Economia / Attualità
“Boicottare gli eventi mediatici sponsorizzati dai colossi fossili”. La lettera aperta di 16 Ong
Greenpeace, WWF, Friends of the Earth, Transport & Environment, 350.org e altre 11 realtà hanno scritto a Euractiv, Financial Times e Politico Europe rifiutando di prender parte a incontri sulle politiche ambientali europee finanziati dalle aziende dell’Oil&Gas. Il caso di Energy Vision, interamente pagata da Shell
Sedici organizzazioni europee hanno scritto una lettera aperta a inizio settembre indirizzata a Euractiv, Financial Times e Politico Europe per boicottare gli eventi mediatici sulle politiche ambientali europee -dibattiti, incontri, conferenze- finanziati dalle compagnie fossili. “Sponsorizzando eventi di alto profilo -si legge nella lettera pubblicata il 2 settembre- l’industria dei combustibili fossili sta comprando un palco attraverso il quale può guadagnare una credibilità e un’influenza ingiustificate”.
Per questo Greenpeace, WWF, Friends of the Earth, Transport & Environment, 350.org e altre 11 realtà hanno dichiarato che non parteciperanno più a eventi di questo tipo, chiedendo anche ai decisori politici europei di non presenziarvi e agli organizzatori di non accettare più sponsorizzazioni dall’industria fossile.
Come ha spiegato ad Altreconomia Silvia Pastorelli, responsabile della campagna per il clima e l’energia presso Greenpeace Europa, “abbiamo indirizzato la lettera aperta a tre testate che si occupano in maniera approfondita di politiche europee e che spesso organizzano dibattiti e conferenze finanziati da aziende fossili”.
Sono stati una trentina gli incontri dedicati alle politiche climatiche organizzati tra il 2020 e il 2021 da questi media e finanziati da industrie fossili, che hanno coinvolto anche circa 50 funzionari europei. Presentati come spazi di dibattito e di informazione, secondo Pastorelli, “questi eventi finiscono spesso per diventare ‘incontri di lobbying’, nei quali un rappresentante dell’azienda fossile di turno ha il privilegio di introdurre il tema -clima, energia, sostenibilità- e di parlare senza contraddittorio di fronte a decisori politici europei”.
La presenza delle associazioni ambientaliste a tali eventi avrebbe l’effetto di legittimare le compagnie fossili: da qui la decisione di non prenderne parte.
Come sostiene anche il climatologo statunitense Michael Mann nel suo saggio “La nuova guerra per il clima” (Edizioni Ambiente, 2021), la strategia delle aziende fossili è passata da un aperto negazionismo della crisi climatica ad un “inattivismo”, ovvero un tentativo di ritardare le politiche ambientali deviando l’attenzione dalla necessità di decarbonizzare la produzione energetica.
“Il finanziamento degli eventi mediatici da parte delle aziende fossili fa parte di una strategia che ha l’obiettivo di stabilire i contorni del dibattito europeo sul clima e l’energia, ponendo al centro le soluzioni che più le soddisfano”, ha spiegato Lala Hakuma Dadci, coordinatrice della coalizione capofila della lettera aperta Fossil Free Politics, che raccoglie più di 200 associazioni e si batte per porre fine all’influenza dell’industria fossile sulle politiche ambientali europee.
Una delle strategie di quello che Mann chiama “inattivismo” consiste nel promuovere false soluzioni come il gas fossile.
Un caso emblematico tra gli eventi che le 16 Ong hanno deciso di boicottare è la serie di dibattiti della durata di un anno Energy Vision organizzata da Politico Europe e ancora in corso. “Energy Vision è interamente finanziata da Shell ed è dominata da un tema: il ruolo del gas fossile nella transizione -continua Pastorelli-. Ormai sappiamo quali sono gli impatti sulla salute e sull’ambiente dei combustibili fossili, dei quali il gas fa parte, e l’ultimo rapporto dell’IPCC ha raccolto ulteriori evidenze a riguardo. Nessuno oggi si sognerebbe di sedersi a un dibattito di salute pubblica per discutere con i produttori di tabacco, e la stesso dovrebbe avvenire con le aziende fossili”.
Delle tre testate interpellate, al momento solo Politico Europe ha risposto alla lettera aperta, sostenendo che le aziende che sponsorizzano gli eventi non hanno alcuna influenza sui contenuti dei dibattiti, e che “l’oggettività, l’indipendenza e l’integrità del nostro lavoro sono le stesse adottate negli eventi live della testata”.
I finanziamenti a favore di testate da parte delle industrie fossili sono attualmente contestati in varie parti del mondo: negli Stati Uniti, una coalizione di associazioni sta facendo pressione al New York Times perché non accetti più pubblicità da questo tipo di aziende. Il Guardian ha già preso questa decisione un anno fa.
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