, droga o criminalità. Anche per me è stato difficile, ma ho investito nell’apprendimento della lingua italiana, in competenze tecniche legate al mio settore, quello della refrigerazione, anche se all’inizio facevo il magazziniere”. “Ho avuto la fortuna di essere regolarizzato velocemente e questo mi ha permesso di seguire canali di studio, che mi sono autofinanziato”, riflette Sakandé, premiato lo scorso giugno come imprenditore stranierio dell’anno dal Premio MoneyGram. L’ha dedicato ai suoi due figli: “Non devono soffrire quel trauma di rifiuto che tanti immigrati provano, devono crescere senza paura, con la voglia di costruire un futuro comune con il Paese dove sono nati, l’Italia”.
Non è soltanto l’imprenditoria straniera a portare benefici. Uno dei principali è rappresentato dai contributi pensionistici versati dagli stranieri occupati, che nel 2014 hanno raggiunto quota 10,9 miliardi di euro. Ripartendo il volume complessivo per i redditi da pensioni medi, la Fondazione Leone Moressa calcola che i contributi dei lavoratori stranieri equivalgono a 640mila pensioni italiane. A questo va aggiunto il gettito Irpef complessivo pagato dai contribuenti stranieri (l’8,7% del totale), pari a 6,8 miliardi di euro.
Anche i dati del XXV Rapporto sull’immigrazione del 2015 curato da Caritas e Fondazione Migrantes attestano il contributo della componente straniera alle casse pubbliche. Senza gli immigrati, mediamente più giovani degli italiani e più inclini a far figli, il Paese avrebbe 2,6 milioni di giovani sotto i 34 in meno.
Abdoulaye Mbodj ha 31 anni. È il primo africano iscritto all’Ordine degli avvocati di Milano, dove lavora nello Studio Teti, che si occupa prevalentemente di reati societari e responsabilità per reato degli enti. Dal 2012, Mbodj si adopera anche per realizzare progetti a sostegno della cooperazione allo sviluppo nel suo Paese d’origine, il Senegal, attraverso l’associazione che ha fondato: l“Associazione Amici di Babacar Mbaye e Awa Fall Onlus” (A.A.B.A., www.aabaonlus.org), dedicata alla memoria dei suoi nonni materni. Destinatari delle attività della Onlus sono l’ospedale, una scuola elementare e il Comune della città senegalese di provenienza dei genitori di Mbodj, Guediawaye Samh-Notaire. “Attività rese possibili attraverso il sostegno offerto a A.A.B.A. da un gruppo di amici, il Rotaract Terre Cremasche di Crema, la Parrocchia San Giovanni Bosco di Codogno e l’Ospedale Maggiore di Crema, che da quattro anni fornisce regolarmente materiale medico all’Ospedale di Guediawaye Samh-Notaire”, spiega Mbodj, nato a Dakar e trasferitosi vicino a Lodi nel 1991, dove ha raggiunto i suoi genitori. “I nostri aiuti non sono ‘pacchi regalo’ -tiene però a precisare l’avvocato-, si tratta di progetti ‘pedagogici’, di cui ne è un esempio il training di formazione fatto da due infermiere senegalesi il mese scorso presso l’ospedale di Crema, dove hanno potuto rafforzare le proprie competenze”.
“Mio padre era un venditore ambulante in Piazza Castello a Milano. La sua forza è stata nel suo amore per la famiglia, nella fede e nel suo rigore” (Abdoulaye Mbodj)
“In Senegal siamo partiti dalla consapevolezza delle carenze della realtà del Paese: a Guediawaye Samh-Notaire era necessario intervenire nella sanità, nella pubblica amministrazione e nel settore scolastico”. Mbodj racconta l’esperienza e l’esempio di suo padre: “Era un venditore ambulante in Piazza Castello a Milano, e se fosse caduto nell’illegalità, ora sarebbe in carcere e io non sarei qui a fare ciò che faccio. La sua forza è stata nel suo amore per la famiglia, nella fede e nel suo rigore”.
Sul fronte dell’integrazione degli stranieri in Italia -esattamente 5.014.437, che rappresentano l’8,2% della popolazione italiana oggi composta da 198 diverse nazionalità (dati Caritas Migrantes)-, Mbodj auspica l’approvazione entro la fine dell’anno della nuova legge sulla cittadinanza agli immigrati, “È un fatto di civiltà”. “Gli stranieri in Italia devono puntare in alto, impegnarsi, mirare a diventare primari cardiologi o direttori di aziende pubbliche”, conclude l’avvocato. Cita una frase del cardinale Carlo Maria Martini: “Chi è orfano nella casa dei diritti, difficilmente sarà figlio della casa dei doveri”. I doveri devono essere accompagnati dai diritti”.
Di fronte al carattere “strutturale”, e da tempo non più “emergenziale”, delle migrazioni in atto, sono necessari nuovi diritti e nuove forme di cooperazione allo sviluppo “a doppio senso”, in grado di responsabilizzare governi, enti e individui. Va in questa direzione il progetto che punta sul ruolo attivo delle diaspore straniere presenti in Italia, sostenuto dal Centro italiano per la Pace in Medio Oriente (Cipmo, www.cipmo.org) e dal deputato della commissione Esteri Khalid Chaouki.
“Le diaspore immigrate che vivono nel nostro territorio -spiega Janiki Cingoli, direttore del Cipmo- possono creare canali di cooperazione tra gli imprenditori e facilitare la nascita di investimenti e start-up di ritorno verso i Paesi d’origine, anche presentandosi come ambiasciatori culturali e del Made in Italy all’estero”.
Una funzione produttiva è rappresentata anche dalle agenzie specializzate come MoneyGram, che gestiscono i flussi delle rimesse degli immigrati, spesso criticate perché non sembra possibile avere dei guadagni dal trasferimento di denaro all’estero. Oggi l’Europa conta una popolazione di migranti che supera le 50 milioni di unità e, negli ultimi 15 anni, i flussi di denaro sono in costante aumento. Rappresentano un elemento chiave per gli aiuti nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Lo confermano i dati della Banca Mondiale, analizzati nel report “Sending money home: European flows and markets”: i flussi, oltre che costituire un’ancora di salvezza per milioni di singole famiglie, producono a livello locale un forte impatto sullo sviluppo di interi villaggi, e di conseguenza favoriscono la crescita, con la possibilità sempre più alta di una “migrazione circolare”, e l’eventuale ritorno permanente in patria dei migranti.
Secondo i dati dell’Istat relativi al 2013 e pubblicati quest’anno, l’Italia è il secondo Paese europeo per le rimesse degli immigrati inviate nei rispettivi Paesi d’origine, ed è il quinto per quelle ricevute dagli italiani residenti all’estero. Si tratta di 6,7 miliardi di euro di flussi di denaro in uscita dall’Italia e di 2 miliardi in entrata, con un saldo negativo che è il secondo maggior deficit tra i Paesi europei (dati Eurostat). La Grecia è invece lo Stato Ue con il più alto flusso di denaro ricevuto da paesi extracomunitari (76%), seguita dalla Gran Bretagna (75%) e dalla Francia (74%). Nel complesso, a livello europeo, le rimesse inviate verso Paesi terzi nel 2013 sono ammontate a 28,3 miliardi di euro, in calo costante rispetto agli anni precedenti (30,1 nel 2012, 30,2 nel 2011 e 29 nel 2010). Così come il deficit europeo tra rimesse inviate e ricevute, che è sceso a 18 miliardi di euro.
© riproduzione riservata