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Accordi ineguali – Ae 71

È iniziata l’era del Cafta, il nuovo accordo che liberalizza commercio e investimenti tra gli Usa e il centroamerica. L’obiettivo, prima che economico, è geopolitico È iniziata l’era del Cafta, il nuovo accordo che liberalizza commercio e investimenti tra gli…

Tratto da Altreconomia 71 — Aprile 2006

È iniziata l’era del Cafta, il nuovo accordo che liberalizza commercio e investimenti tra gli Usa e il centroamerica. L’obiettivo, prima che economico, è geopolitico

È iniziata l’era del Cafta, il nuovo accordo che liberalizza commercio e investimenti tra gli Usa e la regione centroamericana. Il primo marzo è entrato in vigore il Trattato di libero commercio tra gli Stati Uniti d’America ed El Salvador, il primo dei sei che compongono il Central america free trade agreement (gli altri cinque legano tra loro Usa e Costarica, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana).

Il Cafta è, cioè, una somma di accordi bilaterali: una scelta “prudente”, quella del governo Bush. In un negoziato multilaterale c’è bisogno di accontentare tutti e il rischio di intoppi è alto. Il Cafta, firmato il 28 maggio del 2004, può invece entrare in vigore (con due mesi di ritardo rispetto all’agenda iniziale dettata dall’US Trade Representative’s Office) anche se il Congresso del Costarica non lo ha ratificato; e se la Repubblica Dominicana ha affermato che non sarà della partita prima di luglio.

Una scelta “aggressiva”, però: gli Usa hanno potuto imporre nell’agenda del Cafta temi ancora esclusi dai negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto): concorrenza, servizi di telecomunicazioni, servizi pubblici, trattamento riservato alle imprese straniere. E i ritardi nell’applicazione del Trattato sono dovuti, principalmente, alla mancata “armonizzazione” delle leggi nazionali dei Paesi contraenti alle disposizioni relative a questi temi. 

Per questo, mentre Guatemala, Honduras e Nicaragua si preparano ad entrare nell’accordo dal primo aprile, contadini, indigeni e organizzazioni sociali sono sul piede di guerra.

Non da soli, però: uno studio di Todd Tucker, direttore del Global Trade Watch di Public Citizen (
www.tradewatch.org), rivela che l’opposizione popolare è alta. Il Trattato non riconosce le asimmetrie economiche esistenti (il Pil della regione è pari allo 0,5% di quello Usa; il reddito pro capite, in centroamerica, è 19 volte inferiore a quello statunitense; il settore agricolo, che rappresenta il 2% del Pil Usa, produce il 17% della ricchezza centroamericana e dà lavoro ad oltre un terzo della popolazione) e per molti rappresenta la legalizzazione di politiche imposte nella regione a partire dagli anni Ottanta -i Piani di aggiustamento strutturale-, che dettero il via alla progressiva apertura delle frontiere commerciali e finanziarie dei Paesi centroamericani (secondo un documento della Banca mondiale, il centroamerica dipende dal mercato Usa tra il 23% di El Salvador e il 53% di Honduras per l’export; tra il 24% del Nicaragua e il 51% del Costarica per l’import).

La dimensione -ridotta- dell’economia centroamericana rivela che il Cafta rappresenta per il governo Usa un obiettivo geopolitico prima ancora che economico: a una dozzina d’anni dall’implementazione del Nafta -North america free trade agreement-, il seguente (e conseguente) “passo” verso una nuova colonizzazione dell’America Latina, reso ancor più necessario dalle difficoltà che attraversano i processi di liberalizzazione negoziati a livello multilaterale (come l’Area de libre comercio de las américas –Alca-, che ha subìto un brusco stop nel novembre 2005).

A maggio anche l’europa vuole la sua parte

Anche l’Unione Europea reclama la sua parte del bottino centroamericano: a maggio, in occasione della quarta riunione congiunta dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea e dell’America Latina che si terrà a Vienna, inizieranno i negoziati per un trattato di libero commercio tra l’Ue e il centroamerica.

Un “accordo di quarta generazione”, secondo il lessico usato da Bruxelles, che andrà a sostituire quello di “terza generazione plus” firmato a Roma nel dicembre del 2003, e che riguarda invece la cooperazione e il dialogo politico.

I legami commerciali tra Ue e centroamerica sono scarsi e le due regioni si fronteggiano nella guerra delle banane: nei mesi scorsi Honduras e Nicaragua hanno citato l’Ue al tribunale speciale della Wto.

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