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Speciale Hong Kong – La tomba dello sviluppo

Hong Kong, tomba dello sviluppo dei Paesi poveri.  Tutte le prove della sconfitta del Sud e dell’arroganza del Nord. Tradewatch, Osservatorio sul Commercio Internazionale, denuncia il tradimento delle economie emergenti nella battaglia dei Paesi poveri  per una giustizia sociale nel pianeta.

Di Monica Di Sisto Fair/Tradewatch e Luca Manes Crbm/Mani Tese

Tradewatch pensa che il testo finale della Ministeriale della Wto di Hong Kong sia un vero e proprio insulto ai Paesi più poveri del pianeta, che invece di portare a casa dei progressi sullo sviluppo dovranno far fronte a sacrifici ancora più duri degli attuali.     “Almeno Stati Uniti ed Unione Europea hanno avuto il buon gusto di scrivere nero su bianco che questo è un round contro lo sviluppo” ha affermato Antonio Tricarico, Campagna Riforma Banca Mondiale/Tradewatch. “Solo l’ignaro vice-ministro Adoldo Urso continua con una litania che è un insulto per i poveri del pianeta ed i cittadini italiani. Che abbia il coraggio di confrontarsi pubblicamente in Italia con la società civile per difendere questo ennesimo accordo capestro” ha concluso Antonio Tricarico.  

Nella settimana negoziale di Hong Kong “i produttori del commercio equo e solidale ed i contadini africani hanno spiegato chiaramente in questi giorni ai negoziatori, ma anche all’opinione pubblica internazionale, quali sono le loro vere priorità – sottolinea Alberto Zoratti, dell’organizzazione di commercio equo italiana Fair/Tradewatch – produzione locale, fine dei sussidi all’export internazionale e del dumping, stop alle ulteriori liberalizzazioni dei servizi essenziali nei loro Paesi e la possibilità di non essere inchiodati alla sola esportazione a prezzi stracciati di fibra grezza, grazie a misure tariffarie di protezione delle industrie nazionali. Altro che commercio più libero e più equo, come promesso dal Doha Round”.     “La delusione è profonda per come le economie emergenti del Sud del mondo, a partire dal Brasile di Lula e dal governo indiano, abbiano abbandonato la causa dei Paesi poveri per sposare una fallimentare logica liberista, proprio quando una autentica posizione diversa avrebbe generato un cambiamento nella geopolitica mondiale” ha dichiarato Ugo Biggeri, di Mani Tese/Tradewatch. “Siamo contro la nuova Yalta economica che si profila sul pianeta e condannerà alla povertà i paesi più poveri come larghe fasce sociali nel ricco Nord del mondo” ha continuato Biggeri.  

Di seguito spieghiamo come gli obiettivi negoziali più importanti per i Più poveri siano stati rigorosamente disattesi.

Abbattimento dei sussidi all’esportazione in agricoltura, causa del dumping

Passa la data finale di eliminazione dei sussidi all’export in agricoltura prevista per il 2013, merce di scambio di Stati Uniti e UE con Brasile e India, e argomento utile per questi ultimi nei confronti dei loro ex-alleati di Cancun, per dimostrare di non aver mollato la sostanza degli interessi del Sud in cambio di aperture sui mercati dei servizi e dell’agricoltura. Allo stesso tempo l’UE si impegna ad eliminare prima solo una “substantial part” di questi, linguaggio che non ha forte significato nel gergo legale della Wto che di norma, per una forte eliminazione, prevede percentuali precise. Ci si può aspettare che a Ginevra si raggiungerà al massimo un 40-50 per cento di taglio, magari dopo il 2010. Di contro gli Usa si impegnano solamente a completare i negoziati sui loro meccanismi finanziari di sostegno alle esportazioni e sull’aiuto umanitario entro il 30 aprile 2006. Parimenti fanno per l’aiuto alle imprese statali in agricoltura i canadesi ed australiani. Insomma la palla passa a Ginevra dove l’intero capitolo sarà presumibilmente chiuso.    

Cotone

I Paesi riaffermano in termini generali solamente la loro intenzione di arrivare ad una decisione veloce, come già deciso nel pre-accordo del luglio 2004, che include l’eliminazione entro il 2006 dei sussidi all’export, l’abbattimento totale delle tariffe e quote per i Paesi esportatori di cotone più poveri. Il fatto, però, che questa decisione debba includere una riduzione di gran parte dei sussidi interni per il cotone (i cui maggiori beneficiari sono gli Usa) rimane tra parentesi quadre proprio per l’opposizione di Washington.

