Esteri / Reportage
Le Canarie sono allo stremo: l’overtourism consuma le isole
Aumento del costo della vita, difficoltà di accesso alla casa e danni ambientali e sanitari hanno spinto gli abitanti a scendere di nuovo in piazza per protestare contro un modello “estrattivista”. Le richieste di chi vive nell’arcipelago
In una stradina sterrata secondaria di Lanzarote, in Spagna, una rete metallica delimita le rovine di un vecchio centro sportivo. Sulla rete qualcuno ha ricamato a corda la frase “Tú eras mi isla”, eri la mia isola. Meno di un chilometro a Sud, alternati a complessi alberghieri di lusso, “scheletri” di hotel e villaggi turistici iniziati e mai finiti giacciono da anni in stato di degrado. Dentro vivono diverse famiglie senza acqua corrente né elettricità.
Alle Canarie queste scene ormai quotidiane sono una delle conseguenze dell’overtourism, la “piaga” del sovraffollamento turistico che colpisce questi luoghi da decenni.
Il 20 aprile di quest’anno il malcontento per gli effetti socio-ambientali del paradigma economico e turistico del modello “Sun, sand and sea” ha trovato una valvola di sfogo nelle proteste di massa che hanno interessato le Isole Canarie. Le colonne dei quotidiani spagnoli e le immagini pubblicate sui social hanno restituito al di qua dello Stretto di Gibilterra il clima di insofferenza della popolazione. Folle riversate in strada nelle maggiori mete turistiche, non solo sulle isole, al grido di “¡Canarias se agota!”, le Canarie sono allo stremo. Ma perché tanto disagio se, stando ai dati governativi, il turismo contribuisce al 35,5% del Prodotto interno lordo della Comunità autonoma con introiti di 16,9 miliardi di euro?
Immaginate di concentrare in uno spazio di circa 7.400 chilometri quadrati -la superficie della provincia di Bolzano-, di cui più di tremila sono spazi naturali protetti, oltre 16 milioni di turisti e 2.236.013 abitanti in un anno (Instituto canario de estadística, Istac). Numeri così alti si traducono in congestione e forti pressioni su infrastrutture, servizi, siti naturali e biodiversità. Gli effetti visibili nell’immediato riguardano la pulizia degli spazi pubblici. Salvatore, italiano residente a Lanzarote, afferma di vedere soprattutto in estate i cestini della spazzatura lungo i marciapiedi pieni di “vestiti, materassini, giochi per la spiaggia e costumi da bagno. È probabile -continua-, che per alcuni sia più conveniente comprare qui ciò che serve e buttarlo prima di partire, anziché pagare il bagaglio in stiva”.
“Sono stata sfrattata dal precedente proprietario di casa per affittare l’alloggio ai turisti, gli stessi che ora non vogliono far arrivare” – Kathia, titolare di un negozio a Lanzarote
Altro ambito che offre evidenze negative del fenomeno è quello immobiliare. Per l’Instituto nacional de estadística (Ine), dal 2023 le Canarie sono la Comunità autonoma spagnola con la più alta percentuale di case vacanze sul totale delle abitazioni: il 4,08% di media con una punta del 22% nel municipio di Yaiza, nel Sud di Lanzarote. Stime riportate dal quotidiano El Confidencial, indicano tedeschi, italiani e britannici quali maggiori acquirenti. Gli ultimi in particolare possono rivolgersi al programma “Golden Visa” che consente il rapido ottenimento di un visto o permesso di soggiorno Schengen in cambio di investimenti immobiliari a partire da 500mila euro, contribuendo a innalzare il potere d’acquisto rispetto alla maggior parte degli isolani.
Gli impatti negativi sulla biodiversità arrivano anche dal traffico marittimo di navi da crociera, imbarcazioni private e traghetti che consentono spostamenti di turisti in tempi rapidi
Insieme alla conversione a uso turistico dei contratti di locazione, ciò spiegherebbe il disagio abitativo delle fasce più vulnerabili della popolazione le quali, sempre più povere e a rischio di esclusione sociale (Ine), occupano illegalmente edifici e case vacanze in stato di abbandono. Ma il problema non tocca solo coloro che sono più a rischio: Kathia, titolare di un negozio di abbigliamento a Lanzarote, racconta di esser stata sfrattata dal precedente proprietario di casa per affittare l’alloggio ai turisti, “gli stessi che ora non vogliono far arrivare -chiosa-, lo trovo incoerente. Protesterei piuttosto per affitti degni”.
Sono 311 gli emissari diretti di reflui non a norma su 434 distribuiti lungo le coste in tutto l’arcipelago delle Canarie. Ciò si traduce in acqua ad alte concentrazioni di inquinanti e di batteri fecali gettata in mare, nociva sia per l’ambiente marino e la sua biodiversità, sia per la salute pubblica dei bagnanti
A Tenerife, la costruzione dell’ennesimo complesso di lusso a uso turistico “Cuna del Alma” ha sollevato però anche problematiche ambientali comuni nell’arcipelago. Tra queste l’incapacità degli impianti di depurazione nelle isole di trattare i volumi di reflui prodotti dalle strutture ricettive, i quali vengono gettati in mare da emissari spesso illegali e a pochi metri dalla spiaggia. Felipe Ravina Olivares, sommozzatore e documentarista, nella sua proiezione “Salvar Tenerife” illustra come il problema principale, almeno a Tenerife, è la mancanza di un sistema fognario adeguato che convogli i reflui a un impianto di depurazione prima dello scarico in mare. Ravina denuncia l’inazione delle amministrazioni e l’irregolarità degli emissari. L’ultimo censimento del servizio cartografico canario (Grafcan) conta 434 emissari distribuiti lungo le coste in tutto l’arcipelago dei quali solo 123 godono di autorizzazione vigente. Sono quindi più di trecento quelli diretti di reflui non a norma. Ciò si traduce in acqua ad alte concentrazioni di inquinanti e di batteri fecali gettata in mare, nociva sia per l’ambiente marino e la sua biodiversità, sia per la salute pubblica dei bagnanti. “Mio figlio si ammalò dopo aver passato una giornata meravigliosa in spiaggia”, dichiara nel documentario “Salvar Tenerife” il surfista Dany Bruch, riferendosi all’episodio che nel 2020 portò il figlio a essere colpito da un ictus e ad affrontare una craniotomia per aver accidentalmente ingerito acqua contaminata: “all’ospedale mi dissero che mio figlio aveva preso un batterio -continua Bruch-, e che non sapevano come trattarlo”.
Il 28 marzo 2024 l’assessorato al Turismo del governo canario ha diffuso la bozza di una nuova legge sulle case vacanze che entrerà in vigore a fine anno, con nuovi requisiti per le licenze e l’obbligo per i Comuni di piani regolatori che limitino la conversione del suolo edificabile a uso commerciale e turistico, favorendo l’uso residenziale. Dall’annuncio “sono state registrate 16mila nuove case vacanza”, spiega Carmen Peña, consigliera della coalizione ecologista Drago Verdes Canarias, che propone la sospensione delle licenze a La Laguna (Tenerife), sede dell’omonima università, dove il caro affitti affligge anche gli studenti
Impatti negativi sulla biodiversità infine si hanno anche a causa del traffico marittimo di navi da crociera, imbarcazioni private e navi traghetto che consentono spostamenti interni di persone in tempi rapidi. Lo spazio marino di circa 70mila ettari che divide la costa Sud-Ovest di Tenerife da La Gomera offre un esempio concreto di questi danni. La zona, denominata Marina Teno-Rasca, è stata dichiarata Sito patrimonio per la conservazione e salvaguardia delle balene (“Whale heritage sites”) e zona di conservazione speciale rete Natura2000 per la presenza di specie marine considerate dall’International union for conservation in nature (Iucn) vulnerabili o in pericolo di estinzione, come le tartarughe verdi (Chelonia mydas) e caretta (Caretta caretta).
È soggetta però ad alti livelli di traffico marittimo: secondo un articolo del Journal of Ceatcean Research and Management, nel 2010 erano 8.944 le tratte percorse in un anno dai traghetti veloci per collegare il Sud-Ovest di Tenerife a La Gomera e 6.760 a Gran Canaria. È molto probabile che questi numeri siano cresciuti nel tempo e con essi i danni alle specie marine. L’Università di Las Palmas de Gran Canaria, in uno studio pubblicato nel 2019 sulla rivista scientifica Frontiers in Marine Science, ha dimostrato che l’83% dei capodogli spiaggiati alle Canarie con segni di collisioni sul corpo (perlopiù tagli profondi sul dorso e le pinne) sono morti per l’impatto con i traghetti che percorrono quotidianamente la frangia marina.
Per questi motivi, i movimenti scesi in piazza il 20 aprile vogliono un adeguamento del turismo alla vita locale e all’ambiente. Associazioni ambientaliste, ricercatori e cittadinanza chiedono alle amministrazioni una moratoria per la costruzione di nuovi complessi turistici, di stabilire un limite annuale degli arrivi e degli affitti stagionali e un’ecotassa a carico del turista da investire in maggiori controlli e iniziative educative per la conservazione della biodiversità, ma anche in sistemi di rilevamento degli inquinanti in mare in tempo reale e nel funzionamento di impianti di depurazione dei reflui, tra le altre cose.
Anche per il World economic forum le soluzioni agli effetti deleteri dell’overtourism richiedono una presa di responsabilità condivisa tra domanda, offerta, istituzioni territoriali e investitori. La catena dell’offerta è responsabile di riorientare il turismo al di fuori dei punti di interesse più popolari mentre il turista deve assumere un atteggiamento rispettoso e consapevole delle proprie scelte. Dal canto suo chi investe nel turismo deve considerare esigenze e priorità locali, non limitandosi a un modello “estrattivo”, mentre alle autorità spetta adottare misure politiche e stabilire limiti di capacità e mezzi per farle rispettare oppure assumersi gli oneri di condotte omissive.
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