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“Io, indagato dalla procura di Como per aver tolto i fiori dalla lapide di Benito Mussolini”
La notte del 28 aprile Cecco Bellosi ha tolto i fiori dalla lapide del dittatore a Giulino di Mezzegra (Como), posti poco prima da una squadra di fascisti. L’11 maggio ha subìto una perquisizione -con sequestro del telefono di lavoro e di alcuni appunti- scoprendo d’essere indagato dalla procura. “Ma l’antifascismo non può essere reato”
Oggi, 12 maggio 2023, sono stato chiamato dal quotidiano La Provincia di Como, che mi ha chiesto conferma della perquisizione che ho subito ieri mattina, in quanto indagato dalla procura di Como per aver danneggiato la lapide del dittatore fascista Benito Mussolini la notte del 28 aprile 2023.
Nego nella maniera più assoluta di aver danneggiato la lapide. Rivendico invece di avere tolto i fiori che erano stati posti da una squadra di fascisti quella notte.
Chi mi conosce, sa che sono abituato ad assumermi le responsabilità di quello che faccio. Senza problemi, e a viso aperto.
Il 28 aprile è una data simbolo e Giulino di Mezzegra (CO) è un luogo simbolo: lì è finito il regime fascista dell’epoca (altro è il discorso sul fascismo eterno descritto da Umberto Eco e che si ripropone oggi), con il dittatore travestito da tedesco e i gerarchi in fuga da loro stessi e dalle loro nefandezze. Fermati da 27, ripeto 27, eroici partigiani della Cinquantaduesima Brigata Garibaldi.
In quel luogo ci dovrebbero essere le loro fotografie, non quelle di un dittatore giudicato dagli Alleati come il criminale di guerra numero due. Il primo era Adolf Hitler.
Quella lapide lì, a Giulino di Mezzegra, è, in sé, apologia di fascismo. Come se a Berlino ci fosse una lapide sul bunker di Hitler. Cosa che i tedeschi si sono ben guardati dal fare o dal lasciar fare. Cosa che invece le istituzioni in Italia hanno sempre concesso, permettendo allo stesso tempo la reiterazione del fascismo eterno.
Con i fascisti che ogni anno intervengono con tutti i segni e i gesti dell’apologia del regime, nel silenzio e nell’ignavia della magistratura di Como.
Invece di perseguire i fascisti, si mettono alla caccia degli antifascisti. Sono antifascista e comunista dall’età di 15 anni. E ne ho settantacinque.
Bene, prendo atto che esiste un nuovo reato: l’antifascismo. Il rovesciamento della storia. O l’adeguamento ai tempi.
Queste righe sono l’abbozzo della memoria solo tecnicamente difensiva che consegnerò al sostituto procuratore Simone Pizzotti. Insieme a una copia del mio libro “Sotto l’ombra di un bel fiore”. Già, perché la perquisizione in cerca di chissà che cosa ha portato al sequestro, oltre che del telefono di lavoro, su cui vengo chiamato ogni giorno da persone in cerca di aiuto, di un quaderno di appunti con segnata la data del 28 aprile e lo svolgimento di quella giornata. Bene, si trattava degli appunti per il capitolo sul 28 aprile 1945 contenuti nel libro. Così il dottor Pizzotti potrà leggere la Storia per come è stata.
E non a rovescio.
Onore al commissario politico Pietro, al comandante Pedro e ai partigiani dimenticati della cinquantaduesima Garibaldi, che anche la notte tra il 24 e il 25 aprile 1945 hanno dato la loro vita durante un rastrellamento nazifascista.
Ora e sempre Resistenza.
Cecco Bellosi da oltre trent’anni lavora come coordinatore dell’Associazione Comunità Il Gabbiano, che si occupa di tossicodipendenti, persone con problemi di sofferenza psichica, detenuti, minori in difficoltà, malati di Aids, ed è attiva in Lombardia dal 1983. Ha pubblicato Il paese dei contrabbandieri (Nodo Libri, 1995), Piccoli Gulag (DeriveApprodi, 2004), Con i piedi nell’acqua (Milieu, 2013), Sotto l’ombra di un bel fiore (Milieu, 2018), L’orlo del bosco (DeriveApprodi, 2022).
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