Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente / Opinioni

I pannelli fotovoltaici e il consumo di suolo. La sentenza della Cassazione

© mariana-proenca - Unsplash

Chiamata a esprimersi in tema di imposte dei parchi fotovoltaici, la Corte ne ha sancito l’equiparabilità a degli immobili. Una decisione che non va letta come un ostacolo al forte e necessario sviluppo delle rinnovabili ma che rappresenta un’occasione per ripensare a un fotovoltaico che sia sostenibile, dando priorità all’installazione su superfici già consumate. L’analisi di Paolo Pileri

Allora avevamo visto giusto: i pannelli fotovoltaici a terra sono, a tutti gli effetti, equiparabili a un immobile e come tale si comportano nei confronti dell’uso del suolo. Ancorato al suolo un immobile, ancorato al suolo un pannello solare. A stabilire l’equazione è stata la Corte di cassazione (Civile Sez. 5) con la sentenza n. 6840/2024 pubblicata il 14 marzo scorso.

“Gli impianti fotovoltaici di grande potenza (parchi fotovoltaici) realizzati allo scopo di produrre energia da immettere nella rete elettrica nazionale per la vendita vanno considerati a tutti gli effetti, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, quali beni immobili in quanto la connessione strutturale e funzionale tra il terreno e gli impianti è tale da poterli ritenere sostanzialmente inscindibili, a nulla rilevando che astrattamente sono rimovibili ed installabili in altro luogo”. 

Nell’occuparsi di dare chiarimenti sulle imposte dovute nel caso dei parchi fotovoltaici, la sentenza finisce per offrici delle novità che riguardano la relazione tra suolo e pannelli, tra pannelli e consumo di suolo. Il cardine del ragionamento della Corte risiede nel fatto che un parco fotovoltaico e un immobile sono assimilati tra loro in forza del fatto che entrambi sono ancorati al terreno. Allora se l’ancoraggio a terra vale per la fiscalità, perché non dovrebbe valere quando parliamo di degrado e consumo di suolo?

Abbiamo spiegato più volte che i pannelli solari, inclusa la versione agrivoltaica, hanno fondazioni invasive a terra e richiedono preliminari movimenti terra per appianare i siti di appoggio e “liberarli” da erbe e piante. Ora possiamo dire con ancor più convinzione che ciò che riteniamo rinnovabile non è automaticamente sostenibile. Gli impatti ambientali ed ecologici per realizzare parchi solari non sono nulli, anche nel caso dei parchi agrivoltaici, seppur considerabili meno impattanti. Per la Corte anche il singolo pannello a terra “assume senza dubbio una natura immobiliare per essere parte componente di un bene immobile”. Sebbene, ovvio, lo sia ma con impatti inferiori rispetto agli impianti fotovoltaici di “apprezzabili dimensioni”.

Anche la reversibilità degli impianti fotovoltaici a terra non è, secondo la Corte, condizione sufficiente per sorvolare sulla natura immobiliare di un impianto fotovoltaico. A questo punto, allora, non ha neppur più senso considerare reversibili i consumi di suolo dei pannelli a terra come è stato fatto fino a oggi nel rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sul consumo di suolo.

Ora: non c’è da preoccuparsi o irritarsi per questa sentenza e per l’interpretazione che stiamo dando qui. C’è solo da prendere spunto da tutto ciò per divenire più responsabili e per immaginare una pianificazione energetica che, torniamo a dire, dia assolutamente priorità alla installazione di pannelli fotovoltaici sulle superfici già impermeabili e consumate (tetti civili industriali e logistici, parcheggi, ex-strade, ex-aeroporti, stazioni di servizio, strutture ferroviarie).

I suoli liberi devono essere risparmiati fin tanto che abbiamo spazi impermeabili dove metterli. A questo punto possiamo aggiungere anche altre due cose importanti. Chi è preposto alle valutazioni ambientali degli impianti fotovoltaici, agri o meno, ha ora tra le mani nuove buone ragioni per dare prescrizioni e, perfino, per sospendere il benestare ai parchi solari su suoli liberi.

Tutti vogliamo la transizione alle rinnovabili, non si fraintenda, ma non iniziando dai suoli liberi. Vincere facile non è la sfida di questo presente. Anche le Regioni dovranno rivedere i criteri con i quali definiscono o hanno definito le aree idonee a essere coperte da pannelli fotovoltaici. Sentenze come questa possono dare voce al suolo e consentire di andare in una direzione più corretta aiutando a pianificare meglio la transizione energetica che vogliamo più giusta per l’ambiente e le persone. 

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati