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Esteri

Colombia, il cambiamento è rimandato

Quando a reti unificate l’allora ministro della Difesa Juan Manuel Santos annunciava con fierezza la liberazione di Ingrid Betancourt, dopo sei anni di prigionia nelle mani delle Farc, in molti lo davano già come futuro presidente della Colombia. Era il…

Quando a reti unificate l’allora ministro della Difesa Juan Manuel Santos annunciava con fierezza la liberazione di Ingrid Betancourt, dopo sei anni di prigionia nelle mani delle Farc, in molti lo davano già come futuro presidente della Colombia.

Era il luglio del 2008 e poco importava se, per liberare l’ex senatrice franco-colombiana, l’esercito avesse commesso un crimine di guerra utilizzando il simbolo della Croce rossa internazionale per ingannare la guerriglia di ispirazione marxista. Ingrid era libera, tutto il resto non aveva importanza.

Sono passati due anni da quel successo ed oggi Juan Manuel, come lo chiamano i suoi simpatizzanti, è a un passo da ottenerne un altro, ben più importante. Andando oltre tutti i sondaggi della vigilia, il candidato del “partito della U” si è imposto al primo turno delle elezioni presidenziali del 30 maggio scorso, ottenendo il 47 per cento dei voti mentre il principale candidato d’opposizione, il filosofo progressista di origini lituane Antanas Mockus, con il suo Partito Verde ha ricevuto meno di un quarto dei consensi, assestandosi al 22 per cento.

Che oltre la metà dei 29 milioni di aventi diritto al voto non si sia recata alle urne pare non interessare nessuno. L’astensionismo da troppi anni è il primo partito in Colombia e per i media locali non è più una notizia.

Esponente di spicco di una delle famiglie più influenti del paese, Santos è un uomo navigato nella politica colombiana. Ha rivestito la carica di ministro con tre presidenti differenti e nel 2005 ha fondato il partito conservatore della U, nel tentativo di mettere insieme tutte le forze politiche vicine ad Uribe, di cui da quel momento è stato fedele scudiero.

Forze politiche negli ultimi anni accusate dalla corte suprema di giustizia di vincoli con i paramilitari. Lo scandalo della “parapolitica” ha visto finire in carcere oltre 70 deputati, tutti appartenenti a partiti che sostengono Uribe. Il fondatore del partito di governo però ne è uscito indenne.

Allo stesso modo, Juan Manuel non è stato scalfito dall’inchiesta dei "falsi positivi" che ha dimostrato una pratica in uso nell’esercito colombiano di uccidere giovani civili per poi travestirli da guerriglieri e incassare così gli incentivi del governo nella lotta alle Farc e al narcotraffico. Santos in quegli anni era ministro della Difesa.

La sua politica sarà in linea con quella seguita dal suo predecessore, quidni. Lo dimostra inoltre la dedica “al miglior presidente della Colombia” fatta da Santos ad Uribe poche ore dopo il voto. Il miglior presidente della Colombia che, dopo due mandati consecutivi, lascia in eredità quasi 4 milioni di profughi, 100 mila desaparecidos, il 60 per cento della popolazione sotto la soglia della povertà e la produzione di cocaina in continuo aumento, mentre le relazioni con i paesi della regione si fanno sempre più problematiche.

Di fronte a questo scenario inquietante, in molti avevano sperato nelle scorse settimane che le idee innovative di Mockus potessero rappresentare una svolta nella politica colombiana. L’ex sindaco di Bogotà per settimane aveva parlato di legalità, trasparenza e ambiente, incentrando la sua campagna elettorale su un cambiamento culturale dal quale è necessario partire per ricostruire un Paese dilaniato da oltre 60 anni di guerra.

Ma non è bastato e adesso per Santos il ballottaggio con Mockus sembra una pura formalità. Con molta probabilità, il 20 giugno il delfino di Uribe verrà eletto presidente e il cambiamento tanto atteso in Colombia dovrà attendere ancora.

 

 

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