Non dimenticare Anna Politkovskaja
È passato un anno dall’assassinio di Anna Politkovskaja. La giornalista russa di Novaja Gazeta è stata uccisa sulla porta di casa il 7 ottobre 2006. Seguiva il confitto ceceno ed era stata più volte minacciata. Per il delitto sono state arrestate 11 persone, ma le indagini sono ancora in corso.
Anna Politkovskaja metteva uno stile diretto e tagliente al servizio di una informazione attenta, della ricerca della verità. Nei suoi articoli descriveva con accuratezza i fatti, preferendo lasciarne il commento a chi leggeva. Dal 1999 seguiva il conflitto in Cecenia per la Novaja Gazeta.
Un lavoro che aveva trasformato in un atto di solidarietà verso le persone di cui scriveva. A ottobre del 2002, durante l’assedio al teatro Dubrovka di Mosca, si offrì per il ruolo di mediatrice con i sequestratori, facendo ogni sforzo possibile per salvare la vita delle centinaia di persone prese in ostaggio.
La sua corrispondenza dalla Cecenia, svolta con immensa passione, le aveva portato grandi riconoscimenti internazionali (nel 2001 il Global Award di Amnesty International per il giornalismo in difesa dei diritti umani, nel 2003 il premio dell’Osce per il giornalismo e la democrazia) ma anche pericolosi nemici.
Già nel settembre 2004, mentre volava a Beslan durante il sequestro della scuola, avevano tentato di avvelenarla. Poi, il 7 ottobre 2006, l’assassinio, consumato in pieno giorno nell’ascensore del suo palazzo a Mosca, con la spavalderia di chi sa che non pagherà per il crimine commesso.
Dietro all’omicidio qualcuno ha indicato l’ombra di Ramzan Kadyrov, fedelissimo di Putin che pochi mesi più tardi lo avrebbe incoronato presidente della Repubblica caucasica. Quando è stata uccisa la Politkovskaja stava infatti conducendo un’inchiesta sulle torture nelle carceri di Kadyrov, allora primo ministro ceceno. Come misura immediata, dopo la sua morte la polizia russa ha sequestrato tutto il materiale trovato nel suo appartamento. Finora sono state arrestate 11 persone, tra cui alcuni ex membri dei servizi di sicurezza moscoviti.
Il mandante sarebbe stato individuato in Shamil Burayev, ex capo di un distretto ceceno candidatosi senza successo alla presidenza della Repubblica caucasica nel 2003. Ma le indagini, a cui stanno partecipando anche i colleghi della Novaja Gazeta, sono ancora in corso e rimangono molti dubbi. A un anno dal suo assassinio, la Politkovskaja continua a essere una fonte irriducibile d’ispirazione. Il suo era un giornalismo vero, ormai in via d’estinzione. In uno dei suoi ultimi articoli, scritto per il Guardian, si definiva “una reietta”, odiata ed evitata dal mondo politico e dell’informazione del suo Paese. “Vivere così -scriveva- è orribile. Vorrei un po’ più di comprensione. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo”.
Anna Politkovskaja era una lottatrice irriducibile, impossibile fermarla né tanto meno corromperla. Era una donna umile, guidava una vecchia Lada e viveva in un appartamento in affitto, che si era scelta un’esistenza nobile e difficile. Per ricordarla, in questi giorni a Roma è stato inaugurato “Largo Anna Politkovskaja”. A Villa Pamphili il suo nome è stato scritto per sempre accanto a quello di grandi personaggi come Anna Frank, Luigi Calabresi, Natalia Ginzburg. Alla cerimonia, tra gli altri, era presente sua figlia Vera, 2 grandi occhi azzurri che non avevano nessuna intenzione di nascondere la commozione. La ragazza si è detta sicura che la madre “sarebbe stata felice che un posto così bello ospitasse il suo nome”. A chi le ha chiesto cosa si augurasse per il futuro, ha risposto: “Vorrei che la mia gente, da troppo tempo in ginocchio, trovasse la forza di alzare la testa, così da costringere chi governa a rispettare i diritti fondamentali delle persone. Altrimenti per noi russi sarà sempre più dura”.
Chissà che non l’abbiano sentita anche all’ambasciata russa, proprio a 2 passi da dove si svolgeva la cerimonia in onore di Anna.
In Italia, oltre agli articoli riportati da Internazionale (disponibili sul sito del settimanale), sono stati pubblicati 2 libri della Politkovskaja: Cecenia, il disonore russo (Fandango 2003) e La Russia di Putin (Adelphi 2005)