Precari in volo – Ae 81
Volare a prezzi stracciati piace a tutti. Ryanair, la più famosa compagnia aerea low cost, aumenta i ricavi del 33 per cento. Ma i suoi lavoratori guadagnano 800 euro al mese senza garanzie sanitarie e diritti sindacali. Grazie a un…
Volare a prezzi stracciati piace a tutti. Ryanair, la più famosa compagnia aerea low cost, aumenta i ricavi del 33 per cento. Ma i suoi lavoratori guadagnano 800 euro al mese senza garanzie sanitarie e diritti sindacali. Grazie a un discutibile contratto irlandese
“Sei stanco della routine 9-17? Vuoi qualcosa di diverso? Che ne pensi di un lavoro che ti dia le ali?”. Si presenta con questa formula spigliata e allettante l’offerta di lavoro che Ryanair -la più importante compagnia low cost europea, di proprietà della famiglia irlandese O’Leary- rivolge ai giovani in cerca di un impiego come assistente di volo sui nuovissimi 134 Boeing 737-800. 454 rotte in 24 Paesi europei, 42 milioni di passeggeri l’anno a prezzi stracciati, destinati a raddoppiare entro il 2012, con un successo economico e una scalata nel settore del trasporto aereo senza precedenti. Un esercito di 4.200 dipendenti di 25 diverse nazionalità. Ma almeno per i 200 e passa italiani che lavorano nei 19 piccoli aeroporti dove regna sovrana Ryanair, la compagnia low cost non è il paradiso: lamentano infatti la mancanza di garanzie previdenziali e sanitarie (compresa la maternità), una retribuzione di gran lunga inferiore a quella delle altre compagnie, a fronte talvolta del doppio di ore mensili lavorate in volo, il mancato rispetto del ciclo attività-riposo, corsi di formazione da pagare per intero e una decurtazione dallo stipendio di 30 euro al giorno ogni assenza per malattia e di 30 euro mensili per l’affitto della divisa. Tutto ciò grazie ad un contratto di lavoro irlandese -con il tramite di agenzie interinali e numerosi espedienti bancari per il pagamento delle retribuzioni (anche per aggirare le imposte italiane)- per non sottostare ad altre normative nazionali più attente ai diritti dei lavoratori. Che, tra l’altro, non sono nemmeno autorizzati a sindacalizzarsi, pena il trasferimento immediato ad altre sedi, come avvenuto per venti temerari con base a Ciampino-Roma nel settembre 2006.
Così è raro che hostess e steward di Ryanair denuncino apertamente ai sindacati le loro condizioni di lavoro. Lo fanno a volte con una battuta amara tra un drink servito e un gratta e vinci venduto in volo, di cui il 10% entrerà faticosamente nelle loro tasche a fine mese, in una retribuzione costituita da un fisso mensile di circa 800 euro, più una parte variabile di 200-300 euro a seconda del numero dei voli effettuati. Una giovane hostess stanca e accaldata si siede un attimo sul seggiolino degli assistenti di volo per riprendere fiato durante il volo Ciampino-Orio al Serio (Bergamo). “Oggi mi aspettano quattro tratte: Roma-Bergamo andata e ritorno e subito dopo Roma-Barcellona andata e ritorno…”
Volare low cost a prezzi bassissimi (ma si calcola che solo il 25 per cento dei posti Ryanair siano effettivamente venduti a prezzi stracciati, tutti gli altri invece no), piace a tutti, ma chi paga davvero?
Per denunciare tutto ciò, il 23 novembre scorso il sindacato dei lavoratori intercategoriale Sdl, nato dalla fusione di Sult (lavoratori dei trasporti) e Sincobas, ha spedito una lettera a ministeri e istituzioni.
In seguito a ciò, il 24 gennaio 2007, alcuni parlamentari italiani (Ricci, Locatelli e Olivieri) hanno anche presentato una interrogazione parlamentare.
Nessuna risposta è arrivata, tranne la conferma dell’Inps che non esistono posizioni pensionistiche per i lavoratori Ryanair, mentre il Servizio sanitario nazionale del personale navigante (una sorta di cassa mutua di categoria) ha comunicato che non vengono quasi mai aperte pratiche di malattia per gli assistenti di volo di compagnie low cost.
“Se anche l’Enac, l’Ente di controllo del trasporto aereo, continuerà a fare orecchie da mercante e non interverrà direttamente saremo costretti a rivolgerci alla magistratura”, annuncia Fabrizio Tomaselli, coordinatore Sdl, che fa presente di aver posto il problema anche a Palazzo Chigi, informando direttamente il ministro dei Trasporti. A suo parere la situazione “è simile anche nelle altre compagnie low cost, soprattutto in materia di sanità e previdenza”. Perché “favorire un abbassamento dei prezzi oltre un certo livello non è più efficienza, ma conduce inevitabilmente ad una riduzione dei diritti dei lavoratori o a mettere a rischio la sicurezza”. Il sindacalista osserva: “Facciamo giustamente le campagne contro i palloni costruiti dai bambini del Pakistan, però non ci scandalizziamo se poi torniamo indietro di cinquant’anni nei diritti acquisiti dai nostri concittadini”.
In Francia ci si è accorti per tempo della situazione, e con un decreto legge del 23 novembre scorso il governo ha reso obbligatoria l’applicazione del codice del lavoro francese ai dipendenti di aziende straniere basati in Francia, coinvolgendo Ryanair (che lavora in 18 aeroporti francesi) e Easyjet (che ha sul territorio 200 lavoratori). Con il decreto gli impiegati di un’azienda straniera, anche se ha base giuridica all’estero, devono adeguarsi alla legislazione del Paese d’accoglienza. Ovviamente la reazione di Ryanair non si è fatta attendere: ha denunciato il provvedimento alla Commissione europea perché “contrario -a suo avviso- al diritto di libera circolazione dei lavoratori e dei servizi”. Secondo i dirigenti dell’azienda irlandese “l’intervento è chiaramente concepito per scoraggiare le compagnie straniere a stabilirsi in Francia e far concorrenza al monopolio di Air France”.
Che in realtà ci siano grosse questioni e interessi legati alla presenza delle compagnie low cost è abbastanza evidente. La compagnia low cost arriva nel piccolo aeroporto, promette il raddoppio del traffico aereo, l’aumento del turismo, assunzioni, attività commerciali, ecc. Si crea un nuovo indotto, in termini di sviluppo della zona, che anche il più sprovveduto viaggiatore riesce a percepire con i propri occhi una volta sbarcato in una “altrimenti sconosciuta” cittadina europea.
A che prezzo, però? “In cambio le compagnie low cost non pagano, o pagano pochissimo, i diritti aeroportuali, creando così il paradosso che se l’ente locale è proprietario del piccolo aeroporto, in pratica è lo stesso Stato a finanziare la low cost” sostiene Tomaselli. A suo avviso “è questo il marchingegno che sta dietro ai prezzi stracciati; alimenta un mercato locale che però è drogato: prima o poi la low cost diventerà una compagnia come tutte le altre. E in questa catena senza fine i ‘morti’ sono i lavoratori”.
Intanto, a metà febbraio gli analisti finanziari hanno rivisto al rialzo le previsioni su Ryanair, per quanto riguarda risultati e profitti 2006-2007. Nel tre mesi finali del 2006 i passeggeri della compagnia irlandese sono aumentati del 19% (altri 10,3 milioni di persone), i ricavi del gruppo hanno fatto un balzo del 33% (492,8 milioni di euro) e i profitti sono cresciuti di pari passo (+30%) arrivando a quota 47,7 milioni di euro (al lordo delle imposte). La compagnia aerea irlandese low cost stima infatti utili netti a 390 milioni di euro, il 29% circa in più rispetto alle precedenti attese di 350 milioni di euro; a influire sui risultati, oltre all’aumento dei passeggeri, anche il calo del prezzo del petrolio, come ha spiegato l’amministratore delegato Michael O’Leary. Annunciando insieme l’apertura di altre 16 nuove rotte. E a fine febbraio la compagnia ha fatto sapere di voler selezione altri 400 addetti italiani. L’espansione di Ryanair nei cieli di tutta Europa non conosce sosta.
