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Economia

Colpo di tacco col trucco – Ae 57

Numero 57, gennaio 2005A Roma una dozzina di ragazzi lancia una nuova moda: il calcio giocato sui tetti. La storia “buca” e in poco tempo gli skyplayer -giocatori del cielo, così si fanno chiamare- conquistano spazi su tv  e giornali. Hanno…

Tratto da Altreconomia 57 — Gennaio 2005

Numero 57, gennaio 2005

A Roma una dozzina di ragazzi lancia una nuova moda: il calcio giocato sui tetti. La storia “buca” e in poco tempo gli skyplayer -giocatori del cielo, così si fanno chiamare- conquistano spazi su tv  e giornali. Hanno anche un sito con foto, filmati e un blog che, però, sembra scritto da un pubblicitario. Tutto perfetto. Troppo. Ecco come un’operazione studiata a tavolino e fatta passare per fenomeno di costume mette tutti nel sacco. Meglio di uno spot


Il primo assist vero è quello di Repubblica, a fine ottobre.

Il quotidiano pubblica un’intervista al giovane Adil, marocchino, 21 anni, in Italia da 13. La notizia? Adil, coi suoi amici, ha lanciato una nuova moda: giocare a pallone sui tetti. Si infilano di soppiatto nei palazzi di Roma, si fanno beffe delle portinerie, salgono le scale di corsa, e una volta sul terrazzo giocano. L’idea l’ha portata con sé dal Marocco, spiega, dove è normale giocare sui tetti delle case.

Qui a Roma hanno anche una regola speciale: chi segna di tacco azzera i gol degli avversari. Sono una dozzina di ragazzi, si fanno chiamare skyplayer, “giocatori del cielo” (o qualcosa del genere).

A fine ottobre (per la verità qualche giorno prima la stessa notizia era apparsa sul Corriere dello Sport) emerge così un nuovo fenomeno giovanile. Che in quanto tale, ha il suo fulcro in un blog, un diario on line: per conoscere le gesta degli skyplayers basta cliccare su www.aircalcettoroma.it.


“Non c’è solo Roma Sud e Roma Nord, c’è anche una Roma di Sotto e una Roma di Sopra” recita l’home page del sito.

“A noi personalmente non ci piace stare sotto, così stiamo sulla Roma di Sopra. Quella dei tetti, quella dei dribbling tra le antenne e dei gol nei panni stesi, dall’alba al tramonto, e pure di notte. Siamo quelli di Roma Overground”. Roma Overground è il nome collettivo che si sono dati gli skyplayer, con tanto di logo: un’acrobazia di tacco su sfondo giallo.

“Sui tetti noi siamo gli Skyplayers, profeti di un movimento libero dagli schemi, lontano dai circoli viziosi delle regole imposte. Profeti che credono solo nel colpo di tacco”. Appunto.

“Non ci fermano i guardiani notturni, non ci fermano le guardiole e i portinai, non ci fermano le telecamere della sicurezza. Siamo evasi dai campetti blindati, dai recinti del calcio, abbiamo scalato le mura e ci siamo fermati sui tetti.

E adesso non vorremmo essere nei vostri panni stesi”.


Niente male: ma più che un messaggio scritto da un gruppo di studenti universitari amanti del pallone, sembra scritto da un copywriter pubblicitario. L’interno del sito è anche meglio: i vari post, cioè i messaggi del diario, sono corredati da filmati e fotografie.

Le foto sono ben inquadrate, alcune sembrano scattate su dei set predisposti (si intuisce in alcuni casi l’illuminazione artificiale). A guardarli, anche i filmati sono ben fatti, pur avendo l’aria di essere amatoriali. Le camere sono digitali, ma le inquadrature sono curate, e in alcuni casi sono stati fatti dei veri e propri montaggi. I ragazzi ci sanno fare. Palleggi, passaggi virtuosi, colpi di tacco. Sembra uno spot della Nike, in cui i giocatori fanno i giocolieri più che giocare veramente. Con il fermoimmagine nascono i primi sospetti. La telecamera inquadra da vicino un contrasto: calze Nike, scarpe Nike, pallone Nike. Guardo il resto del filmato, guardo anche tutti gli altri file e le foto. Non vedo loghi di altre marche di abbigliamento sportivo. Possibile questa “omogeneità” in quello che dovrebbe essere un nuovo fenomeno di costume giovanile?

I messaggi parlano di tetti conquistati, terrazzi enormi, portinai elusi mentre vanno a mangiarsi una focaccia, portinai che si arrabbiano perché scoprono gli intrusi pallonari. In un filmato appare addirittura Daniele De Rossi, calciatore della Roma e della Nazionale. C’è anche la “conquista definitiva”: il tetto dell’esclusivo Hotel Cavalieri Hilton, su Montemario (il 17 novembre, con tanto di filmato: esterno giorno sull’ingresso, di soppiatto verso le scale di sicurezza, partita sul tetto). Da qui comincia la nostra indagine. Un semplice controllo rivela che il sito è stato creato a ottobre, il 18 per la precisione, eppure il primo post è stato retrodatato al 16 agosto: si intitola “La prima conquista!”. Inoltre il dominio non è stato registrato da uno dei ragazzi, ma da uno studio di grafica, la “GdM & Associati”, che poi non è altro che la ragione sociale della società di comunicazione “Sartoria” di Modena. Sartoria è nota per l’innovazione delle sue strategie comunicative, e guarda caso lavora per Nike Italia dal 1998 (www.sartoria.com).


“Non è con noi che deve parlare” chiariscono subito quelli di “Sartoria”, ma con Stefano Testini, l’addetto stampa che segue i ragazzi incaricato da Nike. Lui minimizza: gli skyplayer hanno raccontato della loro passione per i tetti ad alcuni responsabili della multinazionale, conosciuti in altri eventi organizzati da Nike. L’idea è piaciuta, tanto che Nike decide di supportare i ragazzi: “Magliette, qualche pallone, annunci sul giornale per organizzare sfide sui tetti”.

E adesso degli skyplayer parlano tutti. La trasmissione “Lucignolo”, di Italia 1, il 24 novembre manda in onda un servizio sugli skyplayer: il pallone giallo e blu della Nike è sempre in primo piano. I ragazzi improvvisano una partita su di un tetto, sul quale si intravede Stefano Testini che ha curato i rapporti con la troupe televisiva.

“Vuole parlare con uno dei ragazzi?”. Adil è simpatico e gentile, mi racconta del Marocco e degli amici della Nike che li supportano. Amici di lunga data: Adil è un free styler, un virtuoso del palleggio, che tra l’altro da anni lavora per Nike in giro per l’Italia. Stefano Testini, l’addetto stampa, è anche incaricato di seguire il torneo di calcetto che Nike ha organizzato a Roma per il mese di novembre. Anche il sito del torneo (www.nccc3.com/pop.html) è stato fatto da Sartoria: lo stile è lo stesso di aircalcettoroma.it, l’iconografia riprende il tema dei tetti e del colpo di tacco. C’è il link al sito di Roma Overground, la pubblicità della nuova scarpetta da calcetto.


Andiamo alla fonte. Cristiano Fagnani è l’addetto stampa interno di Nike Italia. La regola del colpo di tacco è piaciuta tanto, dice, che l’hanno adottata anche per il torneo romano, cui gli skyplayer sono iscritti.

Del sito dice che “si muove tra verità e verosimiglianza”: i filmati e le foto sono a cura di “Sartoria”. E De Rossi (che da poco ha rinnovato il contratto con Nike) è stato “invitato” a fare due palleggi con gli skyplayer.

Il 5 novembre, data di inizio del torneo di calcetto, il quotidiano Il Messaggero pubblica in ultima pagina uno scambio di mail tra Adil e i responsabili del torneo, che sancisce l’accordo sulla regola del tacco. “Come in cielo, così in terra” diventa lo slogan ufficiale. Al centro della pagina il logo del torneo. In realtà, quella sul Messaggero è un’inserzione pubblicitaria che, da listino, costa attorno ai 200 mila euro. E anche questo è un lavoro di “Sartoria”, non un reale scambio di mail. Lo stesso giorno, il Tg3 regionale dedica un servizio agli skyplayer. In edicola, anche il settimanale Panorama (nel numero dell’11 novembre) parla di loro.


Tra le telefonate di verifica, chiamo anche l’Hotel Cavalieri Hilton: il responsabile mi rivela che quello che si vede nel filmato non è il loro tetto. “Abbiamo chiesto di rettificare, ma finora non l’hanno fatto. Non possiamo far passare l’idea che nel nostro hotel si entri così facilmente”. Anche il messaggio nel blog è finto.

Addetti stampa, pubblicità sui giornali, filmati, foto e messaggi costruiti. La realtà è che Nike ha preso un fenomeno di costume (o forse se lo è proprio inventato), lo ha fagocitato, ne ha succhiato la potenza comunicativa e l’ha trasformato in un fenomeno di marketing. Proponendo (come fa anche nelle pubblicità ufficiali) un calcio che non esiste, fatto di colpi di tacco e acrobazie che in campo non si vedono quasi più. Quando abbiamo chiesto dei costi dell’operazione e dei ritorni, la dirigenza di Nike ha risposto con un cortese “no comment”.

Richiamo Adil a fine novembre.

È negli studi di Sky per uno speciale sugli skyplayer (altro bell’assist). Nei filmati sembrano artisti del pallone, eppure sono stati eliminati dal torneo romano. Il calcio che esiste davvero si è preso la sua rivincita.!!pagebreak!!


I tre minuti in tv che valgono oro

Non ha dubbi Andrea Natella, di guerrigliamarketing.it, agenzia di comunicazione “non convenzionale”: “Una bella operazione, evidentemente costruita a tavolino sin dall’inizio. Colpisce piuttosto l’ingenuità dei media, che hanno fatto il gioco di Nike. Impossibile valutare i ritorni economici dell’operazione. Quello che conta è il ritorno di immagine. Solo queo tre minuti che hanno avuto sul Tg3 valgono molto di più di qualsiasi cifra abbiano speso. Invece sarebbe bello vedere che tipo di responsabilità si prenderà Nike, se la moda del giocare sui tetti altrui dovesse prendere piede”.


