Ambiente / Attualità
Animali in città e altre storie di natura urbana in mostra a Trento
Dal falco pellegrino che nidifica sui grattacieli passando per gechi, pipistrelli e scoiattoli. Sono numerose le specie che hanno saputo adattarsi e vivere all’interno delle aree urbane. La mostra “Wild city” al Museo delle scienze di Trento racconta forme di coabitazione tra uomo e animali selvatici. Riflettendo sulla biodiversità
Il falco pellegrino si è spostato dalle pareti rocciose delle Alpi per nidificare sui grattacieli e andare a caccia di piccioni in diverse città della Pianura padana. Mentre i gechi comuni, piccoli anfibi diffusi in tutto il bacino del Mediterraneo, da alcuni anni sono diventati una presenza fissa anche a Trento. Per non parlare dei pappagalli fuggiti (o incautamente liberati) dalle proprie gabbie e che ora vivono in grandi stormi nei parchi di Roma, o ancora di gabbiani, scoiattoli e persino cinghiali.
Sono solo alcune delle diverse specie animali che -con sempre maggiore frequenza- possiamo incontrare passeggiando per le nostre città, le cui storie sono state raccolte nella mostra interattiva “Wild city. Storie di natura urbana” ideata dal Museo delle scienze di Trento (Muse) che indaga il rapporto non sempre facile, a volte conflittuale, altre votato alla coesistenza, tra esseri umani e specie animali e vegetali in un mondo sempre più urbanizzato.
“Le città vengono comunemente percepite come ambienti artificiali, creati dall’uomo. Eppure sono popolate da molti animali e vegetali diversi. ‘Wild city’ vuole offrire ai visitatori un incentivo a guardare con maggiore attenzione gli ambienti urbani che frequentano”, spiega ad Altreconomia Osvaldo Negra, zoologo del Museo delle scienze di Trento e curatore scientifico della mostra insieme ad Alessandra Pallaveri. La rassegna, aperta al pubblico fino al 5 novembre di quest’anno, vuole dunque essere un’occasione per far riflettere sull’importanza di conoscere la biodiversità urbana che ci circonda e di immaginare nuove forme di convivenza tra esseri umani e selvatici.
La mostra è articolata in quattro sezioni, ciascuna delle quali affronta un diverso (e fondamentale) ambito per comprendere la complessità degli ecosistemi urbani: le minacce e gli ostacoli che la città pone agli esseri viventi non umani, le opportunità che offre, l’ambiente cittadino come fattore che ne condiziona l’evoluzione, le interazioni positive, conflittuali o di neutrale coesistenza tra l’essere umano e le altre specie in contesto urbano.
Il primo blocco tematico si concentra sulla nascita e l’evoluzione delle città come spazi a misura e necessità dell’essere umano, con la conseguente esclusione di tutto quello che non era “gradito” all’uomo. “Storicamente le città sono state edificate distruggendo la biodiversità: le foreste sono state abbattute e le paludi sono state bonificate per questo scopo. Un fenomeno che possiamo ancora osservare in Paesi come l’Indonesia, dove la capitale Jakarta continua a espandersi ‘ingurgitando’ gli ecosistemi circostanti”, continua Negra.
L’urbanizzazione ha portato alla scomparsa di numerose specie (animali e vegetali) mentre altre sono gravemente minacciate a seguito della distruzione, diminuzione o frammentazione degli habitat, persecuzione diretta o inquinamento. “Wild city” racconta sia storie molto “lontane” -come quella del lori lento, un piccolo primate originario dell’Indonesia, minacciato anche dall’espansione delle aree urbane-, sia altre molto più vicine a noi -come quelle dei ricci, mammiferi che frequentano comunemente aree verdi e orti urbani, messi in pericolo per antiparassitari e road killing-. E poi falene e lucciole, quasi scomparse dalle città a causa dell’inquinamento luminoso.
“Ma anche in questi contesti così difficili alcune specie sopravvivono: ci sono quelle che definisco ‘naufraghe’, piante e animali che sono rimasti intrappolati nelle città dopo la loro edificazione, e i ‘pionieri’ che sono arrivati in momenti successivi, trovando risorse e condizioni adatte per vivere”, aggiunge Osvaldo Negra introducendo la seconda sezione della mostra, dedicata alle storie di “opportunità urbana”. Come quella del falco pellegrino che ormai ha popolazioni stabili e rispettabili in diverse città della Pianura padana: per lui cattedrali e grattacieli sono luoghi perfetti per nidificare, mentre la presenza di piccioni offre cibo in abbondanza.
E all’interno di questi ambienti gli animali evolvono, come racconta la terza parte della mostra. In tempi recenti, infatti, si è cominciato a verificare scientificamente che, in quanto nuovo ambiente, la città può esercitare sui suoi abitanti delle spinte o pressioni evolutive analoghe a quelle degli ambienti naturali. “Gli esiti possono essere molto interessanti -spiega Negra-. Nei parchi di New York, ad esempio, vive una specie di topo selvatico che mangia anche avanzi di cibo lasciati dalle persone. Per adattarsi a questo ambiente, e al fatto di mangiare ‘peggio’, questi roditori hanno sviluppato una batteria di enzimi che permette loro di digerire meglio i grassi”.
La quarta e ultima parte della mostra è dedicata alla convivenza, un tema sempre più urgente se si pensa che già oggi il 54% della popolazione globale vive in aree urbane. Una quota destinata a crescere ulteriormente in futuro, con un impatto senza precedenti su infrastrutture, risorse e territori. “Città biodiverse, in cui vivono numerose specie animali e vegetali sono più vivibili -continua Negra-. Pensiamo, ad esempio, agli impatti dei cambiamenti climatici: un’area urbana con molto verde ha un microclima più gradevole. O ancora, laddove vivono colonie di pipistrelli saranno meno presenti le zanzare tigre”.
Ovviamente la coesistenza non è sempre facile. Spesso, per l’uomo, la presenza di animali e piante selvatici in città non è gradita o tollerata: a volte per motivi reali, a volte per motivi percepiti, legati a fattori culturali e timori ancestrali, esistono situazioni in cui si origina una conflittualità che rende difficile la convivenza pacifica. I cinghiali sono tra gli animali più iconici della vita selvatica in città: la cronaca racconta spesso delle loro incursioni nei centri urbani in cerca di cibo e dei disagi che recano.
La convivenza poi è particolarmente difficile quando interessa specie pericolose. “Nella mostra raccontiamo quello che succede in diverse città indiane, come Mumbai, che stanno continuando a espandersi ai danni delle foreste circostanti, dove la popolazione va alla ricerca di legna da ardere -spiega Negra-. La conseguenza è che i leopardi hanno iniziato a cacciare al di fuori delle aree boscate, ci sono stati alcuni episodi di aggressione ai danni della popolazione. Per affrontare questa situazione le autorità hanno messo in atto massicce campagne di informazione e prevenzione, per ridurre gli attacchi. Certamente la coesistenza in ambito urbano con alcuni animali non è facile, ma le possibili risposte ci sono e non possono che venire da parta nostra”.
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