Interni
L’esercito svanito
La mancanza di fondi sta facendo morire il servizio civile nazionale, che in dieci anni ha impiegato oltre 260mila ragazzi in lavori socialmente utili
Gli ultimi governi hanno smantellato un esercito: non armato, ma civile, silenzioso e socialmente utile, che costa molto meno del militare e rende di più. Per mettere in campo 50.000 ragazzi a svolgere il servizio civile nelle associazioni italiane per un anno servono 240 milioni di euro, meno di quanto sia necessario ad acquistare due F35 -i famosi aerei da guerra della Difesa italiana di cui Altreconomia segue le evoluzioni-. “Rispetto ai bilanci dello Stato -ci spiega Massimo Paolicelli, presidente dell’Associazione obiettori nonviolenti- sono cifre irrisorie, che vanno a sostenere un lavoro socialmente ancora più utile in tempi di crisi. Eppure lo stanno facendo morire”. Ne parliamo con Paolicelli pochi giorni dopo l’allarme da parte del ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi (nella foto a destra). Il quale, rispondendo in Parlamento a due interrogazioni urgenti in materia, ha affermato che “non sarà possibile garantire la presentazione dei progetti di servizio civile da parte degli enti e, di conseguenza, non potrà essere avviato alcun volontario nel corso del 2013”. Una doccia fredda per il terzo settore che già nel corso degli ultimi anni ha visto calare vistosamente il numero di giovani volontari che agiscono con un rimborso messo a disposizione dallo Stato di 433 euro al mese. L’anno horribilis per il servizio civile è partito con la sentenza della Sezione lavoro del Tribunale di Milano che aveva bloccato l’avvio del servizio per i ragazzi dopo che era stato accolto il ricorso di un ragazzo pakistano. Il giovane, residente in Italia da 15 anni, aveva contestato il bando da cui era stato escluso in quanto chiede “il possesso della cittadinanza italiana quale requisito di ammissione allo svolgimento del Servizio civile nazionale”. La sentenza in appello ha sbloccato l’avvio dei ragazzi selezionati, ma il problema rimane aperto così come indefinito è il futuro del servizio civile stesso.
Nato nel 2001 con la legge 64, il Servizio civile nazionale ha permesso in dieci anni a più di 260.000 giovani di prestare un anno della loro vita ad un “percorso di formazione sociale, civica, culturale e professionale attraverso l’esperienza umana di solidarietà sociale, attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale”.
“La motivazione è economica -spiega ancora Paolicelli-:, ci sono sempre meno risorse e lo Stato decide di dedicarle ad altre attività. Su queste scelte influisce anche la scarsa conoscenza della materia da parte di chi la amministra e la gestisce. Non ne apprezzano fino in fondo il valore perché lo Stato potrebbe avere un discreto vantaggio finanziario dall’attività di questi giovani. Basti pensare che l’impegno delle associazioni per cui prestano servizio va spesso a coprire a costi minori alcune aree di disagio o dei bisogni a cui lo Stato stesso non riesce a dare risposta.
Come altri temi sociali, anche il servizio civile è finito fra le cenerentole delle politiche. Eppure risponde al dovere di difendere la patria come il servizio militare, ma per quello i finanziamenti si trovano, per il servizio civile avviene l’opposto e decide un fondo legato alla vecchia legge dell’obiezione di coscienza”. Le risorse da destinarvi vengono infatti previste dalla Legge di Stabilità ogni anno.
“Con proiezione triennale -precisa Francesco Spagnolo, responsabile di esseciblog.it, il sito del Tavolo ecclesiale sul servizio civile-. È il governo a proporre la cifra e negli ultimi anni, con la necessità di approvare la legge con il voto di fiducia, tutti gli emendamenti del Parlamento per valorizzare di più il servizio civile sono decaduti.
Al momento non ci sono soldi per l’anno venturo. Con avvii scaglionati hanno fatto e faranno partire i volontari del 2012 sul bando del 2011, Ma senza copertura non ci sarà il bando per il 2013 e la macchina si bloccherà”.
Una macchina che, fra personale e spese di funzionamento, nel 2010 è costata più di 8 milioni di euro di fondi pubblici. “L’Ufficio nazionale per il servizio civile potrebbe venire smantellato e sarebbe complicato e faticoso ricostituirlo. C’è da considerare che molti enti e associazioni hanno investito parecchio in personale interno dedicato a questo settore e ora si trovano in difficoltà”.
Eppure due recenti ricerche -una curata dall’Irs, Istituto per la ricerca sociale per conto di Arci servizio civile e l’altra dalla Cnsesc -Conferenza nazionale enti servizio civile- hanno ricostruito quanto può restituire ogni euro investito in questa attività: 4 secondo la prima ricerca e 3 a detta della seconda. I calcoli sono stati fatti tenendo conto anche della comparazione fra le retribuzioni di lavoratori con funzioni e caratteristiche simili. “Si deve anche considerare -spiega ancora Paolicelli- che i volontari coprono una serie di servizi che, erogati con il personale standard, avrebbero costi maggiori. Se si pensa che per le spese militari il governo stanzia ogni anno 23 miliardi di euro, si capisce bene cosa sarebbero poche centinaia di milioni di euro per il bilancio statale”. Secondo i dati di Federsolidarietà -l’associazione di categoria che riunisce la maggior parte delle cooperative sociali- il 30% dei ragazzi in servizio nelle cooperative sociali per un anno, vi ha poi trovato lavoro. Un “incubatore”, quindi, che permette anche alle imprese sociali di selezionare ed inserire nuove leve, magari pescando fra quei 2,2 milioni di under 30 che, secondo i dati Istat, non studiano né lavorano.
Spiragli per il rilancio se ne vedono pochi, ma la palla è in mano al governo. Il ministro Riccardi si trova ora in mezzo a due fuochi: l’esecutivo Monti -di cui fa parte guidando però un ministero senza portafoglio- che fatica a trovare risorse e il terzo settore che insorge contro la cancellazione dei fondi. “Il ministro Riccardi -ci spiega il suo portavoce Giovanni Grasso- non ha affermato che è sua volontà chiudere il servizio civile per l’anno 2013. Ha detto che se non arrivano nuove risorse, i fondi rimasti dopo i tagli degli ultimi anni non consentono l’avvio delle partenze nel 2013. Non è una decisione già presa, ma un allarme”.
“Adesso è da vedere -incalza Paolicelli- se Riccardi vuole accettare il modello di Difesa del collega di governo Di Paola (Arturo, ministro per la Difesa, ndr) o se è capace di dire di no ed impuntarsi fino a che le risorse non vengono trovate”. —
Nel 2006, il record
Nato dopo l’abrogazione della leva militare obbligatoria, il servizio civile è diventato un passaggio fisso ogni anno per decine di migliaia di giovani dai 18 ai 28 anni. Si può svolgere solo una volta, partecipando al Bando nazionale che viene emanato periodicamente e candidandosi per progetti specifici degli enti accreditati selezionati dall’Ufficio nazionale per il servizio civile (Unsc) sulla base dei fondi disponibili. Le risorse previste dal governo per il 2012 sono scese a 68 milioni di euro, che significa un taglio del 400% in tre anni. Nel 2009 erano 299 milioni di euro. Fondi che sostengono l’attività di 3.581 enti accreditati, considerando solo quelli del Servizio civile nazionale. Il 26% si trova al Nord, il 17% al Centro, il 37% al Sud e il 20% nelle isole. Attualmente il numero dei volontari in servizio è di circa 8.800. Il picco del numero di avviati fu toccato nel 2006 con 4 bandi, 57.000 posti e un numero totale di giovani coinvolti di quasi 46.000. Da lì è iniziato il calo: 43.000 nel 2007, 27.000 nel 2008, 30.000 nel 2009, 20.000 nel 2010, 14.000 lo scorso anno. Un totale, nei dieci anni di storia, di quasi 262.000 giovani coinvolti. Nel 2010 il 54% dei volontari -in totale 7.658- sono stati avviati al Sud e nelle isole, area geografica in cui il servizio civile è spesso una delle poche possibilità di impiego temporaneo per i giovani. Anche le Regioni hanno in questi anni promosso bandi supplementari e specifici per aumentare il numero dei giovani in servizio civile, arrivando oggi al paradosso da raggiungere dimensioni sproporzionate rispetto al nazionale. La Toscana, ad esempio, ha aperto un bando per l’entrata in servizio di più di 2.550 giovani. —