Contaminati dall’era transgenica – Ae 42
Numero 42, settembre 2003Quest'estate in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli sono stati scoperti campi di mais ogm. Ma allora che cosa ci arriva nel piatto e quali sono le regole per aziende e agricoltori? E bastano?Gli ogm in Europa ci sono…
Numero 42, settembre 2003
Quest'estate in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli sono stati scoperti campi di mais ogm. Ma allora che cosa ci arriva nel piatto e quali sono le regole per aziende e agricoltori? E bastano?
Gli ogm in Europa ci sono e non si fanno vedere. Ma il panorama europeo cambierà a breve: l'era transgenica è pronta per uscire allo scoperto, anche nel Vecchio Continente. L'ultima estate, assieme al caldo, ha portato anche nuovi regolamenti su etichettatura e tracciabilità per i cibi contenenti ogm (organismi geneticamente modificati) e le linee guida sulla coesistenza tra colture “modificate” e tradizionali.
Finora in sede europea ha prevalso una legislazione barricata sulla linea della precauzione, sotto l'assedio degli Stati Uniti, aperti sostenitori degli ogm e patria, guarda caso, di alcune delle maggiori multinazionali del settore. Oggi in Europa, per lo meno sulla carta, è possibile importare e coltivare a scopi commerciali 18 tipi di ogm (tra cui mais, soia e colza) autorizzati tra il 1996 e il 1998, anno in cui è scattata la cosiddetta “moratoria de facto” contro nuove autorizzazioni, fino all'approvazione di leggi su etichettatura e tracciabilità. Il blocco è stato deciso da membri dell'Unione Europea che sugli ogm si sono dimostrati più cauti (Francia, Italia, Grecia, Lussemburgo e, in seguito, Austria e Belgio) e che hanno scatenato le ire degli Usa, ricorsi, per questo, al Wto. Situazione arroventata anche dalla decisione dell'Ue di fissare un limite dell'1% oltre il quale diventa obbligatorio etichettare i cibi con ingredienti, additivi ed aromi transgenici. Le multinazionali biotec si oppongono al provvedimento perché temono che i consumatori, spaventati, non comprino i prodotti “marchiati”. Rovinando, così, un affare miliardario. Quindi, in teoria, in Europa è già possibile importare e coltivare un numero ristretto di materie prime transgeniche. Ma di fatto solo la Spagna ha piccole colture commerciali di ogm, mentre gli altri Paesi hanno preferito proibire -per il momento- le semine transgeniche (a meno che non si tratti di sperimentazioni).
In pratica, la situazione è un po' diversa. Casi di sementi e alimenti contaminati da ogm sono stati più volte segnalati (qui trovate un elenco: http://www.foeeurope.org/GMOs/Contamination.htm) e molte aziende preferiscono non mettere la mano sul fuoco garantendo i propri prodotti come “ogm free”. Per conferma, consultate la guida “Come difendersi dagli ogm” (http://ogm.greenpeace.it/new/browseliste.php).
Il caso che, di recente, ha risvegliato gli italiani dal torpore estivo è stato quello del Piemonte. Cioè poco meno di 400 ettari contaminati da mais transgenico targato Monsanto e Pioneer Hi-Bred, le multinazionali da cui gli ignari contadini hanno comprato le sementi. Per le aziende si tratta di una contaminazione minima, quindi accidentale. Assai diverso il giudizio degli ambientalisti: “È una strategia -afferma Federica Ferrario di Greenpeace Italia- per arrivare un giorno a dire che ormai gli ogm sono dappertutto…”. Il Piemonte (dove la magistratura ha disposto la distruzione dei campi contaminati) ha fatto da apripista, seguito nel giro di qualche giorno da ritrovamenti analoghi in Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia.
