Esteri / Approfondimento
Dal fiume Evros all’Egeo, la gestione violenta delle frontiere greche
Nemmeno la Corte europea per i diritti dell’uomo riesce a garantire il rispetto dei diritti dei migranti. Tra il 2020 e il 2021 almeno 17mila persone sono state riportate “informalmente” in Turchia. Mentre Frontex resta in silenzio
“Siamo intrappolati qui senza acqua né cibo. Mangiamo la terra e le foglie: vi prego di intervenire al più presto perché i bambini stanno morendo”. È il 25 maggio 2022 quando una donna di origine siriana lancia un appello alle autorità greche tramite un video pubblicato da un giornale locale: un gruppo di 96 persone, di cui 30 minori, sono bloccate da più di tre giorni su un “isolotto” dell’Evros, il fiume che segna il confine continentale tra Grecia e Turchia. Poche ore prima della pubblicazione del video, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) aveva richiamato il governo di Atene al suo dovere di permettere al gruppo di accedere sul territorio per poter quindi chiedere protezione. Solo dopo un’altra fredda notte passata all’addiaccio alcuni agenti di polizia accompagnati da “uomini mascherati che parlano arabo” hanno raggiunto l’isola e trasferito le persone sul lato greco del fiume per respingerle -dopo brutali violenze- in Turchia nel giro di poche ore: alcune sono state portate direttamente a Istanbul altre, invece, su una delle isole nell’Evros.
“Questa modalità di respingimento delle persone è diventata così sistematica che non si ferma neanche di fronte a una misura giuridicamente vincolante della Cedu e a un’ampia visibilità sui media, spiegano gli attivisti della rete Border violence monitoring network (Bvmn), che riunisce diverse Ong che si occupano di tutelare i diritti delle persone in transito-. Le autorità greche continuano imperterrite a negare l’accesso ai diritti fondamentali”. È la punta dell’iceberg di una strategia che in Grecia nega l’accesso alla protezione a migliaia di persone senza neanche la preoccupazione di nascondere violenze e soprusi. Con la “benedizione” delle istituzioni europee. Quello raccontato non è un caso isolato. La prima segnalazione al Bvmn di persone bloccate sugli “isolotti” dell’Evros risale alla primavera del 2020, quando un giovane di sedici anni originario del Pakistan è affogato nel tentativo di raggiungere a nuoto la sponda greca del fiume dopo essere rimasto bloccato senza assistenza per giorni: da agosto 2020 a giugno 2022 gli attivisti hanno registrato almeno 2.458 casi di persone abbandonate per giorni sui lembi di terra del fiume.
Proprio per tentare di arginare questi respingimenti le Ong attive sul campo hanno ripetutamente chiamato in causa la Cedu. Da marzo a giugno la Corte ha emesso 13 provvedimenti cautelari -necessari nei casi in cui vi è il rischio di un’imminente violazione di un diritto fondamentale- riguardanti 470 persone abbandonate sul confine dell’Evros: nonostante i richiami della Corte, però, solo in quattro occasioni le autorità greche sono intervenute per salvare le persone. “Il fatto che la polizia greca ignori questi provvedimenti crea un pericoloso precedente che minaccia in modo sostanziale il rispetto del Sistema europeo comune di asilo (Ceas), della Carta dei diritti fondamentali e dei Trattati dell’Ue”, spiegano ad Altreconomia gli attivisti del Bvmn, che preferiscono mantenere l’anonimato.
La gestione violenta del confine Nord -che ha provocato la scomparsa di almeno 42 persone dal novembre 2020 a oggi- non si discosta da quanto succede nel mar Egeo. Nel report annuale pubblicato a giugno 2022 dal Relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti, Felipe Gonzalez Morales, viene evidenziato come i respingimenti siano diventati una “politica de facto di gestione del confine sia di terra sia di mare”. In totale, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha registrato tra il 2020 e il 2021 almeno 540 “incidenti” che hanno coinvolto oltre 17mila persone riportate, informalmente, in Turchia. Il Greek Helsinki Monitor e l’Organizzazione mondiale contro la tortura (Omct) hanno pubblicato a giugno 2022 un report in cui stimano in settemila le persone, compresi minori, respinte da marzo a dicembre 2020 dalla Guardia costiera: alcune di loro raccontano di essere state caricate su galleggianti senza giubbotto di salvataggio e lasciate andare alla deriva verso le coste turche. Una strategia brutale a fronte di numeri di arrivi irrisori: al 10 luglio le persone arrivate in Grecia dall’inizio dell’anno sono appena 5.876 (3.193 via mare e 2.683 via terra) e, nei due anni precedenti, in totale 24.853.
