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Ambiente / Attualità

Il Tagliamento rischia di essere sconvolto dalla costruzione di “grandi opere” inutili

Una vista del Tagliamento © Andrea Goltara - Cirf

Il più naturale dei grandi fiumi alpini è minacciato da interventi antropici, come casse di espansione e sbarramenti trasversali nell’alveo, che non solo non metteranno in sicurezza dalle alluvioni ma ne altereranno la dinamica naturale, con gravi conseguenze a monte e a valle. Un appello promosso da centinaia di scienziati e ricercatori internazionali chiede alle istituzioni di fermarsi

Un appello promosso dalla comunità tecnico-scientifica internazionale, sostenuto dal Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf) e firmato da oltre 400 ricercatori provenienti da 26 Paesi, porta l’attenzione sul “re dei fiumi alpini”, il Tagliamento, che rischia di venir definitivamente compromesso dalla costruzione di “grandi opere” che non solo non mettono in sicurezza dalle alluvioni ma ne alterano la dinamica naturale, con conseguenze morfologiche di vasta portata sia a monte sia a valle

Il Tagliamento nasce nelle montagne del Cadore veneto, attraversa la Carnia e sfocia dopo 170 chilometri nel golfo di Venezia, creando un bacino fluviale di circa tremila chilometri quadrati. Viene considerato come un fiume dal carattere torrentizio poiché il regime delle acque presenta una grande differenza di portata fra i periodi di magra e di piena.

Soprattutto, il Tagliamento è l’ultimo sistema fluviale della catena alpina che ancora mantiene le sue caratteristiche naturali originarie, ovvero un grande alveo a canali intrecciati che si modificano dopo ogni piena creando un ecosistema unico, in cui la connettività fluviale è rimasta intatta e non ci sono argini artificiali. Genera un enorme volume di acque sotterranee dando vita a una complessa varietà di ecosistemi nei quali sono presenti un’ampia diversità di specie acquatiche, anfibi e terrestri. Considerato “l’ultimo fiume selvaggio d’Europa”, per le sue caratteristiche il Tagliamento viene studiato e visitato da scienziati di tutto il mondo che chiedono a gran voce di preservarlo.

La Regione Friuli-Venezia Giulia e l’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi orientali hanno presentato i primi progetti infrastrutturali al dichiarato scopo di contenere le piene del fiume alla fine degli anni Novanta, trovando però l’opposizione dei comitati locali. Tra 2010 e 2012 la Regione ha creato la commissione Laboratorio Tagliamento che ha formulato una decina di proposte d’interventi idraulici e infrastrutturali lungo il bacino fluviale, tutte rimaste sulla carta.

Nell’aprile del 2024 però la giunta regionale ha approvato una delibera che dà inizio alla progettazione di una cassa d’espansione a monte del ponte di Dignano e a una cassa fuori alveo presso Varmo. Entrambe le opere creerebbero uno sbarramento trasversale nella portata del fiume che ne modificherebbe la connettività longitudinale, ovvero il regolare flusso da monte a valle dei sedimenti e della fauna rimasto finora inalterato.

La creazione delle casse d’espansione viene giustificata dalla Regione con la necessità di mettere il territorio in sicurezza rispetto alle alluvioni. Tuttavia i ricercatori del Cirf e i firmatari dell’appello sostengono che questi interventi strutturali non sarebbero efficaci nella mitigazione delle conseguenze di una piena, poiché bisognerebbe anche ridurre l’impatto degli elementi antropici evitando di concentrarsi sulla costruzione di grandi opere. Infine il Cirf sottolinea che la realizzazione delle opere di mitigazione sarebbe una violazione di diverse direttive e regolamenti europei sull’ambiente, come la Direttiva quadro acque, la Direttiva uccelli e habitat, il Regolamento per il ripristino della natura e la Convenzione delle Alpi.

I promotori dell’appello chiedono alla Regione di rispettare queste normative europee e di fermare la progettazione delle opere, cercando delle alternative che rispettino le caratteristiche morfologiche e la necessaria salvaguardia del Tagliamento. Infatti la gestione di un ecosistema fluviale così prezioso richiede un confronto attento con la comunità scientifica, una valutazione precisa degli impatti e dei possibili benefici e il coinvolgimento della popolazione locale, spesso attiva nella tutela del fiume come il comitato Tagliamento libero.

“La Regione dice di voler seguire il parere degli esperti: ora ascolti la voce di centinaia di loro, alcuni dei quali studiano il fiume da decenni. Le opere previste semplicemente non possono ‘mettere in sicurezza’ la popolazione e danneggerebbero un patrimonio unico, sia per i friulani che per tutto il mondo -ha spiegato Andrea Goltara, direttore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale e primo firmatario dell’appello-. Vanno messe in campo soluzioni che riducano il rischio senza compromettere irrimediabilmente l’estensione e la funzionalità di un fiume che è un ecosistema chiave e di riferimento per tutta l’Europa”.

Gli scienziati e i tecnici firmatari chiedono agli enti regionali e nazionali competenti di preservare le caratteristiche morfologiche del Tagliamento, promuovendo degli interventi di riqualificazione e di mitigazione degli impatti antropici. Inoltre, per gestire adeguatamente il rischio alluvionale propongono di valutare delle alternative basate sulla restituzione di spazio naturale al fiume, tenendo conto delle ricerche scientifiche e delle direttive europee. 

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