Nello stesso periodo l'Unione Europea varava nuovi regolamenti che hanno fatto dire a molti che la moratoria, ormai, ha le ore contate. Per l'etichettatura è stato deciso un tetto massimo di contaminazione da ogm (già approvati) dello 0,9%, esteso anche ai mangimi. Significa che, in un futuro vicino, sulla confezione dei vostri biscotti preferiti, per esempio, potreste leggere una frase tipo “contiene ogm” oppure no. In questo caso ci sono due possibilità. Numero uno: siete fortunati, i vostri biscotti non contengono sorprese transgeniche. Numero due: la sorpresa c'è ma non si vede, perché gli ogm non superano la soglia dello 0,9%. Si tratta, cioè, della solita contaminazione accidentale. Ma l'etichettatura -e questa è la novità- viene estesa anche ai mangimi animali. È un fatto importante perché prima quest'obbligo non esisteva e proprio i mangimi, sottolinea Greenpeace, erano la strada percorsa da quasi tutti gli ogm per entrare in Europa, senza far rumore. Il limite è che neppure con questo regolamento sarà obbligatorio etichettare chi dei mangimi si nutre. Per cui potrebbe accadere che il pollo che credete privo di ogm, perché l'etichetta non lo dice, sia stato ingrassato a furia di mais transgenico. !!pagebreak!!
Non solo: la nuova legislazione prevede anche un limite dello 0,5% di contaminazione per ogm non ancor autorizzati dall'Ue.
Le norme sulla tracciabilità serviranno invece a monitorare tutte le fasi di produzione e immissione in commercio dei prodotti alimentari, per individuare gli eventuali ogm anche dove prima non era possibile (come negli olii, per esempio).
Per l'ingresso definitivo dell'Unione Europea nell'era transgenica mancano, però, due tasselli. Il primo è la soglia di contaminazione per le sementi, per cui si parla di un limite dello 0,5%, che dovrebbe essere decisa in autunno. Per il secondo si prevedono aspre battaglie: si tratta delle regole di “coesistenza”, che apriranno alle coltivazioni di ogm a fini commerciali. Le linee guida del commissario europeo all'Agricoltura Franz Fischler hanno sollevato un polverone. Perché la certezza delle associazioni verdi è che in questo modo sarà inevitabile la contaminazione in grande stile delle colture tradizionali (a causa dei pollini trasportati dal vento). Tra le proposte più contestate, quella di fissare un limite per la presenza di ogm anche nei prodotti biologici: “È un golpe -taglia corto Ivan Verga, vicepresidente di Verdi Ambiente e Società-, e si basa sul principio di contaminazione accettabile. Ma accettabile per chi?”.
Contaminazioni ogm, affare a quattro
Le coltivazioni di ogm al mondo coprono un'area (stimata) di 58,7 milioni di ettari, come dire due volte e mezza la superficie del Regno Unito. La coltura più diffusa è quella di soia modificata, con oltre metà della superficie coltivata, seguita dal mais. I leader dell'agricoltura transgenica sono quattro Paesi soltanto, con il 99% della produzione: Stati Uniti, Argentina, Canada e Cina.
Non parlate di fame
Gli ogm cancelleranno la fame nel mondo? No. Secondo gli esperti la produzione agricola complessiva è sufficiente per l'intera popolazione mondiale. Principale causa dell'insicurezza alimentare è l'ingiusta ripartizione delle ricchezze. Una prova: il 75% dei brevetti riguarda ogm resistenti a erbicidi (prodotti dalle medesime multinazionali) e non ogm iper-nutrienti.!!pagebreak!!
Semi ibridi, fatturati miliardari
Monsanto
È il produttore di ogm per antonomasia, il vero gigante del settore. Possiede il 91% dei brevetti per ogm al mondo, come soia, mais, colza, cotone e patata. Tra i prodotti di punta, la tecnologia Roundup Ready, cioè un pacchetto completo di erbicida e di semi (geneticamente modificati) resistenti all'erbicida stesso.
