Ambiente
Trasporto merci, la riforma è possibile
Tra interesse della mobilità generale e lobby. Intervista a Cinzia Franchini, presidente dell’associazione di categoria CNA-FITA, la maggiore tra le associazioni di categoria dei soggetti che si occupano di trasporto merci e persone, con circa 26mila soci: “Avanti nonostante le minacce”
“Il Governo deve privilegiare l’interesse della mobilità generale rispetto a interessi di circoscritte lobby, come per esempio quella dei concessionari autostradali”. Cinzia Franchini, modenese, è presidente nazionale di CNA-Fita (www.cnafita.it), la maggiore tra le associazioni di categoria dei soggetti che si occupano di trasporto merci e persone, con circa 26mila soci. Quando chiede un intervento sui pedaggi, però, sostiene di promuovere l’interesse di tutti (anche dei cittadini, e dei turisti) e non della categoria che rappresenta. Perché è guardando al settore dal suo interno, che è possibile cogliere (e denunciarne) le contraddizioni.
Il “Libro bianco sui trasporti” della Commissione europea (del 2011) evidenzia come “sulle percorrenze superiori a 300 chilometri il 30% del trasporto di merci su strada dovrebbe essere trasferito verso altri modi (la ferrovia o le vie navigabili) entro il 2030”. L’Italia si sta attrezzando?
I punti di interscambio davvero efficienti tra porti ed interporti, da e per l’Europa, si contano sulle dita di una mano. Da quei punti è ragionevole e plausibile parlare di interscambio modale gomma-ferro sopra i 300 chilometri.
Tutto quanto viene detto invece sul cargo ferroviario in Italia non solo è inverosimile ma non risponde alla politica dei trasporti fin qui condotta, che ha visto “smantellare” l’infrastruttura ferroviaria dedicata in meno di un decennio. Oggi inoltre la percorrenza media per tratta di un trasporto di merci su gomma non supera i 150 chilometri, ed è su questo segmento, di competenza dell’autotrasporto, che si deve intervenire per migliorare senza coltivare illusioni intermodali impraticabili. Sul fronte dell’interscambio modale gomma-mare-gomma è possibile fare molto, a condizione che quanto realizzato in passato, con le autostrade del mare, possa essere rilanciato, e su questo l’associazione che presiedo, la CNA-Fita, ha avanzato richieste e sta collaborando con la Confederazione degli armatori, affinché il Governo italiano guidi, con sue proposte, il corso europeo per ridefinire l’eco-bonus ambientale per le autostrade del mare, liberando così quote di traffico pesante dalle strade per trasferirle sulle navi.
Tra gli interventi per ridurre l’impatto della logistica andrebbero evitati i viaggi a vuoto. Ma il trasporto per conto proprio (che mediamente utilizza mezzi più vecchi e inquinanti) e quello professionale conto terzi ricevono gli stessi incentivi. È possibile intervenire?
Con il nome autotrasporto si semplifica un aspetto della mobilità delle merci molto complesso. È bene chiarire quanto l’analisi statistica dei dati evidenzia con chiarezza: nel trasporto delle merci su gomma insistono due soggetti quali il trasportatore in conto terzi e il trasportatore in conto proprio.
Il primo, che dal punto di vista normativo deve garantire livelli di professionalità alti e uniformati allo standard europeo, rappresenta anche, dati alla mano, l’operatore più efficiente, più sicuro e più eco-sostenibile. Le analisi di mercato certificano che la flotta del conto terzi nazionale è quella che con un minor numero dei mezzi (circa il 20%) abbatte maggiormente l’impatto dei viaggi a vuoto, trasportando la stragrande maggioranza (circa l’80%) delle merci movimentate su strada. Lo fa poi garantendo la minor incidenza di sinistri (dati Inail), e con una flotta più frequentemente rinnovata e quindi capace di ridurre i consumi e le emissioni.
Il conto proprio rimane la “pecora nera” di un trasporto merci che la crisi economica sta rendendo sempre più obsoleto, inquinante e insicuro.
Il buon senso dovrebbe quindi orientare il decisore a incentivare il trasporto merci più professionale, attraverso l’irrigidimento delle normative sulla sicurezza e sulla sostenibilità ambientale, e anche alzandone i costi operativi togliendo quei rimborsi pubblici che finiscono per renderlo anche un concorrente a basso costo.
Le società di autotrasporto godono di “sconti” sui pedaggi autostradali. Un vantaggio, però, che non è diretto ma mediato dall’adesione a consorzi di categoria. È immaginabile una riforma del sistema?
È immaginabile, ma anche utile e immediatamente praticabile. È stato fin qui costruito un sistema di rimborsi (non sconti) pubblici, per “ridurre” i costi dei pedaggi autostradali per gli operatori del settore. La nostra proposta intende far sostituire dal Governo i rimborsi a carico dello Stato, con sconti per fasce d’utenza professionali che operano nell’interesse nazionale, del trasporto merci e persone, erogabili direttamente al casello. Tutto ciò è possibile grazie alla mappatura che oggi l’utilizzo del Telepass consente in tempo reale. Se venisse accolta la nostra proposta gli sconti dovrebbero essere immediatamente garantiti dagli stessi concessionari, a fronte di soglie di fatturato raggiungibili anche attraverso gruppi di acquisto a cui però verrebbe imposta, per legge, un tetto massimo di “commissioni”.
