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Agricoltura d’insieme

Cento ettari per realizzare un sogno: non abbandonare la terra. È la storia de “Il Frutto Permesso”, cooperativa “bio” nata a metà degli anni Ottanta

Tratto da Altreconomia 128 — Giugno 2011
Il frutto proibito nell’Eden pare fosse una mela.
Anche “Il Frutto Permesso” è nato tra le mele, ma è presto diventato una cooperativa agricola.

La storia del Frutto Permesso inizia a metà degli anni 80, da una bancarella al mercato dove i fratelli Paolo e Dario Martina vendono i prodotti dell’azienda agricola di famiglia, poco lontano dai banchi di Valter Gontero e Guido Turaglio, come loro figli di contadini del Pinerolese (in provincia di Torino). Si conoscono da tempo anche perché sono tra i pochi impegnati a sperimentare nelle loro aziende metodi di agricoltura biologica, e hanno in comune un obiettivo culturale ed economico: dare un futuro alle piccole imprese agricole di famiglia valorizzando la qualità, ancora poco nota, dei prodotti bio.

Nasce così, nel 1986, la cooperativa agricola “Il Frutto Permesso”, con lo scopo di continuare a coltivare le terre di famiglia, ma anche dare nuovi sbocchi alle produzioni commercializzando frutta, verdura e i primi trasformati (succhi di frutta, conserve, confetture). L’idea di fondo è quella che ispira ancora oggi le attività della cooperativa: dare vita a una filiera, lunga abbastanza da includere tutte le fasi di lavorazione. “Dai pascoli ai formaggi, dai cereali ai salumi, dai frutteti e dagli orti fino al barattolo di marmellata, tutto viene gestito dalle stesse mani, dalla terra alla tavola, in un articolato unico, grande ciclo chiuso”, recita la brochure di presentazione.

Oggi le aziende agricole coinvolte sono 17, e la cooperativa coltiva 100 ettari di terreno, alleva animali da stalla, gestisce laboratori di trasformazione, due negozi, due ristoranti e quattro attività agrituristiche (per un totale di una decinsa di camera) in cui vengono impiegati innanzitutto i prodotti dell’azienda. Gestisce inoltre laboratori didattici per le scuole e centri estivi per bambini che, l’anno scorso, hanno contato circa 10mila presenze.

Anche se le attività sono così diversificate, il Frutto Permesso resta innanzitutto un’azienda di contadini. Il vero motore dell’attività è infatti il lavoro svolto dalle aziende socie che rappresentano speso un’eccellenza nel settore di riferimento. 

I soci Durand Canton e Michelin Salomon, ad esempio, producono, negli alpeggi a 2.500 metri di quota, un pregiato formaggio della Val Pellice, il  Montegranero, e il raro “Sarass del Fen”, una ricotta stagionata in un involucro di fieno di festuca essiccato al sole. Il formaggio era stato messo fuori legge dalle norme igieniche europee, ma è stato riammesso alla vendita grazie alla caparbietà degli appassionati locali ed all’appoggio di Slow Food. 

Un’altra eccellenza è quella della cooperativa agricola la Sorgente, anch’essa associata a Il Frutto Permesso, che alleva suini da agricoltura biologica en plein air: ha una scrofaia con oltre 300 capi e ogni animale ha a disposizione 600 metri quadri di spazio in terra (due scarsi quelli previsti dalla normativa), con una particolare capannina per il parto e l’allattamento, che consente il massimo benessere animale. L’alimentazione dei suini è basata su materie prime nobili (fave, piselli, cereali, crusca, erba medica), prodotte in larga misura dagli stessi soci della cooperativa, e i salumi che producono sono ispirati agli stessi criteri di qualità. La socia Roberta De Tomassi, invece, a 1000 metri di quota in Val Pellice alleva una cinquantina di capre in libertà e produce con il loro latte formaggi caprini “alla francese”, ovvero lasciando coagulare il latte naturalmente e lentamente senza o con pochissimo caglio. I formaggini, freschi o stagionati anche per 3-4 mesi, sono aromatizzati con erbe locali e vengono avvolti in foglia di noce, di castagno o nel carbone vegetale. 

Nella sede della cooperativa di Pinerolo, ancora, sono allevati un settantina di pregiatissimi vitelli di razza fassone piemontesi, una varietà locale frutto di un incrocio remoto tra bovini e zebù, apprezzata per la qualità delle sue carni. Gli animali sono alimentati con il fieno, le fave intere ammollate nell’acqua ed una miscela di farine di mais e d’orzo, provenienti da agricoltura biologica e sono macellati e venduti dalla stessa cooperativa anche in pacchi famiglia, sia ai gruppi di acquisto che negli spacci, a un prezzo (10-12 euro/Kg) che sarebbe molto conveniente anche per tagli meno pregiati. Il Frutto Permesso porta nell’agricoltura la stessa attenzione alla biodiversità che sviluppa nell’allevamento, e quindi la cooperativa coltiva le antiche mele e pere piemontesi, (la Grigia di Torriana, la Runsè, Martin Sec) e i vecchi mais da polenta (come il Pignulet) che poi vengono macinati in un mulino a pietra del ‘700, adeguato all’attuale normativa.

L’attenzione ai prodotti locali è davvero il cuore del Frutto Permesso, e anche la ristorazione (che la cooperativa pratica da vent’anni) è solo un modo per far conoscere la qualità del loro lavoro; quel che arriva in tavola è coltivato, allevato, trasformato dalle mani dei soci: dal pane alle carni, dalle verdure alla frutta ed ai formaggi. Ne nascono menù che raccontano le storie del territorio: dalla cena vegetariana con erbe selvatiche e fiori spontanei (le portate verranno comunicate al momento a seconda del raccolto) al “bollito storico monumentale” tipicamente piemontese (sette tagli di carne, sette tagli minori, sette bagnèt, sette contorni di verdura). 

Il “ciclo chiuso” a cui la cooperativa si rifà viene continuamente integrato di nuove dimensioni. Da qualche tempo, in particolare, al centro della riflessione c’è l’impronta ecologica dei prodotti: Il Frutto Permesso cerca di ridurre al minimo l’impiego di energie non riproducibili in tutte le fasi di produzione e lavorazione. Così, dopo gli impianti fotovoltaici a scambio diretto -distribuiti su ogni centro di consumo di energia (laboratori, frigoriferi, stazioni di pompaggio dell’acqua irrigua)- a Il Frutto Permesso è entrata in funzione la nuova centrale di produzione di acqua calda con impianto solare e a legna che alimenta gli impianti dei nuovi laboratori. 

Oggi la bancarella degli anni 80 è lontana. I giovani fondatori di allora hanno superato tutti i 50 anni anni, e in cooperativa ormai lavorano anche i loro figli: la scommessa di dare un futuro alle aziende agricole di famiglia è stata vinta, almeno per il momento. Il Frutto Permesso ha una decina di dipendenti e oltre un milione e mezzo di euro di fatturato. Le ragioni di quella scelta (lontana sì, ma solo nel tempo) sono oggi più presenti che mai, perché il senso del loro lavoro al Frutto Permesso non l’hanno mai perso di vista. Sull’ultimo numero del foglio di news che distribuiscono hanno scritto: “Il biologico, il mercato diretto, i valori salutistici del cibo non sono fini ma strumenti; occorre che chiunque mangi sia consapevole che mangiare non è solo un atto agricolo ma un atto politico con cui contribuire alla sopravvivenza o alla precipitazione del Pianeta”. Serge Latouche, il filosofo della decrescita, sarebbe sicuramente d’accordo con questa affermazione. Ed è probabilmente per questo che li conosce e frequenta “Il Frutto Permesso”.

Tutti i luoghi La vendita diretta, per “Il Frutto Permesso” è la conclusione naturale di una produzione “a chilometro zero”, che a Bibiana (To) gestisce un centro di preparazione e spedizione all’ingrosso di ortofrutta e di prodotti trasformati, con cui rifornisce negozi, mense e gruppi d’acquisto solidali, a Cavour (To, in via Pinerolo, 177) una macelleria che commercializza carni e formaggi di produzione diretta. Il Frutto Permesso ha anche un punto vendita al dettaglio a Bibiana (via del Verné, 16) e uno a Torino (via Napione, 24), che distribuisce anche prodotti del commercio equo e solidale e di altre aziende biologiche della zona. 

La cooperativa ha anche dato vita, con alcuni soci, a un’altra cooperativa, il Trifoglio, che ha come scopo sociale l’apertura di punti di distribuzione diretta a Torino e dintorni dei prodotti dei soci. Dal 2006 il Trifoglio gestisce  un punto vendita annesso alla Centrale del Latte di Torino (in via Filadelfia 220, cui ha annesso una gelateria naturale che utilizza come materie prime il latte e la frutta bio delle aziende socie. D’estate, inoltre, il Trifoglio si occupa di alcuni piccoli punti vendita in Val Chisone e di un alpeggio con ristoro in zone turistiche vicine al Sestrières. 

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