E proprio erbicidi e sementi sono, storicamente, i prodotti dell'azienda, che arriva al biotec negli anni '80. Monsanto ha 14.700 dipendenti in 60 Paesi e un fatturato di 5,5 miliardi di dollari. In Italia è presente da 30 anni.
Syngenta
Presente in 90 Paesi con 20 mila dipendenti (con casa madre in Svizzera), nel 2002 ha fatturato 6,2 miliardi di dollari. Produce fitosanitari (erbicidi, fungicidi, insetticidi), sementi tradizionali e transgenici (tra l'altro, mais resistente agli erbicidi, cotone, riso).
Dow AgroSciences
Sede centrale negli Usa, è parte della multinazionale chimica Dow Chemical Company, ha 6 mila impiegati in 50 Paesi e un fatturato di 3 miliardi di dollari. Produce insetticidi ma, soprattutto, semi ibridi (da ingegneria genetica) resistenti ai pesticidi e agli insetti, come il sistema Herculex per il mais sviluppato con Pioneer Hi-Bred.
Pioneer Hi-Bred
Ancora un'azienda americana,di proprietà, di nuovo, di un'azienda chimica, la Dupont. Pioneer Hi-Bred è specializzata negli ibridi di mais biotec, in particolare, ma produce anche semi di sorgo, girasole, canola e varietà di soia, alfalfa, frumento. Ha accordi commerciali con altre aziende del settore agrochimico, tra cui Dow AgroSciences (vedi sopra) e Monsanto per l'utilizzo del marchio Roundup Ready. Pioneer ha 5 mila dipendenti e un fatturato di 2 miliardi di dollari.
Cargill
Non produce ogm, ma è uno dei maggiori commercianti al mondo di sementi e mangimi (e produttore di fertilizzanti). Di conseguenza, il transgenico lo vende. E a sua posizione è chiara: il mercato vuole il transgenico? Bene: “Cargill continuerà ad accettare e a vendere prodotti agricoli geneticamente migliorati”. La multinazionale ha 98 mila dipendenti in 61 Paesi e redditi per 50,8 miliardi di dollari.!!pagebreak!!
Incontro-intervista con Vandana Shiva
La libertà di un popolo sta in un chicco di riso
I suoi sari colorati sono famosi quasi quanto le idee che porta in giro per il mondo. “Libertà intellettuale per tutti i popoli” e ” libertà ecologica per tutti gli esseri viventi”: ecco i pilastri del pensiero di uno dei volti più noti tra gli ambientalisti “resistenti”.
Vandana Shiva è scienziata indiana, ma i suoi 51 anni l'hanno già portata ovunque sul pianeta per diffondere il Verbo verde, che trova supporto nei suoi studi scientifici (laurea in Fisica prima e poi, nel 1978, Ph.D in Filosofia della scienza), ma ha radici profonde. L'attenzione per i problemi dell'ambiente è questione familiare: il padre di Vandana Shiva si occupava di conservazione delle foreste, la madre coltivava il terreno.
La sua attività da globe trotter verde si alterna con il lavoro presso la Research Foundation for Science, Technology and Ecology (www.vshiva.net), da lei stessa fondata nel 1982 a Dehra Dun, nello Stato dell'Uttar Pradesh, India settentrionale, e con sede oggi a New Dehli. La Fondazione si occupa di sicurezza alimentare, globalizzazione, liberalizzazione economica e di quella che viene definita “biopirateria”. Ovvero la “rapina” che le aziende multinazionali operano ai danni del sapere contadino, per esempio attraverso i brevetti sui semi.
Spiega Vandana: “Siamo preoccupati per l'impatto dei Diritti di proprietà intellettuale (Iprs) sulle forme della vita magnificati dagli accordi sui Trips (Aspetti legati al commercio della proprietà intellettuale) in base al Gatt (l'Accordo generale sulle tariffe e sul commercio)”.
