Un tribunale popolare giudica la Banca mondiale
A l’Aja, in Olanda, una sessione del Tribunale permanente dei popoli -un tribunale popolare indipendente, le cui condanne hanno un valore morale e non legale- ha giudicato l’operato della Banca mondiale (Wb).
Esponenti delle comunità locali della Nigeria, del Perù, del Malawi, del Nicaragua e del Kazakistan hanno puntato il dito contro i progetti estrattivi sostenuti dalla Banca e le condizionalità economiche imposte ai governi del Sud del mondo, quegli obblighi che l’istituzione esige siano rispettati per concedere i suoi prestiti.
“Le lezioni del passato sono ben conosciute -ha detto Antonio Tricarico, coordinatore della Campagna per la riforma della Banca mondiale aprendo l’udienza-, tuttavia vengono generalmente ignorate nella progettazione delle nuove opere. Perciò possiamo affermare che l’amnesia istituzionale è il corollario dell’ottimismo istituzionale”.
Dieci anni fa, le stesse parole sull’operato della più grande istituzione multilaterale di sviluppo esistente al mondo erano stato pronunciate dall’organo di valutazione interno alla stessa Banca mondiale.
Il 15 ottobre, a sedere sull’immaginario banco degli imputati del tribunale sono state le ricette di -presunto- sviluppo della Banca mondiale. Condizioni che troppo spesso penalizzano invece di aiutare quegli stessi Paesi.
Dalle numerose testimonianze rese da rappresentanti delle popolazioni impattate dalle politiche e dai progetti della Wb, si è potuto dedurre che il testo letto da Tricarico è fin troppo attuale.
Non è un caso, allora, che siano tante le Ong internazionali e i gruppi di base che chiedono la loro cancellazione. Altrimenti si ripeteranno altri casi come quello del Mali, dove la privatizzazione dell’industria del cotone nel 2005 -voluta dalla Banca mondiale- causò una diminuzione del 20% del salario per ben tre milioni di maliani. E forse val la pena evidenziare che il Paese africano è uno dei più poveri al mondo, e che oltre un quarto della popolazione dipende dalla coltivazione del cotone, la principale risorsa nazionale.
Ma non sono meno devastanti gli impatti dei progetti estrattivi come il West African Gas Pipeline, che partendo dalla Nigeria attraversa Benin e Togo per arrivare in Ghana. Un gasdotto che, invece di ridurre il fenomeno del gas flaring nella regione del Delta del Niger, sta avendo conseguenze nefaste sulle comunità locali, ancora prive delle promesse compensazioni e penalizzate dagli impatti ambientali legati alla realizzazione del progetto. Un po’ quello che è accaduto in Perù, però nel caso dell’estrazione di un’altra risorsa molto preziosa: l’oro.
Tra le personalità chiamate ad esprimere un giudizio qualificato sull’operato della Banca mondiale c’erano Medha Patkar, storica attivista indiana contro le dighe sul fiume Narmada, l’economista ghanese Charles Abugre, il senatore di Rifondazione Comunista Francesco Martone, noto per il suo impegno ambientalista, e Maartje van Putten, ex membro dell’Inspection Panel, l’organismo indipendente che controlla l’operato della Banca mondiale. La loro dichiarazione finale non avrà il valore legale degli altri tribunali attivi all’Aja (la Corte internazionale di giustizia), ma è senza dubbio un messaggio significativo per i burocrati della Banca. L’evento, giunto alla sua terza edizione, dopo le precedenti tenutesi a Berlino (1988) e a Madrid (1994), si è svolto a soli cinque giorni dall’inizio degli incontri annuali (Annual Meetings) delle istituzioni di Bretton Woods (Banca mondiale e Fondo monetario internazionale), in programma a Washington dal 20 al 22 ottobre.
Quella del prossimo fine settimana sarà la prima uscita pubblica del nuovo presidente della Banca, Robert Zoellick, chiamato a ridare un po’ di credibilità dopo i guasti combinati da Paul Wolfowitz nei suoi 2 anni alla guida dell’istituzione, e del direttore generale in pectore del Fondo, Dominique Strauss Kahn, successore del dimissionario Rodrigo de Rato. L’iniziativa dell’Aja, trasmessa in tutto il mondo via internet streaming, è stata la prima di una serie di eventi programmati per la settimana di mobilitazione globale sulle istituzioni di Bretton Woods. Chissà se Banca e Fondo questa volta impareranno la lezione e cominceranno a tutelari gli interessi delle popolazioni locali e dell’ambiente. Sperare non costa niente.