Hostess non è più una virtù
Con il boom delle compagnie low cost è esplosa anche la richiesta di assistenti di volo, piloti e altre figure professionali. È facile trovare compagnie che, nei loro siti, dedicano uno spazio alle offerte di lavoro, chiedono l’invio di curriculum, promettono carriere “impegnative e faticose” (“più lavori più sei pagato”). In Italia sono circa 15 mila gli assistenti di volo, e ogni anno si iscrivono al registro dell’Enag (Ente nazionale gente dell’aria) circa 700 neo brevettati. Per accedere al lavoro Ryanair propone una prima selezione durante i “Recruitments days”, giornate periodicamente svolte in diverse città europee dove avvengono i colloqui. Chi supera questo passaggio deve frequentare un corso di formazione della durata di quattro/cinque settimane, a volte gratuito, più spesso totalmente o parzialmente a proprie spese. Ryanair nel 2002 chiedeva 2.500 euro. Anche Meridiana (che però non è interamente low cost), mette a carico di ciascun allievo il vitto, l’alloggio e parte delle spese di un corso di tre mesi a Olbia. Easyjet propone invece ai giovani un piccolo rimborso in sterline, e garantisce il soggiorno in un grande albergo londinese. All’assunzione promette uno stipendio medio annuo di 18.000 sterline, più contratto a tempo indeterminato, 36 giorni di ferie e numerosi benefit, soprattutto viaggi gratis. Anche Volareweb offre una borsa di studio agli allievi selezionati e un primo contratto di assunzione, di soli sei mesi per i voli sul Giappone.
Anche se nel bilancio di un vettore i costi del personale navigante incidono solo per il 4-6% del totale, gli stipendi non sono più quelli di una volta, e dipendono in gran parte dal numero di viaggi effettuati, con una media anche di sei tratte al giorno. Volando tra le 70 e 80 ore al mese (ma a Ryanair si volano anche 100-140 ore), si arriva a guadagnare intorno ai 1.600-2.000 euro al mese, comprese le diarie. Significano circa 22 giorni di lavoro su 30, vivendo sempre con la valigia in mano, tra un albergo e l’altro. La maggior parte dei contratti sono a tempo determinato, almeno inizialmente. C’è poi una tendenza, negli ultimi anni, ad usare contratti stagionali. Può capitare, ad esempio, di essere richiamati in servizio per periodi molto brevi o di dover cambiare sede nel giro di una settimana. O peggio, di sostenere turni di lavoro troppo lunghi, di andare al lavoro ammalati per non perdere soldi.
Le non risposte di Ryanair
Un gigante impassibile e imperturbabile. Così appare l’azienda irlandese a chi chiede conto delle critiche sollevate dai sindacati dei lavoratori. Inavvicinabili le persone che vi lavorano e la dirigono, la replica ufficiale viene affidata a quattro scarne domande e risposte che la compagnia low cost si è formulata da sola. Eccole, in versione integrale:
Come reagisce Ryanair alla richiesta di attuare in Italia la legge italiana per i lavoratori che lavorano qui? “Non si applica. Tutti i dipendenti Ryanair sono sotto contratto di lavoro irlandese su aeromobili irlandesi , come indicato dalla Convenzione di Roma. Sono pagati in Irlanda e pagano la tassa sul reddito e i contributi sociali secondo la legge irlandese e la legge europea dei lavoratori. Allo stesso modo i dipendenti Alitalia che lavorano su aeromobili Alitalia, sono registrati in Italia, lavorando su aeromobili, che sono legalmente definiti come territorio italiano, anche se sono basati ed operano oltre mare lontano dall’Italia”.
Credo ci sia un decreto e una direttiva europea basate sul principio della territorialità?
“Vedi risposta precedente”.
Questo problema è stato sollevato in Parlamento?
“Non c’è nessun fondamento in questi ricorsi”.
Incontrerà i sindacati a breve?
“Secondo la legge irlandese ed europea non abbiamo alcun obbligo di incontrare i sindacati”.