Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Crisi climatica / Attualità

“La Commissione europea deve eliminare anche il biodiesel a base di soia”

© james-baltz - Unsplash

Come l’olio di palma, il biodiesel di soia vanta emissioni climalteranti fino a due volte quelle del diesel fossile, considerando deforestazione e cambio di destinazione d’uso dei terreni. Una recente decisione dell’Organizzazione mondiale del commercio toglie ogni alibi all’Ue per il suo graduale abbandono. L’analisi di Transport&Environment

L’Europa ha diritto a limitare l’uso di colture alimentari per produrre biocarburanti e questa scelta oggi ha anche il timbro dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), che era stata chiamata a decidere in merito a una controversia tra l’Unione europea e la Malesia, uno dei principali Paesi produttori al mondo di olio di palma. In seguito alla decisione, un gruppo di organizzazioni della società civile è tornata, nel mese di marzo 2024, a far pressione sulla Commissione europea per bloccare anche il biodiesel “a base di soia”.

Per Transport&Environment (T&E), “ora non ci sono più scuse per la Commissione per non eliminare gradualmente i biocarburanti di soia”. “Questa sentenza -scrive Cian Delaney, che per T&E coordina la campagna sull’Energia- rafforza la capacità dell’Ue di intraprendere azioni progressive e basate sul clima su questioni commerciali internazionali controverse. Crea un forte precedente per l’eliminazione graduale di altri biocarburanti che causano la deforestazione e che sono attualmente utilizzati sul mercato europeo, in particolare la soia. Come l’olio di palma, il biodiesel di soia vanta emissioni climalteranti fino a due volte quelle del diesel fossile, se si tiene conto della deforestazione e del cambiamento di destinazione d’uso dei terreni”.

La controversia in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, avviata nel 2020, era incentrata sulle norme dell’Ue che fissano l’obiettivo del 10% di carburanti per i trasporti provenienti da fonti rinnovabili: i biocarburanti di origine vegetale sono considerati rinnovabili se soddisfano i criteri di sostenibilità; l’Europa esclude però le colture realizzate su terreni deforestati o dove c’è un alto rischio che sostituiscano le colture alimentari.

Un quadro ben applicabile anche alla soia: in Italia, ad esempio, non arriva dall’estero un grammo di soia certificata secondo uno dei tanti schemi che assicurano che quella coltivazione non ha contribuito alla deforestazione, come evidenzia l’inchiesta pubblicata su Altreconomia di marzo 2024.

Per questo, insieme ad altre organizzazioni della società civile, T&E ha scritto a inizio febbraio alla Commissione europea, facendo pressione per un’eliminazione graduale dei carburanti a base di soia dall’elenco delle fonti rinnovabili: l’espansione della frontiera della soia è infatti fortemente legata alla distruzione di ecosistemi ricchi di carbonio, come la foresta Amazzonica, e alle violazioni dei diritti umani nei Paesi del Sud America.

Intanto, un’analisi di T&E evidenzia che tra il 2015 e il 2022 il consumo di biodiesel di soia nell’Ue è quintuplicato, passando da 0,4 a oltre due milioni di tonnellate. Attualmente, i biocarburanti di soia e di palma costituiscono solo un terzo del volume di materie prime biodiesel dell’Ue, ma contribuiscono a due terzi delle emissioni di CO₂ del biodiesel in Europa.

In una lettera del 2022 visionata dall’organizzazione, il rappresentante permanente dell’Argentina presso l’Ue ha contattato le tre istituzioni europee in merito alla decisione sulla soia. La lettera esprimeva serie preoccupazioni sulla possibilità di un’eliminazione graduale del biodiesel di soia e sul fatto che una tale decisione sarebbe stata contraria agli obblighi commerciali dell’Ue nell’ambito dell’Omc.

La storia è poi proseguita nel febbraio 2023 durante i negoziati dell’accordo Mercosur a Bruxelles. Secondo i media argentini, l’allora ministro degli Esteri argentino Santiago Cafiero ha alluso specificamente alla Direttiva sulle energie rinnovabili (RED) durante i colloqui, contestando la sua clausola di esaminare la soglia del 10% che consente alle colture di biocarburanti legate indirettamente alla deforestazione di essere ancora considerate rinnovabili. Cafiero ha espresso il timore che l’abbassamento di questo limite possa indurre una riduzione graduale delle esportazioni argentine di biodiesel di soia, un punto critico nei negoziati commerciali.

Il Parlamento europeo aveva chiesto l’eliminazione graduale dell’olio di soia e di palma durante i negoziati per la nuova RED, mentre diversi Stati membri dell’Ue, tra cui Francia, Danimarca, Belgio e Paesi Bassi hanno già avviato questo processo di propria iniziativa. Anche l’Italia aveva indicato, nel 2021, la volontà di fare lo stesso. L’olio di palma e la soia avrebbero dovuto essere esclusi dal primo gennaio 2023, come ricorda un comunicato stampa di Legambiente. Non è così, però: “Con la ‘scusa’ di attendere la revisione del Regolamento europeo, addossando la responsabilità a un ritardo dell’Ue, con un emendamento nel decreto milleproroghe promosso dalla Lega la data è stata posticipata al primo gennaio 2025” spiega Andrea Poggio, responsabile mobilità dell’associazione. “La Commissione -commenta Delaney di T&E- ha sei mesi di ritardo nell’effettuare questa revisione e non ha fornito alcuna comunicazione ufficiale sulle motivazioni”.
Forse non riescono a tornare sui propri passi perché “i biocarburanti vegetali sono probabilmente la cosa più stupida mai promossa in nome del clima”, come aveva detto l’anno scorso Maik Marahrens, biofuels manager di T&E, nel commentare il rapporto in merito, curato lo scorso anno insieme all’Ong Oxfam.

Nel maggio del 2023 il Parlamento europeo ha adottato un regolamento relativo a “determinate materie prime e prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale”. Si applica a sei ambiti: allevamento di bovini, cacao, caffè, olio di palma, soia e legno. La motivazione? “Tra il 1990 e il 2020 è andata persa a causa della deforestazione un’area più grande dell’Ue, e il consumo europeo ha causato circa il 10% di queste perdite”. Anche perché “la deforestazione e il degrado forestale sono importanti cause del riscaldamento globale e della perdita di biodiversità. Il 23% delle emissioni di gas serra provengono dall’agricoltura, dalla silvicoltura e da altri usi del suolo”. È tempo di spegnere i motori: il biodisel non fa bene.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati