24 marzo 2006: Giornata mondiale contro la tubercolosi
Un euro per assistito, ogni anno. Così, con circa 450.000 Euro, alcune Asl di Treviso per tre anni hanno supportato le attività contro la tubercolosi dell’ong Medici con l’Africa Cuamm, in Angola. Un euro che per tre anni ha significato farmaci per gli assistiti, acquisto di macchinari e prossima apertura di un centro di consulenza per i malati della caotica capitale angolana, Luanda.
Salvo poche eccezioni, e le Asl di Treviso sono una di queste, la tubercolosi in Italia ed in Europa è una malattia quasi dimenticata. Evoca la povertà del dopoguerra, la sporcizia dei sobborghi delle metropoli africane, il freddo umido dei Paesi dell’Est Europa, le stazioni dei treni, e le periferie povere animate dai migranti del ventunesimo secolo.
di Laura Fantozzi
Eppure con la Tb convive oggi, come malato o portatore sano, quasi un terzo della popolazione mondiale. Ogni anno due milioni di persone muoiono di Tb, e 250.000 sono bambini. Ogni anno si registrano 8 milioni di nuovi casi, molti dei quali presentano confezione con Hiv/Aids. Per non dimenticarli più, questi ammalati e questi morti, per ridurre progressivamente l’incidenza di questa malattia, da alcun anni il 24 marzo é diventata la giornata mondiale contro la Tb (http://www.stoptb.org/events/world_tb_day/2006/). In sintesi, un’occasione per sensibilizzare e raccogliere fondi, per parlare anche di quelle patologie che sembrano non interessarci più perché non ci colpiscono direttamente e non sono un business farmaceutico.
“Dei due milioni di nuovi ammalati, il 90% vive in un Paese in via di sviluppo, 1,5 milione e mezzo in Africa subsahariana -precisa Dolores Marin, medico e capo progetto Cuamm, che da 5 anni segue la TB in Angola-. A Luanda gestiamo 26 centri di trattamento della tubercolosi e 14 laboratori di analisi, nostri, pubblici o non profit (ad esempio di gruppi religiosi). Dalla fine del conflitto, nell’aprile 2002, ad oggi abbiamo registrato un notevole incremento dei casi, passati da 6000 a 9902; l’esponenziale crescita della popolazione nella capitale, il peggioramento delle condizioni di vita negli slums più poveri e l’aumento dei centri di trattamento possono spiegare l’impennata di questi dati”.
Quello che manca a tutt’oggi in Angola è il coordinamento dei numeri relativi alla Tb (dati di ong, centri privati e ospedali pubblici non vengono raccolti in un unico data base, il che consentirebbe di avere un quadro preciso della diffusione e della evoluzione della malattia) e più in generale di quelli relativi alla situazione sanitaria del Paese. Che resta, comunque, drammatica.
Nel corso dei 2005 in Angola i casi notificati di tubercolosi sono stati poco più di 35.000, dei quali 16.026 sputopositivi, ovvero risultati positivi al test tubercolinico. Tra i restanti, circa un 10% é costituito da bambini che presentano una TB extrapolmonare, quindi non infettiva (non contagiosa poiché la tosse che proviene dai bronchi non porta germi). Solo al Dispensario provinciale di Luanda, ogni mattina arrivano circa 50/60 persone, alcune per la prima visita, altre per i controlli e per prendere la dose settimanale di medicine. Si siedono nelle sale di attesa e parlano, conividono la propria esperienza, le paure ed i pregiudizi relativi a questa malattia. A differenza di altri centri, dove i ricoverati e i pazienti seguiti ambulatorialmente sono riuniti nello stesso edificio, questa soluzione consente ai non degenti di proseguire anche psicologicamente una vita abbastanza normale.
L’abbandono del trattamento resta uno dei problemi maggiori. “La cura per la Tb dura 8 mesi – aggiunge Elena, giovane infermiera – Molti ammalati sospendono il trattamento dopo alcune settimane, si dimenticano di assumere i farmaci, non vedendo risultati immediati si stufano, o ancora non sono disposti a modificare le abitudini di vita, come migliorare lo stile di alimentazione o abbandonare l’alcool. Inoltre esiste un problema di accettazione sociale della malattia, considerata un “epidemia” delle classi povere. Ci si vergogna a recarsi nel centro per prendere le pastiglie o farsi visitare. Ci si sente soli, spesso stigmatizzati dalla famiglia e dal quartiere. Una malattia che ti cambia la vita – precisa Elena, a sua volta colpita dalla TB 5 anni fa-; ti senti scrutata, pesata con gli occhi, controllata. Ogni chilo in meno, ogni colpo di tosse in piu’, allontana da te le persone. Occorre credere nella propria guarigione, seguire i consigli dei medici, e non abbandonare mai il trattamento, nemmeno quando i dolori e lo sconforto paiono avere la meglio. Io – conclude l’infermiera – ho avuto fortuna, una famiglia comprensiva e buone condizioni economiche per affrontare tutti i disagi connessi alla Tb. Ma non sempre è cosi. Gli ammalati che vivono nelle baracche di lamiera, che mangiano fungi (polenta locale) e manioca, senza acqua per pulire i propri piatti, fanno molta piu’ fatica a guarire, fisicamente ed anche emotivamente”.
A differenza degli altri Paesi dell’Africa subsaharaina, in Angola risulta al momento ancora relativamente basso il tasso di co-infezione con Hiv e la presenza di ammalati resistenti ai farmaci (sotto la soglia del 5%). “Situazione anomala, quella dell’ Angola – riprende Dolores Marin – , un tasso di Hiv/Aids basso, dovuto a 30 anni di guerra che hanno limitato gli spostamenti all’interno del Paese, e una piccola percentuale di co-infezione Hiv/Tb, e ancora un numero relativamente basso di malati resistenti ai farmaci tradizionali”.
“Il costo delle medicine in Angola è spropositato -aggiunge Joseph Nsuka, coordinatore del programma nazionale contro la TB e direttore del Dispensario di Luanda-; la cura per la TB si aggira su 40 dollari per ammalato, poco per lo standard europeo, moltissimo per il nostro Paese, visto che il sistema sanitario dispone di 8 dollari pro capite per anno. La situazione è comunque nettamente migliorata nel 2004, quando abbiamo iniziato a ricevere parte dei farmaci dell’Organizzazione Mondiale della sanità, come previsto dal Global Tb Drug Facility (GFD) (www.stoptb.org/gfd)”. Quello che comunque ancora manca, è una legge nazionale sulla vendita dei farmaci. Nelle cliniche private una visita si paga dai 50 ai 100 dollari, la cura completa oltre i 400. Un’assurdità visto che, al di la delle statistiche che fanno una media tra petrolio e favelas, in realtà (Angola MDG 2005) il
68% della popolazione vive ancora in stato di povertà, il 26% in stato di estrema poverta’, con meno di un dollaro al giorno.