Accesso privilegiato per i prodotti agricoli provenienti dai Paesi più poveri

Gli Usa hanno 7,000 prodotti circa su cui hanno protezioni tariffarie rispetto ai Paesi meno sviluppati. A Hong Kong si sono impegnati a portare a zero le tariffe solo per il 97 per cento di queste merci. Mantenendo un livello di protezione al 3%, riescono ancora a “blindare” le protezioni tariffarie di ben 420 prodotti. Il Giappone con questa stessa formula, ne protegge ancora 400. Possiamo scommettere che tra i prodotti salvaguardati in extremis verranno inclusi proprio quelli che sono di interesse per i Paesi più poveri, ma anche dei produttori americani.

Aiuti alimentari Per distinguere gli aiuti veri da quelli falsi viene creata una scatola virtuale, la “safe box”, anche se regole e dimensioni si stabiliranno solo a Ginevra. Va notato che questo compromesso andrebbe sostanzialmente a vantaggio degli Usa che anche tramite il World Food Programme potrebbero continuare alcune delle loro pratiche distorsive.    

Servizi La liberalizzazione dei servizi era stata “congelata” per la paura degli impatti fortissimi previsti sui servizi, e quindi sui diritti essenziali dei Paesi più poveri. A sorpresa, invece, allegato al testo finale passa il controverso “annesso C”, prevedendo come data per il lancio dei negoziati plurilaterali il febbraio 2006 e per la loro chiusura l’ottobre 2006.   Di fatto nell’art 7.b del testo Annesso si fa riferimento a modalità  negoziali obbligatorie che, anche se da un lato dicono di “considerare le specificità dei Paesi in via di sviluppo”, dall’altra li obbligano a negoziare bilateralmente, plurilateralmente e multilateralmente. Aspetto confermato dalla menzione del paragrafo 11 nella stessa frase del testo.  Quindi scompaiono gli obbiettivi numerici voluti dall’Ue, ma passano le modalità negoziali plurilaterali come originariamente richiesto da Usa, Ue e Giappone. India e Brasile accettano la questione e si sfalda l’opposizione del G90 dei poveri del Sud.

Appalti pubblici Se si guarda alla sezione sulle rules – annesso D – di fatto nel caso del Gats si includono anche gli appalti pubblici. Questione davvero cruciale anche per gli enti locali italiani e di altri paesi. Va ricordato che i paesi in via di sviluppo avevano respinto a Cancun l’avvio di un nuovo negoziato sulla trasparenza negli appalti pubblici. In questo caso degli appalti sui servizi pubblici si va ben oltre e si negoziano interamente tutte le procedure di appalto. Vuol dire che molti appalti pubblici locali avrebbero bisogno di gare di appalto internazionali. 

Prodotti industriali (NAMA) Passa il parallelismo sull’accesso al mercato di agricoltura e NAMA. I dazi in agricoltura verranno ridotti secondo quattro bande articolate per Paesi e prodotti, mentre per i prodotti industriali si parla di una formula semplice, chiamata “svizzera” – ossia più proteggi oggi, più tagli domani – ma vanno specificati ancora quante saranno le bande di applicazione. I Paesi del Nord ne vogliono individuare due, i G20, tre. Le richieste dei più poveri, che chiedevano di non essere legati a tagli drastici, rimangono inascoltate. Perdono anche India e Brasile, perché sono rimandate a Ginevra le flessibilità che saranno concesse al Sud del mondo nell’applicazione per i vari settori.

Biodiversità? no grazie E’ stata totalemente ignorata la richiesta  accolta nel primo draf  di esplicito riferimento alla necessità di rivedere l’attuazione dell’accordo TRIPS (art 71.1) e dello stesso mandato Doha (par 12) alla luce della Convenzione sulla Biodiversità, della protezione del sapere tradizionale e del folclore. Era già stata approvata a  Doha (par 19), ma oggi sparisce nel nulla, una altro duro colpo che mostra la supremazia del WTO rispetto alle convenzioni internazionali ONU.     Ma nessun accordo, non era meglio di questo, pessimo, accordo?   

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