Da qui l'impegno di Vandana Shiva per i diritti dei contadini e la nascita, tra l'altro, di iniziative come Navdanya, un programma per la promozione dell'agricoltura naturale e la conservazione della diversità agricola. Uno dei risultati più evidenti di Navdanya è stata la creazione, a partire dal 1987, delle banche dei semi, che oggi sono 20 in sette Stati indiani e forniscono servizi a oltre 20 mila agricoltori, attraverso la catalogazione e la fornitura per la semina di più di 1.500 varietà di riso che, altrimenti, sarebbero estinte.
E proprio l'alimento base indiano -e una tra le principali fonti di sostentamento economico per la popolazione rurale- è al centro di una delle campagne più importanti lanciate da Vandana Shiva: quella per la difesa del riso aromatico basmati dalla brevettazione. L'India è il primo produttore al mondo di questa varietà di riso, con 650 mila tonnellate l'anno. Ma il basmati, oggi, è anche un caso esemplare di “biopirateria”.
Lo racconta molto bene Vandana Shiva in uno dei numerosi libri pubblicati anche in Italia, Il mondo sotto brevetto. Nel 1997, la texana Rice Tec Inc. ottiene il brevetto sul basmati: “Il brevetto di questa 'invenzione' è straordinariamente esteso, dato che comprende una ventina di sottobrevetti: dalle sequenze di Dna del riso basmati ai geni delle varietà create dai contadini locali”.
Se il brevetto venisse applicato in modo rigoroso, dice Vandana, “vieterebbe ai contadini di coltivare, senza apposito permesso e senza adeguato versamento di royalty alla Rice Tec, le varietà di riso sviluppate da loro e dai loro avi nel corso dei secoli. La Rice Tec, intanto, si è già data da fare adottando marchi tipo 'Kasmati', 'Texmati' e 'Jasmati'”. I più diffidenti possono verificare su www.ricetec.com !!pagebreak!!
“La forza dei movimenti è nella creazione di alternative”
Seminare giustizia
La forza del movimento “new global” non sta necessariamente nella sua visibilità. Perché ai momenti di piazza, pur importanti, va affiancato il lavoro all'interno della società, anche se, talvolta, si tratta di attività invisibili o non monitorate dai mass media. Vandana Shiva (nell'immagine qui sopra, il logo della sua Fondazione), oltre ad essere una delle voci più autorevoli di questo movimento, ha anche una visione molto chiara sulla sua evoluzione e sulle priorità da affrontare.
Quali sono le sfide, oggi, per il cosiddetto “movimento”?
“Il cambiamento più importante degli ultimi mesi, a livello globale, è lo schieramento di forza militare a sostegno del potere delle multinazionali e del mercato. Ma era già chiaro al primo meeting del Wto dopo Seattle: Doha si è svolto all'ombra dei militari, sia fisicamente (all'interno di un'area militarizzata) che nelle negoziazioni, attraverso l'uso della forza militare come lotta contro il terrorismo, arrivando quasi ad affermare 'se non sei con il Wto sei con il terrorismo'.
E poi, un secondo cambiamento riguarda le ong americane, che non possono più avere uno status indipendente, ma devono essere espressione del governo Usa. Lo si è visto in Iraq. Questi sono cambiamenti contro cui bisogna lottare, puntando a tre obiettivi: giustizia, pace, sostenibilità”.
Non le sembra che il movimento, diciamo da Genova in poi, dia l'impressione di essere più debole? Le manifestazioni degli ultimi mesi non hanno portato in strada tante persone come un tempo.
“Se si considera il movimento contro la guerra in Iraq, non si può dire che sia debole ed è difficile dire dove inizi il movimento per la pace, dove quello per il commercio equo e così via. Oggi, al contrario, molte più persone sono consapevoli delle ingiustizie del mondo.
