Economia / Opinioni
Che cosa spaventa i mercati
In un precedente pezzo, abbiamo esaminato quelle che ci paiono le ragioni reali della crisi italiana. Lo stato in cui versa il Paese -le sue prospettive per il futuro- non sono rosee. Non è dunque insensato che i titoli di…
In un precedente pezzo, abbiamo esaminato quelle che ci paiono le ragioni reali della crisi italiana. Lo stato in cui versa il Paese -le sue prospettive per il futuro- non sono rosee. Non è dunque insensato che i titoli di Stato, ovvero i soldi che vengono prestati al governo italiano, siano considerati rischiosi, e quindi acquistati solo a condizione di alti tassi di remunerazione. Ma mantenere la promessa di interessi alti non è semplice, per un Paese la cui economia soffre come il nostro. L’accelerazione a questo processo è stata data dall’ultima manovra economica del governo: miope, improvvisata, ampiamente inefficace. Il governo italiano ancora una volta ha brillato per incompetenza, arriva in ritardo e impreparato ai vertici internazionali, e ormai non viene più tenuto in considerazione quando c’è da fare scelte importanti.
A queste condizioni, lo ribadiamo, è condivisibile fuggire dall’Italia.
Questa crisi che sembra così improvvisa, dunque, non lo è affatto. L’ultima carta che potevamo giocarci è stata un due di picche con la briscola a quadri.
Ci servono dei soldi: perché non fermare opere inutili -come il ponte sullo Stretto di Messina-, ridurre gli sprechi -come quelli per la Difesa-, contrastare efficacemente l’evasione fiscale, l’elusione fiscale -a partire dalle aziende controllate dallo Stato, come Enel, Eni, Finmeccanica-, la corruzione, la criminalità, i privilegi della classe politica? Perché non attuare finalmente una riforma fiscale, più equa, a cominciare dalla tassazione delle rendite?
Molti italiani tuttavia ancora non capiscono che cosa sta succedendo: perché tutto a un tratto questa urgenza, questo crollo? Anche la stampa, anche gli economisti non si fanno capire. Eppure, la questione del debito è nota da tanto tempo.
A leggere con attenzione i resoconti di ciò che sta accadendo, emergono alcune parole chiave: "Che cosa faranno i mercati?", ci si chiede. Come devono essere "rassicurati".
Ma, che cosa sono "i mercati"?
La "temuta riapertura dei mercati" scrivono i quotidiani. Ma di che cosa stiamo parlando? Dove è finita tutta la "scienza" di cui gli economisti si sono riempiti la bocca tutti questi anni? Siamo nelle mani degli "umori" degli operatori finanziari? Il nostro destino dipende dall’irrazionalità, dallo stato d’animo, dalla sfiducia o fiducia che ripongono nel nostro lavoro? Ma chi li ha mai visti? Come possono giudicare l’economia italiana?
Possibile che tutti i calcoli, i grafici, le tabelle degli economisti siano carta straccia di fronte ai "timori dei mercati"? "Calmare gli investitori con segnali di fiducia", si legge sui giornali. Meno male che c’è il fine settimana di mezzo, in cui le Borse sono chiuse.
Ma chi sono questi "mercati"? Non possiamo andarli a prendere a casa, malmenarli un po’, e dir loro di non fare scherzi?
Stiamo parlando di una crisi economica che si interrompe il venerdì per ricominciare il lunedì? è economia reale questa?
Di reale di sicuro c’è che per "rassicurare i mercati" servono le misure dei governi e l’intervento della BCE. Con quali soldi?
La BCE comprerà titoli di Stato italiani e spagnoli. Così consolideremo il nostro record, di Paese col quarto debito pubblico al mondo. La crisi del 2008, risolta a colpi di indebitamento dalle economie occidentali, chiede il conto. La finanziarizzazione dell’economia, quella dei derivati, dei credit default swap, dei subprime, non ha mai finito di arrecare danno.
Chi pagherà allora tutto questo? La risposta, ancora una volta, è ovvia. La maggioranza degli italiani avrà meno sicurezze, meno servizi, meno benessere. Il territorio verrà svenduto, depredato, distrutto. Assisteremo a un’ondata di dismissioni e privatizzazioni.
Saremo politicamente ed economicamente in pasto a quegli Stati che detengono i nostri titoli (Francia in testa). La produzione scomparirà, dipenderemo dall’estero per ogni bene di consumo, addirittura per fare il pane e la pasta (già oggi in realtà è così). In tutto questo qualcuno continuerà ad arricchirsi vergognosamente.
Non c’è nulla da fare? Anche in questo caso sappiamo la risposta. La Borsa non è l’economia italiana: in Borsa vengono quotate un numero ridicolo di società sul totale nazionale. La maggior parte sono banche. L’economia italiana reale è fuori dalla Borsa, lontana dalla banche. È fatta di produttori (di beni e servizi) che incontrano direttamente consumatori (di beni e servizi) sul territorio. È fatta di buon senso, di sobrietà, di lungimiranza. Di tutela del territorio, del paesaggio, della cultura e dell’arte.