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Opinioni

Temperature record, negazionismo in soffitta

A marzo 2016 la temperatura media globale è stata di 1,28°C superiore a quella registrata negli anni tra il 1951 e il 1980. Il 2015 era stato l’anno più caldo dal 1880: sono dati incontrovertibili, che impongono di agire. Per limitare i danni, come discusso a Parigi durante COP21

Tratto da Altreconomia 180 — Marzo 2016

Ci stiamo dimenticando cos’era il freddo dell’inverno, il gelo dei “giorni della merla”, le settimane con la galaverna sugli alberi. Galaverna è una parola che i più giovani forse non conoscono neppure, e se vedessero quelle scaglie di ghiaccio sugli alberi penserebbero a fenomeni straordinari, mentre un tempo era un fenomeno frequente nel Centro e Nord Italia. Anche quest’anno l’inverno è stato mite: non è un’impressione, non è il luogo comune delle stagioni che non sono più quelle di una volta. No, il clima è davvero cambiato, in tutto il Pianeta e anche in Italia. Come previsto dagli scienziati, i giorni freddi sono diventati meno frequenti e meno freddi.

Certo, il tempo non è il clima. Un inverno più caldo del solito non è la prova del riscaldamento globale, come un inverno più freddo non è la prova dell’assenza del riscaldamento globale. È la statistica che ci porta prove inoppugnabili. I dati dei quattro centri di ricerca che con metodologie attente e dettagliate elaborano i dati delle temperature misurate in tutto il globo, non lasciano spazio a dubbi: il 2015 è stato un anno record, ha staccato il record precedente del 2014. In questo secolo ci sono stati 14 dei 15 anni più caldi dal 1880 ad oggi. Le temperature sono aumentate di 1°C da quando abbiamo la misura a livello globale, ossia dalla fine del diciannoversimo secolo. Sembra poco 1°C, ma è la metà del limite dei 2°C di cui si discute nelle negoziazioni internazionali, ed è due terzi del limite introdotto lo scorso dicembre dall’Accordo di Parigi, +1,5°C. 
In Italia il 2015 è stato il secondo anno più caldo dei 216 anni della serie dell’ISAC-CNR, superato solo dal 2014. L’Italia si è scaldata circa il doppio della media globale, come altre terre emerse; l’Artico si è scaldato ancora più velocemente.
 
Una presunta “pausa” del riscaldamento globale era stata l’ultimo argomento del negazionismo climatico. Migliaia di articoli e di post, per raccontare il mistero della temperatura che non cresce più, le presunte divisioni fra gli scienziati, il complotto mondiale per non parlare del mancato riscaldamento. È stato inutile spiegare che si trattava della normale variabilità del sistema climatico, in quanto alla tendenza all’aumento delle temperature dovuto ai gas serra si sovrappongono alcune oscillazioni del sistema climatico, dovute per esempio alle correnti oceaniche El Niño-La Niña.  
Lo “statistical editor” di uno dei principali quotidiani italiani è arrivato ad accusare gli scienziati di nascondere le prove di questo mancato riscaldamento, al fine di mantenere ingiustificati toni allarmistici. Il record delle temperature globali nel 2014 e nel 2015 hanno sepolto anche la tesi della presunta “pausa delle temperature”. Ma il negazionismo climatico può fare ancora molti danni, perché uno dei requisiti fondamentali per politiche di grande impegno e rilevanza economica e sociale è la consapevolezza diffusa della gravità della crisi climatica ai diversi livelli della società. Il 40% della popolazione mondiale non ha mai sentito parlare del riscaldamento globale, percentuale che sale al 65% in molti Paesi poveri (Bangladesh, Egitto, India). Uno studio ha elaborato i dati dell’indagine Gallup su 199 Paesi del mondo (il 90% della popolazione mondiale), concludendo che in molti Paesi è il livello di educazione il primo fattore che determina la consapevolezza del problema del riscaldamento globale. È una buona notizia: possiamo archiviare il negazionismo climatico, come abbiamo fatto con il negazionismo sui danni del fumo di sigaretta o su chi ritiene che non siamo mai andati sulla Luna. Ora possiamo dedicarci a capire come uscire da questa situazione e come limitare i danni. Era ora.

Stefano Caserini è titolare del corso di Mitigazione dei cambiamenti al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2016)

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