Non dobbiamo più ragionare in termini di singole concentrazioni, di singoli raggruppamenti. La forza del movimento va cercata in luoghi differenti, non tanto nella protesta quanto nella creazione di alternative. Quindi non importa se il movimento ha poca visibilità: quando pianti un seme non si vede nulla, perché il seme sta sottoterra, ma dopo mesi quel seme darà un raccolto”.
Cosa funziona e cosa, invece, bisognerebbe cambiare?
“La vita non è perfetta. Io, più che dire 'questo è buono, questo è cattivo', mi chiedo che cosa del pensiero passato non abbiano funzionato. La società non è monolitica, quindi è importante avere un approccio pluralistico, non posizioni rigide poco adatte al mondo che cambia.
È importante puntare sulla creatività e sulla diversità. Il problema della rigidità è che porta all'esclusione e crea fondamentalismi, mentre la pluralità celebra la diversità. Dobbiamo mettere più umanità nel cambiamento. Dobbiamo partire riconoscendo la nostra imperfezione, per non arrivare a sfruttare né dominare l'altro. La ricerca della perfezione porta oppressione e violenza”.!!pagebreak!!
Pagine senza brevetto
Vandana Shiva è anche prolifica autrice di libri. In Italia ne sono stai pubblicati sei. Tra i più recenti vale la pena ricordare Il mondo sotto brevetto (Feltrinelli, 144 pagine, 9 euro, qui a fianco) che si occupa della proprietà intellettuale come saccheggio dei saperi indigeni e speculazione sulla vita, a partire dai brevetti sui semi e sui farmaci. E poi Le guerre dell'acqua (Feltrinelli, 164 pagine, 13,50 euro), sui conflitti combattuti anche per il predominio sulle risorse idriche di un territorio.
Basmati doc nelle Botteghe del commercio equo
Il riso di Vandana nelle botteghe del commercio equo e solidale. È il nuovo progetto di importazione di AltraQualità. Il riso basmati (nella foto) è distribuito in collaborazione con Equoland e viene coltivato dai contadini della Doon Valley (a mille metri di altitudine), piccoli gruppi di produttori che aderiscono al movimento Navdanya creato a fine anni '80 da Vandana Shiva per valorizzare l'agricoltura naturale e i diritti dei contadini.
Il basmati, riso aromatico dal chicco affusolato, cresce in un centinaio di varietà diverse per colore e profumo ed è uno dei più tipici prodotti indiani. Il progetto di AltraQualità ed Equoland si chiama “Semi di libertà” e nasce per sostenere e promuovere l'attività di Navdanya in Italia, cercando anche uno sbocco commerciale per i prodotti dei contadini indiani. Info: www.altraq.it
José Bové, due mesi in carcere per gli ogm
Dietro le sbarre per gli ogm, José Bové, ci è finito il 22 giugno. Ma la detenzione è durata meno di due mesi. Tutto inizia nel 1998: Bové (nella foto a lato), portavoce del movimento contadino Confédération Paysanne, con altri manifestanti protesta davanti a un deposito francese della Novartis, mescolando semi transgenici con semi tradizionali. Obiettivo: richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sui rischi legati agli ogm. L'anno successivo, altra manifestazione, ma davanti al Cirad (un Centro pubblico di ricerca agricola per i Paesi del Sud del mondo). Bové e compagni strappano piantine di riso transgenico che, da lì a tre giorni, sarebbero state trapiantate in Camargue, nonostante l'opposizione dei contadini.
Il sindacalista viene condannato ad altri 6 mesi di carcere, che si sommano ai precedenti. La strada, a questo punto, è segnata. Ma, anche grazie alla campagna per la richiesta della grazia lanciata dalla Confédération (con l'invio di 600 mila lettere dal dicembre 2002), la pena viene ridotta di 4 mesi dal presidente francese Jacques Chirac. Poi, ai primi di agosto, il tribunale decide di scarcerare Bové per “impiegarlo” nell'ente di promozione del Larzac, la regione dove il leader contadino vive.