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Pubblica, economica e rinnovabile: la nuova energia della Scozia
La prima ministra scozzese Nicola Sturgeon ha proposto di costituire una società pubblica capace di fornire elettricità agli utenti domestici, in particolare quelli a basso reddito. Un annuncio che smonta la retorica del “mercato” che per quasi trent’anni ha dominato il dibattito pubblico sulle forniture di elettricità
La prima ministra scozzese Nicola Sturgeon ha proposto di costituire una società pubblica che si occuperà di fornire elettricità agli utenti domestici in particolare quelli a basso reddito. “L’energia, ovviamente rinnovabile, sarà comprata all’ingrosso o generata qui in Scozia e sarà venduta gli utenti finali a un prezzo più vicino possibile al costo di acquisto. Non ci saranno azionisti da accontentare. Nessun bonus da pagare agli amministratori. Daremo ai cittadini, in particolare quelli a basso reddito, la possibilità di scegliere un fornitore il cui unico obiettivo è quello di fornire elettricità al più basso prezzo possibile”.
L’annuncio è stato fatto all’annuale conferenza dello Scottish National Party, il partito di Sturgeon, che ha la maggioranza assoluta nel parlamento scozzese. Per essere realmente efficace dovrà essere seguito da provvedimenti concreti che ancora devono essere definiti. Ma si tratta di un annuncio rivoluzionario, che sembra sconfessare la retorica che per quasi trent’anni ha dominato il dibattito pubblico sulle forniture di elettricità.
La privatizzazione dei grandi monopoli pubblici (come ENEL) e la liberalizzazione dei mercati energetici è stata promossa da una direttiva europea del 1996, definita in seguito ad anni di dibattito. La direttiva fu recepita in Italia durante la stagione di governo del centrosinistra attraverso il Decreto Bersani per il mercato elettrico (1999) e il Decreto Letta per il mercato del gas (2000). I settori dell’elettricità e del gas venivano considerati settori di mercato dove la concorrenza avrebbe portato a una riduzione dei prezzi e a un miglioramento del servizio per tutti gli utenti. In particolare la liberalizzazione e la concorrenza veniva promosso nel settore della produzione e in quello della vendita. La liberalizzazione raggiunse poi anche gli utenti domestici a partire dal 2007.
Nel settore della produzione di elettricità la concorrenza è stata nel tempo compressa dalla crescente importanza della generazione da fonti rinnovabili. Se un impianto riceve sussidi, automaticamente non compete sul mercato. Questo progressivo sgretolamento del ruolo del mercato si riflette pesantemente nell’articolazione dei costi a carico dei clienti finali. Se ad esempio prendiamo una bolletta tipo per un utente domestico italiano, circa il 60% dell’importo annuo è stabilito dall’Autorità. Sono infatti uguali per tutti gli utenti i costi della commercializzazione, quelli del trasporto, gli oneri di sistema e le tasse (accise e IVA). La competizione sul prezzo riguarda quindi solo il 40% dell’importo della bolletta, di conseguenza i margini per gli operatori sono minimi. Ciononostante, assistiamo in questi anni a una competizione feroce, spesso basata su offerte che promettono molto e mantengono poco. Per non parlare del fenomeno dei contratti non richiesti, vere e proprie truffe ai danni di inconsapevoli cittadini.
Tra le oltre ottanta offerte normalmente disponibili per un cliente del sistema elettrico, le poche che consentono realmente di risparmiare sono nei fatti attivabili solo da utenti molto esperti. L’utente medio rischia di perdersi nella giungla. Un economista direbbe che i costi di transazione sono superiori ai possibili benefici. Se per le grandi aziende consumatrici di energia la competizione ha portato qualche importante beneficio, per le famiglie italiane il risultato finale di dieci anni di liberalizzazione è riassumibile in nessun reale risparmio e in un aumento esponenziale dei rischi. A fronte di questo quadro impietoso sorprende che non vi sia stato finora un adeguato dibattito pubblico sul tema, come invece è successo per il servizio idrico, dove una lunga battaglia portò al vittorioso referendum del 2011.
È ancora troppo presto per sapere se l’annuncio di Sturgeon sarà l’inizio di una rivoluzione epocale o semplicemente una boutade a fini di consenso interno. Ma potrebbe essere una buona occasione per analizzare criticamente i risultati concreti della liberalizzazione dei mercati energetici per i piccoli utenti, anche nel nostro Paese. Ad esempio varrebbe la pena ridiscutere della prevista abolizione del servizio di maggior tutela (prevista per luglio 2019) che finora è stato il principale strumento di garanzia per le famiglie italiane nel mercato elettrico.
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