Le violazioni dei diritti però non riguardano solo la gestione del confine che di fatto nasce e consegue dalle restrizioni nella possibilità di chiedere asilo nel Paese. Dalla nascita del cosiddetto “approccio hotspot” voluto dall’Ue in seguito alla “crisi dei rifugiati” del 2015, secondo Martina Tazzioli, ricercatrice al Goldsmiths college di Londra che studia il contesto greco dal 2016, la presenza delle Agenzie europee si è consolidata soprattutto ai punti di sbarco, “molto più che in Italia”, per poi nuovamente diminuire favorendo il ritorno a procedure informali. “Dal punto di vista dei richiedenti asilo non è che prima funzionasse meglio, anzi. Però ci sono stati cambiamenti estremamente negativi negli ultimi due anni -spiega-. La minore attenzione mediatica sul Paese a mio avviso ha prodotto una sorta di de-europeizzazione dei meccanismi di monitoraggio che si era consolidata dal 2015 in poi”.
Alcuni recenti provvedimenti hanno definitivamente reso il diritto d’asilo un miraggio. Con un decreto interministeriale del 7 giugno 2021 l’esecutivo guidato da Kyriakos Mītsotakīs ha definito la Turchia “Paese terzo sicuro” per i cittadini pakistani, bengalesi, somali, siriani e afghani rendendo praticamente impossibile per loro chiedere protezione. Da novembre 2021, poi, non è più attivo il sistema di pre-registrazione su Skype della domanda d’asilo e quindi l’unica via percorribile è presentarsi in una stazione di polizia sulla terraferma. “Sicuramente la tecnologia era un ostacolo per chi faticava ad avere accesso a internet ma l’incontro ‘fisico’ con il poliziotto oggi comporta il rischio di un arresto e di conseguenza quello di una riammissione in Turchia”, continua Tazzioli.
L’aumento quindi di persone “irregolari” sul territorio diventa problematico per le autorità greche che tentano così di rendere il più efficiente possibile il sistema di respingimenti direttamente dalla frontiera o attraverso procedure accelerate: “Non credo che quelle procedure siano da vedere come una violazione delle regole imposte dell’Europa ma piuttosto un trend che la Grecia ha adottato su pressione delle stesse istituzioni europee”. Sotto questo aspetto il silenzio di Frontex, l’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee, su quanto accade lungo i confini tra Grecia e Turchia è segno di assenso a queste pratiche. Proprio la pubblicazione da parte del settimanale tedesco Der Spiegel di alcuni scatti dell’Agenzia che “riprendevano” uno dei numerosi casi di respingimento nell’Egeo ha favorito le dimissioni del direttore esecutivo Fabrice Leggeri nell’aprile 2022.
Sono 2.458 le persone abbandonate per giorni dalle autorità greche sulle “isole” del fiume Evros tra agosto 2020 e giugno 2022 secondo il monitoraggio degli attivisti del Border violence monitoring network
“Non c’è dubbio che Leggeri abbia avuto un ruolo cruciale nelle violazioni dei diritti ma le sue azioni hanno anche rivelato le problematiche strutturali dell’Agenzia”, spiegano gli attivisti del Bvmn. Mentre diverse Ong chiedono a Frontex di terminare le operazioni sul territorio greco, la nuova direttrice ad interim, Aija Kalnaja, ha dichiarato nel giugno 2022, durante un’audizione alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo che la sua “sensazione” è che la presenza di Frontex favorisca un maggior rispetto dei diritti alle frontiere. Ma per il Bvmn non è così. “Una nuova piattaforma digitale realizzata da Forensic Architecture nel luglio 2022 ha ricostruito 1.018 drift-backs ovvero circa 27.464 persone espulse dalla Grecia e lasciate alla deriva verso le coste turche. Frontex è stata coinvolta direttamente in 122 casi ed era a conoscenza di altri 417 episodi, sintomo di come una maggior presenza degli agenti non sia garanzia del rispetto dei diritti delle persone in transito”.
Oltre ai respingimenti al confine e alle restrizioni nell’accesso al diritto d’asilo c’è un terzo tassello fondamentale nella strategia greca: la criminalizzazione di migranti e solidali. A giugno 2022 il somalo Hanad Abdi Mohammad è stato condannato da un tribunale greco a 142 anni di prigione per contrabbando di migranti, sconterà 20 anni, il massimo consentito dal codice penale greco. Nel dicembre 2021 portò in salvo 33 persone.
Come lui, migliaia di richiedenti asilo vengono ingiustamente arrestati con l’accusa di favorire l’ingresso “illegale” di chi cerca protezione sul territorio greco. Anche i solidali sono costantemente ostacolati nelle loro attività tanto che la Relatrice speciale Onu sui difensori dei diritti umani, Mary Lawlor, ha dichiarato il 22 giugno 2022 al termine di una visita nel Paese che la politica nel campo dell’immigrazione da parte delle autorità sta avendo un “effetto soffocante” sulla società civile greca.
“La rapida erosione del diritto, insieme alle tecnologie avanzate che permettono allo Stato greco di controllare gli attori della società civile sono estremamente preoccupanti -concludono gli attivisti del Bvmn-. È fondamentale comprendere ciò che succede alle frontiere della Grecia come parte di un sistema strutturale più ampio, specificamente progettato per fortificare l’Europa. Se le sentenze della Cedu vengono ignorate senza alcuna conseguenza per gli Stati membri, rimangono poche vie per l’assunzione di responsabilità. Questo solleva forti preoccupazioni per il futuro”.
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