D’altra parte non si spiega perché i concessionari non dovrebbero favorire grandi utenti quali sono i trasportatori di merci e persone in conto terzi, che annualmente garantiscono soglie di fatturato costanti e rilevanti. In più si potrebbe differenziare lo sconto anche in relazione all’emissione CO2 prodotta e collegandolo alla classe euro del veicolo. Tutto ciò, e bene specificarlo, è quanto accade in Europa, Italia esclusa.
Da almeno 8 anni si parla di una “piattaforma logistica nazionale, uno strumento informativo a servizio del settore. Negli anni, hanno partecipato allo sviluppo del progetto ELSAG (Selex, gruppo Finmeccanica), Autostrade per l’Italia, e la coop di servizi per l’autotrasporto FAI Service. A maggio 2015, CNA Fita s’è astenuta dall’approvazione del bilancio di Uirnet spa, il soggetto attuatore unico per la realizzazione del sistema di gestione, spiegando questa scelta in un comunicato stampa, denunciando come “il tema delle tecnologie al servizio delle imprese è strategico quanto attuale, però le recenti gestioni e impostazioni, come quella del caso SISTRI, hanno tristemente dimostrato nei fatti esattamente il contrario”. Quali sono i limiti maggiori nello sviluppo del progetto?
CNA-Fita non è certamente contraria all’introduzione di tecnologia per rendere più trasparente ed efficiente il processo logistico. Lo è, semmai, a che tutto questo possa diventare una ulteriore concessione per escutere balzelli, per imporre tasse e limitare la libertà di mercato per operatori privati che intervengono nella complessa filiera logistica. Su tutta questa materia pesa poi l’esperienza catastrofica del Sistri per cui, in anni di durissima crisi, i Governi hanno imposto alle imprese in difficoltà pagamenti e adempimenti burocratici onerosi per servizi fantasma e mai attivati. La tecnologia è presente nelle imprese sia a bordo dei mezzi di trasporto quanto all’interno dei nodi logistici principali, e per farla funzionare oltre quanto già accade non occorrono costose piattaforme. C’è bisogno invece di una precisa politica di indirizzo che incentivi l’integrazione e l’utilizzo di simili processi e apparati invitando gli operatori a collaborare. Il resto poco ci importa e di certo ci vede molto vigili per evitare le “leggerezze imperdonabili” del passato.
Recentemente, la vostra associazione ha protestato contro gli adeguamenti dei pedaggi autostradali richiesti da AISCAT e le norme che prevedono il prolungamento delle concessioni autostradali senza indire nuove gare, come l’articolo 5 dello Sblocca-Italia.
Chiedere che non vengano concessi ulteriori aumenti tariffari per i pedaggi significa agire nell’interesse generale di chi da utente, sia esso un autotrasportatore, un libero professionista, un pendolare o un “semplice” turista, si è visto deprimere e limitare la sua mobilità da un aumento dei costi insopportabile.
Questa politica, appiattita per anni su interessi particolari, ha impoverito il Paese, rendendolo meno libero nei suoi spostamenti e meno competitivo all’interno del più ampio mercato europeo. Chiedere le gare per il rinnovo delle concessioni significa chiedere che il mercato possa essere realmente libero è così garante degli interessi collettivi. L’autotrasporto in questo caso, essendo per ovvie ragioni più sensibile a simili gestioni, non può che agire nell’interesse generale. In questo senso la politica che la CNA-Fita ha fin qui portato avanti non è l’espressione di una corporazione o di interessi di parte.
Per la sua attività all’interno di CNA Fita lei è stata oggetto di minacce. Quali sono i “nodi” più sensibili toccati durante la sua presidenza?
Personalmente e in virtù di quanto ho svolto in questi quattro anni da presidente nazionale della CNA-Fita sto pagando i costi di una politica associativa di riforma radicale e connotata da una volontà di rinnovamento autentica e decisa. Questa politica impatta con interessi a dir poco organizzati che, per anni, hanno “munto” il settore che rappresento, l’autotrasporto, impoverendolo e umiliandolo, senza accorgersi che allo stesso modo si impoveriva il Paese intero. Per i “nodi” più sensibili c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si va dal contrasto alle infiltrazioni malavitose, all’erogazione degli incentivi pubblici, come per esempio i pedaggi autostradali, la gestione delle concessioni autostradali e il controllo degli standard di manutenzione delle stesse, il caro carburante, il caro assicurazioni e via discorrendo. Questa è stata la politica che, insieme alla mia Presidenza, ho portato avanti nell’interesse delle imprese associate alla CNA-Fita e nell’interesse più generale del Paese che meriterebbe una logistica nazionale più efficiente e libera da improduttivi assedi parassitari di poche lobby economiche e burocrazie inutili. —