Comunicazione da 1,4 miliardi

Il marchio Nike, che fa bella mostra di sé in queste pagine, viene lanciato nel 1972.

La sede della più importante società di abbigliamento sportivo è a Beaverton, nello Stato dell’Oregon, negli Usa. Sin dall’inizio Nike è stata condotta dal suo fondatore, Philip H. Knight, il quale però a fine dicembre ha ceduto lo scettro di presidente e amministratore delegato a William Perez, rimanendo direttore del settore sportivo.

L’anno fiscale che si è chiuso il 31 maggio 2004 ha registrato per il colosso statunitense ricavi per 12 miliardi e 253 milioni di dollari, il 15% in più rispetto all’anno precedente. Gli utili sono stati 946 milioni di dollari, il doppio del 2003. Nel 1991 i ricavi erano “solo” di 3 miliardi di dollari: in appena 13 anni il fatturato si è quadruplicato. Nella sola area europea e asiatica, il fatturato 2004 è stato di 9,8 miliardi di dollari (+18% sull’anno precedente).

Per marketing e comunicazione, Nike spende indicativamente il 12% del proprio fatturato (che fatti due conti corrisponde a un miliardo e 400 milioni di dollari). Nel mondo sono quasi 25 mila i dipendenti di Nike, la cui età media è di 29 anni. In Italia Nike ha aperto la sua filiale nel 1989.


Da Vienna a Roma le rivincite anti-Nike

A volte il marketing aggressivo si prende le sue rivincite.

Nel settembre 2003 si diffuse la notizia che Nike avrebbe cambiato il nome di una piazza viennese, Karlsplatz, in Nikeplatz.  Non solo: sulla storica sede sarebbe sorto un monumento di 36 metri, un enorme swoosh (il “baffo” simbolo della multinazionale statunitense) rosso. In realtà (ne abbiamo parlato su Ae 44, del novembre 2003) si trattava di una falsa campagna pubblicitaria ideata da un gruppo artistico europeo dal nome impossibile: 0100101110101101.org.

Uno “spettacolo teatrale itinerante”, come ebbero a definirlo, anche perché in Karlsplatz, a Vienna, un infobox che avvertiva dell’imminente cambio di nome della piazza c’era davvero (è quello nella foto poco più in alto), così come verosimile era il sito creato apposta per l’occasione (tuttora on line: www.nikeground.com).

Sempre nel 2003, il comitato “Cambia lo sponsor” di Roma (Cocs) era riuscito a far cancellare le ultime tracce dei loghi Nike dai campetti che quest’ultima aveva regalato al Comune di Roma (vedi Ae 42).  


Stealth marketing, il mondo dove la realtà è solo un’imitazione

Stealth marketing, marketing nascosto, dove la pubblicità non è mai esplicita, e la realtà è solo un’imitazione. Questa è in gergo quello che è accaduto con l’operazione di Nike e degli skyplayer: sul loro sito di Nike non si parla mai, eppure il logo è onnipresente, sui palloni, le magliette, le scarpe: l’immaginario è contaminato.

Da sempre la multinazionale dell’abbigliamento utilizza strategie all’avanguardia per pubblicizzare eventi e prodotti. Nell’estate del 2002 (in contemporanea ai mondiali di calcio) alcune città italiane vennero tappezzate di scorpioni dipinti sui muri dei palazzi. Scambiati per opere dei soliti graffittari, erano in realtà il richiamo ai tornei di calcetto nelle “gabbie” (ne parliamo anche nella pagina a finaco) e alle consuete scarpe. Anche in quel caso dietro l’operazione c’era lo zampino della società di comunicazione Sartoria, la stessa che ha curato quella sugli skyplayers.

Ma Nike non è la sola azienda a utilizzare stealth marketing.

Di recente Sony-Ericsson ha investito 5 milioni di dollari per lanciare sul mercato statunitense un nuovo cellulare che è anche camera digitale. Il meccanismo: un gruppo di sessanta attori e attrici divisi in gruppi di due e di tre interpretano il ruolo di turisti in visita ad importanti monumenti. Individuata la “preda” gli attori gli si avvicinano per chiedergli di scattar loro una foto. Una volta allettata la curiosità dell’interlocutore, i finti turisti reclamizzano in modo disinteressato le caratteristiche dell’apparecchio. Una cosa simile è avvenuta non per strada ma dentro locali e club di tendenza. Un gruppo di belle ragazze ostentano l’apparecchio, lo fanno squillare in continuazione, mostrano l’immagine della persona dall’altro capo dell’apparecchio e coinvolgono gli astanti.

In questo caso è cambiato, oltre alla location e alla tematica, il target: non più semplici cittadini per strada, ma un pubblico più giovane.


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